La centrale nucleare di Bushehr

IRAN: Ultimi giorni per raggiungere un accordo sul nucleare

Mancano ormai pochi giorni alla scadenza, fissata per la fine di Marzo, per trovare un accordo sul programma nucleare iraniano. La scorsa settimana i negoziati si sono bruscamente interrotti, ufficialmente per consentire alla delegazione di Teheran di partecipare ai funerali della madre del Presidente Rohani: il fratello del leader iraniano fa infatti parte della squadra di negoziatori. In realtà, la pausa è sembrata più un’interruzione strategica, utile a entrambe le parti per chiarirsi le idee in vista della fase decisiva.

Negli ultimi giorni, Kerry e Rohani hanno mostrato ottimismo sulla possibilità di raggiungere un accordo, parlando entrambi di «passi in avanti». Sembra che le delegazioni abbiano fatto progressi soprattutto sugli aspetti più tecnici della trattativa, mentre rimane ancora da sciogliere il nodo sulla graduale eliminazione delle sanzioni economiche nei confronti di Teheran. Sabato, però, in molti si sono interrogati sulle parole della Guida Suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, che nel suo tradizionale discorso per il Nowruz – il capodanno persiano – ha denunciato come «vergognoso bullismo americano» il videomessaggio in cui Barack Obama aveva chiesto ai giovani iraniani di fare pressioni sul loro governo per raggiungere un accordo. L’attacco di Khamenei ha fatto sorgere dubbi sulla sua reale volontà di continuare le negoziazioni. In realtà, secondo alcuni esperti, tra cui l’ex diplomatico iraniano Ali Khorram, la Guida Suprema avrebbe confermato nel suo discorso la volontà dell’Iran di trattare, avvertendo che in caso di fallimento la responsabilità sarà attribuita agli Stati Uniti. Sempre secondo Khorram, la retorica antiamericana del discorso di Khomeini servirebbe per tenere insieme i “moderati” guidati dal presidente Rohani e gli ambienti ultraconservatori, molto diffidenti sulla possibilità di un’intesa con gli Usa e le altre potenze.

E’ invece il campo occidentale a essere attraversato, in questo momento, da una differenza di posizioni. La Francia ha criticato il modo in cui gli Stati Uniti stanno impostando la fase finale del negoziato, e sembra che il ministro degli Esteri Fabius abbia chiamato la delegazione francese a Losanna per assicurarsi che non sarebbero state fatte altre concessioni all’Iran. Il disaccordo riguarda soprattutto la graduale eliminazione delle sanzioni, che il governo francese non vuole concedere prima che siano raggiunti progressi significativi – mentre proprio Khamenei ha detto che considera la questione delle sanzioni «parte dell’accordo, non una conseguenza successiva». Dalla Francia è emersa anche una certa insofferenza per la scadenza di fine Marzo, che gli Stati Uniti vogliono assolutamente rispettare. Il rischio, secondo il governo francese, è accettare condizioni più svantaggiose avendo ormai poco tempo a disposizione.

Obama, però, è condizionato dagli equilibri del Congresso. Il Presidente Usa, anche usando la minaccia del veto, alcuni giorni fa è riuscito a far slittare fino a metà Aprile un voto su un provvedimento che avrebbe dato proprio al Congresso l’ultima parola sugli accordi con l’Iran. I Repubblicani – ma anche diversi democratici favorevoli alla “linea dura” – renderebbero un passaggio del genere molto rischioso per l’Amministrazione Obama, che per questo ha fretta di chiudere.

Non sono, però, solo gli Stati Uniti ad avere forti motivazioni per arrivare presto alla firma di un accordo. Durante gli otto anni della presidenza di Ahmadinejead, la situazione dell’economia iraniana è peggiorata notevolmente. La disoccupazione è aumentata, così come l’inflazione, e il recente crollo del prezzo del petrolio ha complicato le cose. Rohani ha già raggiunto qualche parziale successo in campo economico, ma è consapevole che senza l’eliminazione delle sanzioni non potrà esserci nessun progresso importante, e in questo è appoggiato da Khamenei.

Un accordo che porrà dei limiti all’attività nucleare iraniana, ma non la eliminerà del tutto, potrebbe però far aumentare notevolmente la tensione con diversi altri paesi del Medio Oriente. Il premier israeliano Netanyahu si oppone a un’intesa in questi termini, che considera «un modo di lasciare l’Iran a un passo dalla possibilità di costruire armamenti nucleari». Ma le preoccupazioni non arrivano solo da parte israeliana: l’Arabia Saudita ha già avvertito le potenze che stanno cercando di chiudere l’accordo che chiederà gli stessi diritti che saranno concessi a Teheran. Lo scenario peggiore è quello di una “corsa al nucleare” a cui potrebbero decidere di partecipare anche Egitto e Turchia, e che destabilizzerebbe ancora di più un Medio Oriente in cui tutti i vecchi equilibri sembrano ormai sconvolti.

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