Il presidente ceco Miloš Zeman, terzo capo di stato della Česká Republika dal 1993 ad oggi, nonché vincitore delle prime elezioni presidenziali dirette, tenutesi nel paese nel gennaio 2013, è attualmente bersaglio di campagne mediatiche e di sonore proteste parlamentari che lo accusano apertamente di mettere a repentaglio il prestigio internazionale della repubblica per via delle dichiarazioni rilasciate ai media.
Zeman è un volto noto nella politica ceca: Presidente della camera dei Deputati dal 1996 al 1998 e primo ministro dal 1998 al 2002, è un personaggio che attira l’attenzione pubblica per il suo linguaggio schietto, e alle volte “colorito”, scrive il quotidiano liberale Lidové Noviniy. Il malcontento per l’operato dei dieci anni dell’ex presidenza di Václav Klaus; il piano di austerity e soprattutto lo scandalo di corruzione che ha visto coinvolto il capo di gabinetto dell’ex primo ministro Petr Necas nel 2012, ha permesso a Zeman di vincere le presidenziali con il 55% dei consensi popolari, nonostante le riserve e i mugugni espressi dalle compagini politiche.
In questi giorni, da parte dei parlamentari cechi è stata invocata e formalizzata una petizione, intitolata “Signor Presidente, si dimetta” che ha raccolto numerosi consensi tra Senato e Camera alta del parlamento: più di 10.000 firme a detta del portavoce del Podhradi group.
I firmatari richiedono prima di tutto un intervento del Senato in merito alle dichiarazioni di Zeman sulla questione Ucraina nel suo discorso a Rodi, in cui si oppose alle sanzioni occidentali contro la Russia. La petizione sostiene che le sue dichiarazioni, in merito alle sanzioni imposte a Mosca, sollevino il fondato sospetto che agisca piuttosto “nell’interesse di un altro paese, attualmente non in linea con la posizione dei paesi aderenti all’UE”.
Dall’ altra parte, la compagine politica Strana svobodných občanů, Partito socialdemocratico dei diritti civili, vicina al Presidente, ribatte fermamente il sottile intreccio di interessi che si giocano all’interno del Parlamento, specialmente tra le forze moderate e di centrodestra, pronte a travisare le parole espresse da un leader votato legittimamente dalle preferenze popolari.
La spaccatura al livello istituzionale pone ancora una volta sotto i riflettori le tensioni che si respirano a livello europeo per la delicata questione ucraina, ma nella fattispecie, le critiche mosse ai firmatari della petizione puntano l’indice su una posizione antipresidenziale prevenuta, condita da tempo a suon di “J’accuse” verso Zeman e il suo presunto interesse nel piegare le camere verso un ruolo sempre più preponderante della presidenza della repubblica.
In base alle procedure previste, se la petizione, dopo verifiche, risulterà firmata da almeno 10.000 persone, sarà annotata all’ordine del giorno della prossima sessione del Senato.