La Russia esclusa dalle commemorazioni di Auschwitz. Le colpe del nazionalismo polacco

Non si è aperta senza polemiche la commemorazione per i settant’anni dall’apertura dei cancelli di Auschwitz, a causa del mancato invito di Vladimir Putin, presidente del paese che è, insieme a Bielorussia e Ucraina successore nei trattati di quell’Unione Sovietica che liberò con l’Armata Rossa i lager nazisti. A margine del commovente momento di una Polonia che ricorda in silenzio ciò che l’ha cambiata per sempre, quando tutti i capi di stato e di governo dei paesi europei esortano al ricordo e al rispetto, non sono dunque mancate le polemiche per l’assenza del presidente russo alla cerimonia.

Il governo polacco non ha voluto il leader del Cremlino tra i capi di stato esteri invitati alla commemorazione nella tetra cornice di Birkenau, con il celeberrimo arco attraverso cui passavano i treni carichi di deportati, che per una volta svuotata dai turisti (Auschwitz è al primo posto come numero di visitatori tra tutte le attrazioni turistiche polacche) è stata occupata da un enorme tendone bianco, sotto il quale cento sopravvissuti hanno rievocato i ricordi più dolorosi delle loro vite. Il rifiuto è avvenuto in segno di protesta per l’ aggressione russa all’Ucraina, in un momento particolarmente fragile per la crisi del Donbass – con la ripresa dei combattimenti e l’offensiva delle forze indipendentiste a Mariupol, e avrebbe già di per sé fatto infiammare i russi, anche se non fossero arrivate ulteriori precisazioni.

Benché discutibile, la scelta polacca sarebbe stata forse comprensibile se il ministro degli esteri Grzegorz Schetyna – spesso oggetto di perplessità per la scarsa conoscenza in materia di politica estera – non avesse rincarato la dose, contestando la paternità dell’apertura dei cancelli alla Russia, affermando che furono truppe ucraine ad aprire i cancelli del campo di concentramento. L’affermazione, supportata da Kiev secondo cui la maggioranza dei soldati “liberatori” era ucraina, ha provocato la collera del ministro degli esteri russo Lavrov, che ha dichiarato come “sfruttare la storia del lager a fini nazionalistici sia molto cinico”, ricordando che “tutti sanno che a liberare Auschwitz fu l’Armata Rossa, composta da soldati di più etnie”. La Russia, più volte stigmatizzata per il suo atteggiamento revisionista nei confronti del proprio passato, riceve ora eguale trattamento dai suoi censori che non dimostrano maggiore onestà.

Da parte sua, alla cerimonia presso il museo ebraico di Mosca, Putin ha gridato al revisionismo, dichiarando che “i tentativi di riscrivere la storia sono inaccettabili e immorali e spesso consistono in tentativi di nascondere la vergogna, l’ipocrisia e il tradimento dei poveri di spirito, per giustificare un collaborazionismo diretto o indiretto con i nazisti”. Il discorso pare infatti riguardare proprio la coscienza nazionale ucraina, più che Polonia e Russia. Il presidente russo ha infatti rivolto direttamente la sua accusa all’Ucraina e ai suoi collaborazionisti, seguaci di Stefan Bandera, che “hanno contribuito all’abbattimento della nazione ebraica con la liquidazione degli ebrei di Leopoli, Odessa, Kiev e di altre città ucraine”, ha affermato Putin, che ha colto l’occasione per ricordare come, il 27 gennaio ricada anche l’anniversario della fine dell’assedio di Leningrado, durato circa 900 giorni.

Ecco come la gaffe di Schetyna, relativamente pesante per un paese in cui troppo spesso l’attuale ardore nella politica estera si rimescola alla storia producendone una lettura poco verosimile, si potrebbe trasformare in una spinta propagandistica per il Cremlino, servita senza volere su un piatto d’argento.
E la memoria ucraina torna a fare i conti con una parte mai risolta della propria storia, nonostante l’enfasi del ricordo, il 27 gennaio dovrebbe essere volta più alle vittime e alle atrocità della storia, che a vincitori e liberatori.

Chi è Giacomo Manca

Laureato in Relazioni Internazionali, scrivo di Polonia ed Europa centrale per New Eastern Europe e East Journal

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4 commenti

  1. articolo corretto e puntuale, come sempre!

  2. Grazie per questo articolo che, come nella migliore espressione di East Journal, sa restituire complessità e problematicità alla descrizione degli eventi.

  3. Thank you for sharing your point of view on this concern.

    “contestando la paternità dell’apertura dei cancelli alla Russia” = there was no such country as Russia at that time, I’m pretty sure you’re familiar with this fact. Red Army was formed by Soviet Union composed by all the ethnicities from the soviet territory. What you refer to is political-semantic issue so try to be reliable at least in this field.

    Moreover quoting president Poroshenko: “In the battle for the liberation of Auschwitz and the surrounding area, 231 Soviet soldiers were killed. Every fifth soldier was the Ukrainian one. Colonel Vasyl Petrenko from Poltava region, Colonel Anatoliy Kovalevskyi from Chernihiv region, Major Anatoliy Shapiro – Ukrainian Jew from Poltava region commanded the troops. Shapiro’s soldiers were the first to enter the infamous gate with the inscription “Work makes you free” (Arbeit macht frei). The first tank which destroyed the gate was driven by Ukrainian Ihor Pobirchenko.

    Given all this, although very uncleverly delivered, polish Foreign Minister was technically right.

  4. Anyway it’s essential to mention that this is not the point. The title given is quite offensive and not really true: “La Russia esclusa dalle commemorazioni di Auschwitz. Le colpe del nazionalismo polacco”

    1. Russian delegation was present actually in Auschwitz.

    2. I’m a Pole and I don’t want Vladimir Putin to come to my country neither as a Russian President reponsible for terrorism and killings in Ukraine nor as a successor of Soviet Union’s Josef Stalin, the one who actually introduced concentration camps to Europe, and the one who didn’t actually ended occupation in Poland but prolonged it by 44 years.

    This is Polish point of view.
    Sorry for writing in English, although I understand Italian, I cannot express myself in this language fluently.

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