Oggi, 24 aprile, ricorre il 100° anniversario del Medz Yeghern (il Grande Male), nome con cui gli armeni chiamano lo sterminio subito per mano dei turchi all’inizio del secolo scorso, che coinvolse centinaia di migliaia di persone e che è stato riconosciuto dagli storici come il primo grande genocidio del Novecento.
Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915 i Giovani Turchi, su ordine dei “Tre Pascià” Mehmed Talat, Ismail Enver e Ahmed Djemal, misero in atto a Istanbul, allora capitale dell’Impero Ottomano, una serie di improvvisi rastrellamenti ai danni degli intellettuali appartenenti alla comunità armena, in seguito deportati in Anatolia e sterminati. Questo fu il primo atto del massacro degli armeni, che andò avanti silenziosamente per diversi anni, mentre in Europa le grandi potenze erano impegnate a combattere la Prima guerra mondiale, e che per questo rimase a lungo dimenticato.
L’Armenia ricorda il suo genocidio
In Armenia oggi tutto il paese si fermerà per ricordare il Medz Yeghern, vera e propria tragedia nazionale, profondamente sentita da ogni armeno. A Yerevan si terrà una grande manifestazione commemorativa presso il Tsitsernakaberd, il memoriale del genocidio armeno posto sulla cima di una collina che sovrasta la capitale, e che per l’occasione accoglierà migliaia di persone. Alla cerimonia saranno presenti numerosi capi di stato, appartenenti a oltre 60 paesi, tra i quali non mancheranno il presidente russo Putin e quello francese Hollande.
Nel paese caucasico però le manifestazioni sono già iniziate da qualche giorno: dal 22 al 23 aprile a Yerevan si è tenuta una conferenza internazionale dal titolo “Contro i crimini del genocidio”; sempre il 23 aprile nella capitale armena si sono esibiti in concerto i System of a Down, gruppo statunitense composto da discendenti di armeni sopravvissuti al massacro, mentre a Etchmiadzin, sede della Chiesa apostolica armena, è stata celebrata la canonizzazione di tutte le vittime del genocidio. Infine, nella notte tra il 23 e il 24 aprile si è svolta una fiaccolata in memoria dell’inizio delle deportazioni del 1915. Il simbolo scelto dal governo armeno per la commemorazione del centenario del genocidio è un fiore, il non-ti-scordar-di-me, nome quanto mai significativo che ricorda come sia importante la memoria, non solo per rendere giustizia alle vittime, ma anche per fare in modo che non vengano ripetute in futuro le atrocità del passato.
A proposito della commemorazione, qualche mese fa fece discutere la decisione del governo turco di organizzare proprio tra il 23 e il 24 aprile un altro evento commemorativo per celebrare il centenario della Battaglia di Gallipoli, una delle più importanti battaglie della Prima guerra mondiale, che ebbe però inizio il 25 aprile del 1915. All’evento Erdoğan invitò più di 100 capi di stato, tra i quali lo stesso presidente armeno Sargsyan, che però rifiutò l’invito accusando la Turchia di voler distogliere l’attenzione della comunità internazionale dall’anniversario del centenario del genocidio armeno e di voler distorcere la storia, dando prova di come i due paesi siano ancora lontani dal poter normalizzare le proprie relazioni diplomatiche.
Gli eventi di commemorazione del centenario del genocidio hanno contribuito ad aiutare notevolmente il settore del turismo in Armenia, settore che vedrà un incremento del 10% per l’anno 2015, come annunciato dal Ministro dell’Economia Karen Chshmarityan. Per gli eventi di questi giorni si stima che in totale affluiranno a Yerevan circa 200.000 turisti, che giungeranno nella capitale armena apposta per assistere alle manifestazioni, e che si sommeranno ai tanti armeni della diaspora che sempre in questi giorni faranno visita al Tsitsernakaberd e agli altri luoghi della memoria.
