La riforma del sistema pensionistico polacco, proposta dal governo Tusk per ridurre il debito pubblico, ha provocato la reazione dei liberali, guidati dall’ex ministro delle finanze Balcerowicz.
A fine gennaio Tusk è stato attaccato da parte dei liberali per il suo piano di riforma delle pensioni. Leszek Balcerowicz, già ministro delle finanze nel 1989-91 e autore della transizione della Polonia al capitalismo, ha rigettato il piano di riforma, definendolo a rischio di diminuire la crescita economica e le pensioni future. La querelle è stata definita una “guerra nel campo della modernizzazione” e ha diminuito la credibilità del governo di fronte ai liberali, che già gli rinfacciano il ritardo nelle tanto promesse riforme.
Il sistema polacco delle pensioni è differenziato tra i vecchi fondi statali pay-as-you-go ZUS, e i fondi privati obbligatori OFE, introdotti dal 1999 con i proventi delle privatizzazioni. L’introduzione dei fondi OFE ha tuttavia causato una diminuzione della disponibilità dei fondi per il pagamento pay-as-you-go delle pensioni, portando alla crescita del deficit (1,7% PIL nel 2010) e del debito pubblico (+15% PIL nel 2010). Inoltre, il governo polacco deve confrontarsi con stretti criteri fiscali interni: è addirittura la Costituzione polacca a stabilire un tetto massimo per il debito pubblico al 55% del PIL, oltre il quale il governo dovrebbe introdurre politiche di austerity; nel 2010 il debito ha toccato il 53,5%, e ci si aspetta che resti ad un livello costante nel 2011.
La riforma delle pensioni avrebbe quindi l’obiettivo, secondo Tusk, di ridurre deficit e debito per consentire al governo un certo margine di manovra nel rispondere alle fluttuazioni del mercato dei cambi.
Il piano prevede la diminuzione dei contributi salariali ai fondi privati OFE dal 7,3% al 2,3%, e il conseguente aumento del 5% dei contributi ai fondi statali ZUS; la misura dovrebbe entrare in vigore in aprile, con l’obiettivo di evitare l’approfondirsi del debito dei fondi ZUS (3 mln € nel 2011, previsti 4 mln € nel 2020) e consentire un risparmio di 61,5 mln €, pari al 15% del PIL. I contributi per i fondi privati sarebbero re-innalzati a partire dal 2013, con l’obiettivo di raggiungere il 3,5% entro il 2017, anche grazie ad incentivi fiscali per contribuzioni extra.
Il piano è controverso, anche per la rilevanza dei fondi pensione privati nell’economia polacca. I fondi OFE hanno prestazioni migliori (200%) rispetto ai fondi ZUS per i singoli cittadini (rendimenti più alti che i depositi bancari e le obbligazioni), e costituiscono una notevole fonte di investimenti per la Borsa di Varsavia (WSE), anche se per legge tali fondi non possono investire più del 40% in azioni. Pure se tale tetto venisse alzato, come previsto dal piano del governo, al 62%, i fondi OFE avrebbero meno denaro da investire. Si rischierebbe così una situazione di incertezza e di diminuzione dei valori di borsa, con impatto negativo sulla crescita, e una diminuzione permanente dell’importanza dei mercati finanziari nel sistema pensionistico polacco. Infine, i critici rimarcano che tale mossa non costituirebbe comunque una soluzione durevole per le finanze pubbliche, la cui situazione di debito è strutturale.
Leszek Balcerowicz ha attaccato frontalmente il progetto di riforma, considerandolo una scorciatoia con l’effetto negativo di ridurre la crescita e diminuire le future pensioni. Balcerowicz ha proposto un piano alternativo per coprire il debito, basato su ulteriori privatizzazioni e tagli sociali: tra le altre cose, sono previsti il livellamento dell’età pensionistica tra uomini e donne, e la riduzione delle detrazioni familiari e delle compensazioni di malattia (dall’80 al 60%), dei contributi per i funerali (da 4.000 a 1.100 zl) e dei sussidi agli agricoltori benestanti.
Tusk ha ribattuto dicendo che è preferibile colpire le istituzioni finanziarie piuttosto che “mettere le mani nelle tasche dei cittadini”, e che per ottenere il risparmio voluto i tagli sociali dovrebbero essere ancora più forti.
L’opinione pubblica non sembra reagire positivamente alle prospettive di riforma: solo il 18% ha espresso supporto al piano del governo, mentre il 49% si è dichiarato contrario, malgrado i fondi statali ZUS ispirino ancora più fiducia rispetto ai fondi OFE (38% contro 25%).
La situazione economico-finanziaria della Polonia è ancora buona, ma non tanto da permettersi di non procedere alle riforme. Dopo essere stato l’unico paese UE in crescita economica nel 2009 (+1,7% PIL), nel 2010 la Polonia (+3,8%) è stata raggiunta e superata da Germania e Slovacchia. L’inflazione ha raggiunto il 3,8% in gennaio, ed inizia a preoccupare, aumentando le pressioni sulla banca centrale perché aumenti i tassi d’interesse. La crescita del deficit (+6,5% nel 2011) e del debito pubblico rappresentano inoltre una preoccupazione, soprattutto dato che non sono giustificate da interventi pubblici di assistenza finanziaria come avvenuto in altri paesi; il commissario UE Olli Rehn ha chiesto che il deficit sia riportato al +3% entro il 2012, anziché entro il 2013 come pianificato dal governo. La Polonia sarà inoltre presto il paese UE con la più bassa età pensionabile (62 anni). Barclays ha sottolineato come la dipendenza dagli investitori internazionali per l’acquisto dei bond polacchi non permetta di escludere il rischio estremo di bancarotta del paese in caso di una nuova crisi finanziaria.