Come sta procedendo il percorso intrapreso da Atene? Partiamo dalle elezioni di gennaio: Syriza vince e l’ascesa di Tsipras al potere sembra preludere a una stagione nuova, salutata dalla stampa di tutta Europa come una scelta rivoluzionaria, sulla quale riporre ogni nostra speranza di cambiamento; Tsipras vince infatti le elezioni con un programma che promette di rimandare al mittente il celeberrimo “memorandum” e di cacciare dal paese la cosiddetta Troika (FMI, BCE, UE). Bene, il Che Guevara greco non perde tempo e parte subito per il suo tour in giro per il Vecchio Continente alla ricerca di consenso e sostegno da portare con sé a Bruxelles, dove si gioca davvero la partita. Viene convocato il tavolo dell’Eurogruppo per discutere sulla ristrutturazione del debito greco e la cancellazione del memorandum, cosa affatto non gradita dalla Germania che, infatti, punta subito i piedi impedendo una qualunque discussione sul tema e chiedendo al governo greco una conferma del piano di austerità come premessa per ogni tipo di trattativa. Tsipras si trova allora con le spalle al muro: temporeggia, cerca di dialogare, ma alla fine è costretto a cedere e a tornare ad Atene da sconfitto. Sembra finita, l’austerità ha avuto la meglio sulla speranza, su un’Europa nuova. I giornali della sinistra europea vestono a lutto, mentre quelli più “realisti” scrivono tutta la loro goduria nell’aver previsto già tutto tempo prima.
La partita in realtà non è ancora chiusa; il governo, infatti, dovrà tornare a Bruxelles con in mano le riforme richieste dai tecnocrati e lì discutere e battere i pugni sul tavolo. Sembra però che non ci sia niente da fare, che ormai il percorso sia tracciato e ben scandito da quei fucili puntati sulla testa di Tsipras e Varoufakis, il ministro del Tesoro, divenuto ormai un personaggio da cinema, con quella sua aria da bulletto e l’aspetto da Bruce Willis de noantri. Al quale non vengono però risparmiate diverse critiche: «L’idea di una strategia è per Varoufakis», scriverà Anatole Kaletsky in un articolo per l’autorevole Project Syndicate, «di starsene con in mano una pistola puntata alla propria tempia e chiedendo un riscatto per non far scattare il grilletto». L’aria è dunque di rassegnazione; la vecchia Europa brutta e cattiva ha vinto ancora e noi potremo votare anche Podemos, o Lega Nord, o Marine LePen, ma nulla cambierà.
Poi però vediamo spuntare, un po’ sulle nostre pagine facebook, un po’ sui giornali, notizie del tipo: “Tsipras chiede alla Germania di ripagare i danni di guerra, stimati attorno ai 300 miliardi di euro”. Oppure: “Tsipras sfida la Troika: luce gratis e cibo a 300mila famiglie povere”. Che succede? Cosa sta accadendo? Vuoi vedere che Alexis “Che” Tsipras ha fregato tutti e, dopo aver perso la battaglia, ora sta correndo per vincere la guerra? La confusione è tanta, anche perché accompagnata da notizie contraddittorie e non altrettanto piacevoli: sembra infatti che il governo Syriza voglia mettere le mani sulle pensioni, o allearsi con i cinesi e i russi al fine di trovare qualche risorsa economica dove attingere. E poi si pensa: l’Europa avrà sempre il coltello dalla parte del manico e non concederà nulla alla controparte, perché significherebbe smentire ogni politica sin qui portata avanti e alterare gli equilibri tra chi si ribella e chi, in questi anni, ha abbassato la testa e lavorato nel rispetto di quelle regole.
E infatti il ministro del Tesoro tedesco Schäuble, la cancelliera Angela Merkel e il presidente della Commissione europea Juncker – per citare solo i più noti – si affrettano a sbellicarsi davanti ai microfoni e a deridere i sogni di cambiamento; e nonostante Tsipras torni a Bruxelles con il piano di riforme richieste sotto braccio, il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem afferma che la ‘lista’ dei provvedimenti è “lontana dall’essere completa“, che la sua attuazione richiederà “tempi lunghi” e che a marzo non è prevista nessuna tranche di aiuti. Questa lista comprendeva l’istituzione di “un consiglio di bilancio” indipendente per monitorare la spesa del governo, la sua politica di bilancio e quindi valutare gli obiettivi raggiunti; migliorie sul fronte della predisposizione del bilancio; la messa a punto di uno schema per la lotta all’evasione dell’Iva; un nuovo piano e leggi più dure per riscuotere le tasse non pagate da contribuenti e imprese; un nuovo piano per emettere licenze alle aziende di gioco d’azzardo online; la riduzione della burocrazia e iniziative per affrontare la crisi umanitaria con l’introduzione di buoni pasto, misure per garantire energia elettrica e assistenza abitativa. Costo complessivo: 200,29 milioni di euro. Insomma, non proprio briciole, eppure non sufficienti, secondo un Dijsselbloem sino a quel momento sconosciuto al grande pubblico, il quale in un’altra intervista ci tiene a sottolineare la sua “fretta” nel firmare un piano, perché “qui si sta perdendo troppo tempo”.
Ancora adesso non capiamo realmente a che punto sia la situazione, se il governo greco stia riuscendo ad ammorbidire l’allegra brigata “Merkel-&-Co.” oppure no; restiamo alla finestra a vedere chi la spunterà, come spettatori passivi se non sui social, dove condivideremmo anche la mamma, nella speranza forse di trovare qualcuno che ci illumini e dipani ogni nostro dubbio, con quasi la consapevolezza che chi voteremo alle prossime elezioni sarà soltanto il frutto di questa battaglia.
Domanda: qual è l’idea di Tsipras per la Grecia del futuro? Aiuti europei e spesa pubblica? E dopo?
Ribaltiamo la vicenda e vediamola sotto questo aspetto: il Primo Ministro di un Paese da 80 milioni di persone (la Germania, per chiarezza) si vede arrivare il nuovo capo del Governo del Paese europeo con la struttura economica più debole del continente che dice: “Cancelleremo i nostri debiti” e poi “Restituiteci i danni di guerra” (che considero una richiesta non solo ridicola, ma offensiva) e poi “Chiederemo aiuti a Russia e Cina”. Ok, immaginiamo questo Primo Ministro: deve rispondere a 80 milioni di persone, ha i suoi problemi interni, i suoi dibattiti, le richieste, i suoi questuanti e i suoi scioperi da gestire; come potrà, mi chiedo, accontentare immediatamente il collega greco e allo stesso tempo restare garante del governo e della pace nazionale interna? Quesito interessante. Anche perché rivela un aspetto poco approfondito: Tsipras ha una strategia? Si chiama suicidio economico? O semplicemente stupidità politica?
L’Europa deve cambiare? Sì, sono d’accordo. Merkel deve cambiare? Sono altrettanto d’accordo. Tsipras è la soluzione? O podemos? O chi per loro? No, non credo.
Formuliamo una seconda ipotesi: vengono cancellati tutti i debiti della Grecia. Che accadrà? Con quale struttura economica si presenterà il paese al mercato globale? Come si rifinanzierà sul mercato? Quali promesse potrà fare a imprenditori in cerca di un luogo dove investire? Cosa esporterà oltre l’olio e la feta? Quali ricchezze potrà mettere sul piatto internazionale per le future negoziazioni? Mi preme evidenziare che non sono domande retoriche né polemiche: sono semplicemente curioso di sapere quale sia l’idea di Grecia oltre le dichiarazioni sulla cattiveria teutonica.
Saluti,
Alessio