La posizione della Turchia
Se l’Armenia sta facendo di tutto per portare all’attenzione della comunità internazionale il centenario del Medz Yeghern, la Turchia dalla sua, nonostante riconosca le atrocità commesse un secolo fa dai Giovani Turchi, continua a rifiutarsi di definire “genocidio” il massacro degli armeni. La storiografia turca ufficiale definisce lo sterminio degli armeni come una deportazione forzata (tehcir), motivata dall’esigenza di impedire al popolo armeno di allearsi con il nemico russo e mettere così in serio pericolo la stabilità interna del paese, impegnato a combattere la Prima guerra mondiale. L’anno scorso per la prima volta l’allora primo ministro turco Erdoğan aveva deciso di commemorare le vittime del genocidio armeno, compiendo un gesto di grande significatività che ha segnato un importante passo in avanti nel quadro delle relazioni tra Turchia e Armenia. Durante il discorso di commemorazione delle vittime Erdoğan non ha però ammesso direttamente le colpe del suo paese, né tantomeno ha accettato di definire lo sterminio degli armeni un massacro premeditato.
Le posizioni di Turchia e Armenia sembrano dunque essere ancora inconciliabili, a causa da una parte del forte istinto negazionista ancora presente ad Ankara, e dall’altra dalle forti tendenze vittimiste di Yerevan; entrambi atteggiamenti che non aiutano a venire a capo della faccenda. Intanto, il centenario del massacro degli armeni sarà celebrato anche in Turchia, dove la comunità armena ancora presente, insieme ad alcuni membri della diaspora e a parte della società civile turca, organizzerà una serie di manifestazioni in memoria del genocidio, come quella che si svolgerà oggi a Istanbul in piazza Taksim, dove da qualche anno a questa parte viene ricordato lo sterminio degli armeni.
La comunità internazionale resta divisa
A far discutere non sono solo le diverse posizioni di Armenia e Turchia: il massacro degli armeni continua a dividere anche la stessa comunità internazionale, che non è riuscita a trovare una posizione comune neanche in occasione del centenario del genocidio. Le parole di denuncia più dure e decise sono arrivate dal Vaticano, con Papa Francesco che ha recentemente definito il massacro degli armeni come il primo genocidio del XX° secolo, che ha colpito quella che storicamente è stata la prima nazione cristiana. Le parole del Papa, accolte con grande entusiasmo a Yerevan, sono servite a riportare al centro della discussione politica il tema della persecuzione armena, ma hanno anche scatenato una grave crisi diplomatica tra la Santa Sede e Ankara, con la Turchia che ha definito “inaccettabili” le parole di Papa Francesco, secondo Erdoğan “calunnie prive di fondamento giuridico”, arrivando fino a richiamare l’ambasciatore turco in Vaticano.
Papa Francesco non è stato però l’unico a condannare il genocidio degli armeni: anche la Germania, per voce di Angela Merkel, ha annunciato per la prima volta di riconoscere il massacro degli armeni come genocidio. Fino a ora il governo tedesco aveva evitato di definire in questo modo gli eventi del 1915, per non compromettere le proprie relazioni con la Turchia. In occasione del centenario del massacro però la Germania sembrerebbe avere cambiato idea sulla questione, indispettendo così il governo turco. Anche l’Austria ha riconosciuto per la prima volta il massacro degli armeni come genocidio, come affermato dal presidente del Parlamento Doris Bures, mentre la Francia, paese dove dal 2011 esiste una legge che punisce chi rifiuta di riconoscere il genocidio armeno, continua sempre più convinta nella sua opera di denuncia dei fatti, tanto che in questi giorni il governo francese ha organizzato in tutto il paese numerosi eventi commemorativi.
