La trasmissione di ieri del programma Ballarò, condotto da Giovanni Floris, ha mostrato con evidenza perché l’Italia non ha una politica estera ragionata e, quando ce l’ha, essa si sviluppa (come in questi anni) attraverso rapporti personali piuttosto che istituzionali. Tra gli ospiti c’era infatti Dario Franceschini, già segretario del Partito democratico, attualmente capogruppo del suo partito alla Camera, che interpellato sulla situazione nordafricana ha affermato: “Le proteste in atto nel Nord Africa sono come fu l’ottantanove per i Paesi dell’Est Europa. (…) Le dittature sono state sconfitte dalla mobilitazione di facebook”. Franceschini non ha fatto altro che soggiacere alla vulgata giornalistica, ma il giornalismo è semplificazione quando non banalizzazione: paragonare le vicende di Tunisia, Egitto, Libia, con quelle di Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, può essere fuorviante. Ottantanove più facebook non fanno il comunismo. Qual è infatti l’Unione Sovietica che soverchia e annichilisce il Nord Africa? E qual è la tradizione democratica da cui i Paesi del Maghreb e del Mashrek traggono la forza per la ribellione?
I tratti comuni tra i due eventi sono pochi e marginali: l’effetto domino, la liberazione da regimi autoritari, la rapidità e la sorpresa che hanno generato nell’Occidente. Alcuni hanno ceduto alla suggestione di un Mohamed Bouazizi che, dandosi fuoco, porta alla mente Jan Palach. Ciò però non basta a sostenere la similitudine.
La dittatura sovietica, nell’ossessione dell’uomo nuovo, ha sistematicamente operato una disintegrazione dell’individuo attraverso l’annichilimento della coscienza critica. E ha operato una pianificata distruzione dell’altro al fine di perseguire l’omogeneità culturale: la russificazione violenta dell’Ucraina e dei Paesi baltici, le deportazioni di massa dal Caucaso, l’eccidio della classe dirigente polacca. La violenza sovietica era pervasiva e totale, attraverso il meccanismo della delazione e della paura ha smembrato la coesione sociale dei popoli sottomessi. Popoli che hanno trovato la via della libertà quando il sistema sovietico ha cominciato a implodere, anche grazie alla precisa coscienza della democrazia. L’Europa orientale conosceva la democrazia anche prima del dominio sovietico e alcuni Paesi l’hanno potuta sperimentare nel periodo tra le due guerre mondiali. La stessa cultura europea – intrisa dei valori della Rivoluzione francese – cui i Paesi dell’Europa orientale appartengono a pieno titolo, è un retroterra fondamentale all’emancipazione dal sovietismo.
Nell’ottantanove, poi, non esisteva facebook. Eppure la mobilitazione c’è stata come pure l’organizzazione del dissenso. È la capacità di resistenza di quei popoli (i polacchi organizzavano l’università nelle fogne di Varsavia) ad averli “salvati” dall’annichilimento nel corso di cinquant’anni di repressione. La resistenza (morale, anzitutto) e il dissenso esistono anche senza i social network che sono solo strumenti. Come tali, quindi, privi della pretesa capacità taumaturgica che oggi le semplificazioni (e gli entusiasmi) giornalistici attribuiscono loro.
Insomma, mancano reali ancoraggi storici per sostenere la similitudine tra l’attuale rivolta araba e l’ottantanove. Come pure appare frutto di una mancata riflessione l’entusiasmo nei confronti dei nuovi media che, ripetiamo, sono e restano strumenti e quindi sono soggetti all’uso che se ne fa. Forse i regimi nordafricani mancavano della sufficiente cultura per gestire e limitare tali strumenti, ma più raffinate dittature (come quella cinese) stanno avendo maggiore successo. Infine, facebook non è la democrazia. Esso può avere consentito una più agevole organizzazione del dissenso e mobilitazione dal basso, ma non basta la venuta dal basso a fare la democrazia. Attenzione quindi al rischio di manipolazione del dissenso, manipolazione che oggi (in Italia lo sappiamo bene) si produce attraverso i media, vecchi e nuovi che siano.
