Sta per avvicinarsi sui calendari il periodo preconizzato da molti osservatori per la terza offensiva contro l’Ucraina, da parte dell’esercito russo e dei suoi fiancheggiatori separatisti del Donbass. La stagione è propizia per il conflitto dopo la fine dei geli invernali, e rispetta la cadenza già sperimentata di azione rapida seguita da apparente remissione, seguita con successo dagli strateghi del Cremlino a partire dal mese di agosto, che ha portato a gravissime perdite per l’esercito ucraino e a cospicue conquiste territoriali da parte dei separatisti.
La tecnica, oltre ai vantaggi militari, è molto propizia nei confronti dell’opinione pubblica occidentale, che tende in questo modo a dimenticare e sottovalutare la costante pressione militare sull’Ucraina e il progressivo indebolimento del paese, in un’ottica totalmente distruttiva e destabilizzatrice, volta in parte a mantenerlo nella sfera russa e contemporaneamente a distruggerne l’economia e l’integrità territoriale, per renderlo sempre meno appetibile ed economicamente salvabile da parte dell’Unione Europea.
Ora l’obiettivo è la città di Mariupol, sulle rive del Mar d’Azov, importante città portuale di mezzo milione di abitanti, sulla via di terra che congiunge la Russia alla Crimea, occupata militarmente un anno fa; i costi per il mantenimento della Crimea a distanza si stanno facendo sempre più onerosi, ed appare evidente la volontà del Cremlino di ricongiungere via terra la Crimea alla presunta madre patria. La città non era stata presa ad agosto, al momento dell’occupazione della vicina Novoazovsk da parte delle forze russe che avevano sfondato il confine, anche se era totalmente sguarnita e non avrebbe potuto opporre la minima resistenza. Ora l’esercito ucraino ha disposto maggiori difese, pur se fino a poco tempo fa i cospicui posti di blocco all’entrata della città erano vigilati solo da uomini armati senza ulteriori protezioni.
Gli esperti ritengono che per conquistare e tenere una città di queste dimensioni siano necessarie forze molto cospicue, e certo non si possono incaricare della bisogna i volonterosi trattoristi indicati da Putin come eroi della sollevazione, e messi continuamente a disposizione dei giornalisti embedded filorussi, non potendo evidentemente mostrare i professionisti e i ceceni che la guerra la fanno sul serio dalle retrovie. E’ difficile pensare però che l’Ucraina intenda trasformare Mariupol in una Grozny, anche se buona parte degli abitanti se ne è già andata con ogni mezzo temendo il probabile attacco russo.
Ora la linea del fronte è nel borgo di Shyrokyne, fra Mariupol e Novoazovsk, sulla riva del mare. Le forze del possibile attacco potrebbero cercare di aggirare Mariupol e proseguire poi verso la Crimea, che pure non è vicina; il terreno è pianeggiante e non offre nè ostacoli orografici nè particolari difese per un esercito in marcia. La città è traversata dal fiume Kalmius, che offre un minimo ostacolo agli attaccanti: i ponti sono presidiati e certo minati, ma l’ampiezza del corso d’acqua è limitata. Sulla riva del mare si erge la sagoma mostruosa della Azovstal, l’acciaieria di proprietà dell’oligarca Akhmetov, che dà lavoro a migliaia di operai e che rappresenta comunque un possibile obiettivo strategico, non difesa dal fiume (è sulla riva destra, verso la Russia).
Appare difficile portare, da parte dei russi, un attacco di dimensioni serie mascherandosi come è stato fatto finora dietro ai dilettanti del Donbass, ma probabilmente la posta in gioco potrebbe cancellare i residui pudori, posto che l’opinione pubblica occidentale è ormai quasi del tutto assuefatta alla fatalità della guerra in Ucraina. Solo i droni e i satelliti militari conoscono davvero l’entità e la disposizione delle forze in campo, pur se il rafforzamento delle milizie del Donbass è stato costante ed intenso a partire dall’autunno, e recentemente facilitato dalla linea ferroviaria conquistata a Debaltsevo. Soprattutto la qualità, oltre che la quantità degli armamenti, pende decisamente a favore dei russi. La speranza per l’Ucraina è che gli attacchi annunciati non si verifichino, e che il Cremlino non voglia proseguire nella tattica di conquiste progressive, efficaci e non troppo traumatiche per le pavide diplomazie europee.
Foto: Karpidis, Flickr
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