Dagli Stati Uniti il presidente Barack Obama ha commemorato come ogni anno le vittime armene, evitando però anche quest’anno di usare la parola “genocidio” nel corso delle cerimonie, per evitare incidenti diplomatici con Ankara, limitandosi ad adottare il termine armeno Medz Yeghern. Nel 2008 però, in occasione della campagna elettorale per la corsa alla presidenza degli Stati Uniti, l’allora senatore Obama aveva promesso il riconoscimento del genocidio degli armeni, riconoscimento che adesso non sembra però essere più una priorità per la Casa Bianca. Invece la Russia, paese dove trovarono riparo circa 300.000 armeni che riuscirono a sfuggire ai massacri, che aveva già riconosciuto attraverso la Duma (la camera bassa del Parlamento) il massacro degli armeni come genocidio nel 1995, in questi giorni, in occasione del centenario, intende approvare un’ulteriore dichiarazione a condanna del massacro.
Recentemente anche il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che riconosce il genocidio degli armeni, rende omaggio alle vittime, propone l’istituzione di una giornata europea della memoria e condanna ogni forma di negazionismo; scatenando così le ire del presidente turco Erdoğan, che è arrivato fino a minacciare di espellere i 100.000 armeni che attualmente lavorano in Turchia. Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon ha invece evitato di usare il termine “genocidio” per ricordare il massacro degli armeni, limitandosi solo a incoraggiare Turchia e Armenia a cercare di normalizzare le proprie relazioni, invitando ad approfondire la ricostruzione storica.
L’ambigua posizione italiana
L’Italia, in occasione della ricorrenza del centenario del genocidio armeno, ha evitato di schierarsi e prendere una posizione decisa, mantenendo un atteggiamento piuttosto ambiguo sulla questione. Nonostante sia uno dei paesi che riconoscono ufficialmente il genocidio armeno, l’Italia in questi giorni ha preferito non sollevare l’argomento, per non indispettire troppo la Turchia, già irritata a causa delle posizioni prese dal Vaticano, cercando di far passare in sordina il ricordo dell’evento. Addirittura il sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega alle politiche UE Sandro Gozi si è recentemente schierato contro Papa Francesco, affermando che “nessun governo si esprime in maniera ufficiale su un argomento del genere, in quanto questo è compito degli storici”. Inoltre, lo scorso marzo il governo italiano aveva fatto in modo di rimuovere il termine “genocidio” dal titolo di una rassegna culturale dedicata al massacro degli armeni. Infine, alla cerimonia di commemorazione del genocidio che si svolgerà oggi a Yerevan, la delegazione italiana sarà composta dai soli capigruppo delle commissioni Esteri di Camera e Senato, delegazione non governativa definita nonostante tutto dal governo italiano “di alto livello”.
Nonostante questo, l’ambasciatore dell’Armenia in Italia Sargis Ghazaryan ha affermato di aspettarsi molto da Renzi e dal governo italiano per portare avanti la battaglia legata alla memoria del genocidio e risolvere definitivamente con la Turchia il problema del massacro degli armeni, ricordando come il centenario del genocidio sia l’occasione giusta per chiudere una volta per tutte la questione nel modo corretto, e per mettere i genocidi nella categoria della storia e sottrarli alla politica.
Foto: Rita Willaert
È possibile chiedere lumi sul peso reale, in termini economico-politici, di questa vicenda che – altrimenti – parrebbe più che altro nominalistica? Delle riserve kemaliste è stato detto, ma come mai la differenza tra “deportazione forzata” e “genocidio” viene vissuta dalle parti in modo così viscerale? Ovvero, al di là del giudizio storico (c’era o non c’era l’intenzione di sterminio etnico, la differenza sarebbe quella), cambierebbe qualcosa per la Turchia in termini di confini, beni, restituzioni, oppure è solo un fatto di fare i conti con il proprio passato, e di non perdere la faccia rispetto a quanto sostenuto fino a ieri? Mille grazie.
in settimana uscirà un articolo proprio su questo, ancora un poco di pazienza e avrà le sue risposte. Un saluto e grazie