Madonna mia, quando ti incaponisci sui dettagli. E’ chiaro che non c’è un’Unione sovietica di mezzo, è chiaro che nel 1989 non c’era Facebook (con la maiuscola) e i social network (ma c’erano altri mezzi di comunicazione alternativa).
Secondo me è una riflessione inutile su una frase che è, come ben ricordi, una semplificazione, comunque efficace. “1989” raccoglie in sé altri sensi, come il rovesciamento di regimi politici partendo con rivolte dal basso di gente stanca della loro vita quotidiana da oppressi. Prima c’era l’Urss, qui c’è un sistema di dilagante corruzione, mancanza di merito e possibilità di crescita etc etc (elementi che caratterizzano guarda caso i regimi non liberali, come quelli sovietici). Possiamo non fare un confronto?
D’altronde la tua stessa critica bisognerebbe usarla quando si dice “E’ successo un 48”
Non mi incaponisco. In primo luogo perché le parole sono importanti, sottendono rappresentazioni del reale. In secondo luogo perché la storia non si racconta a colpi di banalizzazioni giornalistiche, e soprattutto non lo deve fare un politico la cui capacità di analisi dovrebbe essere superiore a quella di un qualunque giornalista. Andando dietro alle suggestioni della carta stampata ha mostrato la pochezza delle sue argomentazioni e un profilo politico piuttosto basso. Poi, di Franceschini mi curo poco. La cosa mi ha offerto il destro per parlare della doppia banalizzazione (ottantanove+facebook).
Ti rendi benissimo conto della differenza sostanziale tra un modo di dire (fare un quarantotto) e la necessità di offrire chiavi di lettura per la situazione in corso. Chiavi d lettura che la politica per prima deve dare, altrimenti non saprà mai affrontare le sfide che l’attendono in questa nuova geopolitica mediterranea.
La differenza è fondamentale, l’Urss non è paragonabile alle dittature del Nord Africa. Questo non è semplificare, è banalizzare.
Dietro la banalizzazione della storia stanno i revisionismi strumentali, come nel caso della Giornata del Ricordo delle vittime italiane in Istria e Dalmazia.
“1989” non ha raccolto, prima d’ora, altri sensi. Quindi, nel dire 1989, si dice Unione Sovietica.
Ripeto, le parole sono importanti. Questo più di tutto mi preme. Per un giornalista come per un politico. Ne leggo di tutti i colori in questi giorni, “genocidio libico”, “ottantanove africano”, “maghreb egiziano”. Queste banalizzazioni non sono tollerabili. Specie se è evidente la volontà di creare iperboli che nulla spiegano ma molto mistificano.
Osservazioni giuste.. Ma permetti che io aggiunga altre 2 differenze.
1) Mentre le rivoluzioni nell’Europa Orientale furono per lo più di carattere ideologico – e quindi anti-comunista – ed etnico, le rivolte odierne del Nord-Africa sono mosse in misura considerevole dalla disperazione, dalla miseria di vasti strati della popolazione e dalla disoccupazione dilagante.
2) I mutamenti politici dell’89 nell’Europa dell’est avvennero (presumibilmente) senza ingerenze esterne, o se così non fosse si trattava comunque di un sistema già irrimediabilmente compromesso, mentre le rivolte del Maghreb pare siano manipolate e/o aizzate anche da cellule fondamentaliste islamiche + probabile, potenziale collaborazione di ampi settori CIA.
Inoltre, voglio maliziosamente asserire una terza differenza: mentre il sistema comunista era ancora compatto nel contrastare in tutto e per tutto i rivoltosi dell’89, pare che le “autocrazie personalistiche” del Nord-Africa siano state abbandonate a sè stesse proprio dal sistema da cui hanno tratto da sempre il loro sostentamento e protezione – ovvero l’Occidente, che ha preferito subito schierarsi dalla parte del vulgo come garante della democrazia per salvarsi la faccia – (con l’unica eccezione della Libia).
Dire che le rivolte in Est Europa non furono sostenute mi sembra azzardato, quasi quanto dire che dietro le rivolte provocate da disperazione e miseria (l’hai scritto tu, Lorenzo), ci siano gli islamisti e la Cia. C’è la pancia della gente. Il resto viene dopo.
Così come c’era un grande elemento primordiale nella gente che si accalcò al muro di Berlino dopo l’annuncio (sbagliato) che sarebbero state aperte le frontiere verso Berlino Ovest per permettere ai cittadini di muoversi, andare a fare un salto nell’altro mondo, dove c’era un altro stile di vita, mode, consumi, libertà. Non ideologia, non battaglie contro bavagli politici o pseudo-femminismi (scusate i riferimenti attuali), ma vita pratica, come quella dei disoccupati tunisini.
Poi, confronti per confronti, visto che si sono sempre fatti, eccone un altro
http://www.slate.fr/story/34611/revolutions-arabes-1848-differences
Credo forse Andrea che tu abbia frainteso le mie parole, e certe tue obbiezioni non le ho capite..
Io ho detto che le rivolte sono spinte da disperazione e miseria in un punto, e in un altro che parallelamente sono aizzate dal fondamentalismo, ma le due cose sono slegate tra di loro, una non è la causa dell’altra – in ogni rivoluzione sempre si sono aggregate alla piazza componenti che poco hanno a vedere con la rivolta e intanto fanno la loro speculazione -; per quanto riguarda la CIA, sempre lo zio Sam ci mette lo zampino ma per il suo tornaconto politico-strategico, non certo per solidarietà verso “popolazioni oppresse”.
Per quanto riguarda le ribellioni anti-comuniste di fine anni 80, io ho parlato di ingerenze pratiche – finanziamenti, infiltrazioni politiche e spionistiche – e non di sostenimenti ideali (se è questo che intendevi tu); di ingerenze NATO e squadroni CIA sino ai confini russi e oltre oggi ce ne sono un bel po’, ma allora non credo vi fossero le condizioni. – ma una dimostrazione in senso contrario è ben accetta! –
In merito ai movimenti, entusiasmi, sconquassamenti da rivoluzione a cui fai accenno non ne capisco l’attinenza..
Scusa, ma io il francese non lo so! xD
Simpatica l’analogia col 1848, suggestione giornalistica di migliore originalità. Ma non mi risulta che cinquant’anni fa il mondo arabo abbia conosciuto una Rivoluzione francese. A parte le battute, secondo me la Storia è importante e non credo che siano possibili analogie. Riporto le parole di Morawski, che insomma qualcosa più noi messi insieme lo sa pure (e si capisce da queste parole): Il paragone con l’89 è indubbiamente un modo semplice ed efficace per indicare che sulla riva Sud sta accadendo qualcosa di grosso, un cambiamento epocale. In una frase è presto tutto detto. Ma, d’altra parte, ciò che fa problema è che:
I paragoni con l’89 li facciamo “noi” perchè non abbiamo appropriate chiavi di lettura dei “loro” sommovimenti. Anzi, corriamo dietro alla formula “è come l’89″, che dice tutto e niente, per nascondere la nostra ignoranza di quello che sta accadendo dall’altra parte del mare”.
Poi, conosco Lorenzo come lettore critico e “dietrologo”. E dice bene nell’assenza di fattiva presenza “occidentale” a favorire le rivolte dell’est. Qui la strumentalizzazione rischia di esserci, specie in Yemen ed Iran. Ma credo davvero che anche la Cia sia rimasta sorpresa da Tunisia ed Egitto…
Secondo me, il paragone con l’89 DEVE esserci per il semplice fatto che qualcosa (qualcosa di grosso, altrettanto quanto la caduta dei regimi dell’europa orientale) sta accadendo: in TUTTO il mediterraneo meridionale (mi riferisco all’area geopolitica) stanno rivoluzionandosi consolidati sistemi socio-politici, così come avvenne con la caduta del muro…
Concordo in pieno dicendo che ’89 + facebook è una generalizzazione estrema ma non dovremmo esser lontani dal trovare facili paragoni: questi paesi rientrano tutti in quello che è il “mondo arabo” (o “civiltà araba”, usando le parole di Samuel Huntinghton), e la loro ribellione concatenata (esattamente come lo fu nell’est Europa) non è per niente casuale…
Dando solo per un secondo per scontato che la teoria del “clash of civilization” di Huntighton sia vera (http://it.wikipedia.org/wiki/Lo_scontro_delle_civilt%C3%A0) , bisognerebbe anche aggiungere che questi paesi non fanno capo ad una propria U.R.S.S. ma ad una dimensione socio-culturale più universale e trasversale, che è appunto la civiltà islamica…
Detto ciò, non posso che condividere le obiezioni di chi dice che le analisi geo-politiche andrebbero approfondite meglio e non lasciate nella superficie culturale di politici/giornalisti poco esperti
Giorgio Fruscione
Ecco Giorgio, in comune con Andrea hai Huntinghton, che a me non ha mai convinto. E proprio nel libro che citi, l’autore fa un grossolano fascio di tutta l’erba che lui chiama “civiltà araba” o “islam”, dimenticando che non tutto l’Islam è arabo e che l’Islam non è una cosa sola (e non parlo solo delle differenze tra sciismo e sunnismo ma anche tra wahabitismo e hanefismo, ad esempio). Ma stiamo deviando dal discorso. Dici, se non ho capito male, che questi Paesi non hanno l’Urss ma hanno l’Islam. Ma l’Urss era un potere oppressivo, non un tratto culturale comune. Dall’Urss ci si è voluti liberare, l’Islam invece è ciò che contribuisce all’attuale liberazione (vedremo nei prossimi mesi in che misura). E anzi, i regimi che attualmente cadono in Nord Africa erano “laici”. Non so se riesco a spiegarmi: non si può paragonare l’Urss all’Islam, alla prima “facevano capo” in modo coatto, alla seconda per scelta e cultura. Ma immagino tu volessi dire altro…
A REDAZIONE
Si credo che in effetti anche l’intelligence occidentale non fosse preparato alle rivolte di Egitto e Tunisia, sebbene Mubarak e omologo fossero già “bolliti”, infatti si sono subito convertiti dalla parte del vulgo sebbene non avessero ed abbiano la situazione in pugno.
L’epiteto “dietrista” no mi dispiace ma spero non sia di scherno – del resto sempre meglio di “complottista” o “fantapolitico” che ottusi inesperti in merito mi hanno rinfacciato. Le mie considerazioni e teorie non sono “casareccie”, bensì dietro c’è un’antologia abbastanza vasta, fatti concreti e tra l’altro sono le stesse condivise da molti esperti di geopolitica. Il fatto è che finchè al mondo vi sono termini come “servizi segreti” e “ragion di stato”, i “dietristi” hanno ragion d’essere..
A GIORGIO
Il paragone con i 2 eventi dev’essere fatto, ma dire che essi sono analoghi è una grossolanità, ne sono prova le differenze emerse che non mi pare tu abbia confutato
Non è assolutamente di scherno, non mi permetterei. E’ per simpatia, mi sono permesso visti i precedenti scambi di battute che abbiamo avuto su altri temi. Del web mi piace la possibilità di interazione che c’è tra chi scrive e chi legge.
A LORENZO
Or’ora non mi vengono in mente gli eventi storici che si sono ripetuti pari pari 2 volte, tu ne ricordi? difficile.
Ad ogni modo, NON c’è alcuna analogia tra: la circoscrizione geografico temporale (la prima SOLO nell’est Europa e SOLO dall’89 in poi; e la seconda SOLO nel mediterraneo e a distanza di pochissime settimane l’una dell’altra)?; la rivoluzione, che spodesta sanguinari dittatori al potere da anni (per esempio: non mi sembra che la gente di Timisoara e Bucarest sia morta chiedendo carta igienica più morbida)?
no no nessuna analogia….no no…
buonanotte Lorenzo, e SOGNI d’oro
Attento Giorgio che nessuno qua ha detto che non vi sono analogie tra i 2 eventi, bensì si è detto che essi non sono ANALOGHI, poichè le differenze sono molte..
Che si somiglino per circoscrizione geografica e ribaltamento dei sistemi politici precedenti questo è palese (ed accomuna tutte le rivoluzioni), anche senza l’uso di domande retoriche. Che dopo tu ponga l’accento su “sanguinari dittatori” questo è opinabile, ma comunque in ogni rivoluzione – o quasi – il potere preesistente è visto come oppressivo..
Quindi che tipo di conflitto era quello nei Balcani? no perche’ io ricordo di aver visto immagini di campi di concentramento…3 grandi religioni mondiali che si riflettevano in 3 diversi schieramenti, ciascuno con propri scopi, con proprie “alleanze” internazionali (non a caso i bosniaci con i paesi arabi; la croazia con austria germania e vaticano; e la serbia con i “fratelli russi”).
Ma ciò non condiziona la mia teoria sull’unità degli jugoslavi…se si, spiegami in che modo…essi sono stati vittime della retorica di uomini sbagliati e, non smetterò mai di dirlo, della grande bugia di questo secolo (e sai a che mi riferisco)
la prova dell’inconfutabilita’ ce l hai nelle guerre USA vs resto del mondo (paesi occidentali?no cristiani?no)…dove la matrice e’ SEMPRE la stessa: civiltà occidentale deve esportare democrazia (la propria) nonché supporti logistici di ogni tipo laddove non vi è volontà di collaborare…
Hai sbagliato il posto del commento! xD
Riportalo sotto la replica di Redazione..
A REDAZIONE
Ovviamente intendevo dire altro.
Primo. Non amo la teoria del “clash of civilization” ma devo dire che è INCONFUTABILMENTE reale, o perlomeno ATTUALE: la premessa è che i conflitti non sono più mondiali e quindi ideologici ma solo rappresentativi di uno scontro di civiltà (la prova sono gli anni ’90 nei balcani).
Secondo. E’ vero, prima dico “civiltà araba” e poi “civiltà islamica”: le due cose si incrociano ma non coincidono. Errore di battitura? che Dio mi perdoni.
Terzo. le differenze interne all’Islam che hai elencato hanno, a mio parere, solo latente importanza nella questione “Libia and oth.”
Quarto. non credo che la gente si ribellasse all’oppressione sovietica, essendo quegli gli anni di Gorbaciov e della “flessibilità sovietica”, ma piuttosto all’oppressione che promanava dall’oligarchia degli stati satellite.
Quinto. il “paragone” che ho fatto ha della “sinestesia” mettendo in relazione un contesto ideologico e un altro religioso e pertanto, sì, forse è azzardato ma serve solo a testimoniare il punto di riferimento che entrambe le situazioni possiedono. Il popolo non era in rivolta contro il sistema comunista ma contro la sua oppressione.
“inconfutabilmente”… troppo tranchant Giorgio, è confutabile eccome. Come lo è l’esempio che poni tu, nei Balcani, non ho visto scontrarsi civiltà diverse. Se così fosse, anche la tua teoria dell’unità effettiva dei popoli slavi del sud (che condivido in buona parte) non sarebbe sostenibile. Cadi spesso in contraddizione, almeno terminologica. E tendi all’aggressività verbale, probabilmente dovuta alla sana passione per questi temi.
non volevo essere “verbalmente violento”, ad ogni modo, mi scuso con entrambi se vi siete sentiti offesi: non era ASSOLUTAMENTE mia intenzione.
živio