ROMA – S’infiamma la campagna elettorale in Grecia. A pochi giorni dalle elezioni – previste per il 25 gennaio – e con i sondaggi che non assicurano una vittoria netta di nessun partito, il clima si fa sempre più teso: da una parte il premier uscente Antonis Samaras, capo del partito di centro-destra Nea Demokratia, il quale punta su fisco e sicurezza, oltre che a mettere in guardia i suoi concittadini da un’eventuale vittoria di Syriza – il principale avversario –, che – a suo dire – porterebbe la Grecia allo sbando e cancellerebbe tutti i sacrifici finora fatti (“La Grecia ha di fronte a sé due strade: uscire dall’incertezza politica e intraprendere la via dello sviluppo, oppure andare diritto sull’orlo del fallimento”, ha dichiarato in un’intervista il premier Samaras); dall’altra, appunto, Syriza, con il suo leader Alexis Tsipras che ostenta una calma quasi serafica e invita gli elettori a votare in massa per il suo partito in modo tale da poter costituire un governo monocolore.
Ed effettivamente è questo il nodo della questione: chiunque sarà il vincitore, riuscirà a formare un governo senza dover per forza coalizzarsi con qualche movimento minore? Al momento, i sondaggi danno Syriza in testa, con il 31,2% delle preferenze contro il 27,8% di Nea Dimokratia. Circa tre punti percentuali difficilmente recuperabili dal partito di Samaras – calcolando anche il poco tempo a disposizione -, ma una vittoria di questo tipo obbligherebbe Tsipras a cercare alleati di governo. Ed ecco allora i partiti minori combattere non tanto per la vittoria, ma per il terzo posto, appena dietro ai due contendenti principali. Perché se Syriza dovesse trovarsi in una situazione di stallo, dovrebbe giocoforza interloquire con il vincitore della medaglia di bronzo, il quale tratterebbe, a quel punto, da una posizione di forza.
Il fatto che quattro partiti – il partito Comunista di Grecia (Kke), il Pasok (socialista), To Potami (centro-sinistra) e il partito filo-nazista Chrysi Avghì (Alba Dorata) – si trovino insieme in una fascia che va dal cinque al sei per cento nelle preferenze la dice lunga. Non a caso Evanghelos Venizelos, il leader del Pasok alleato di Nea Dimokratia nell’attuale governo di coalizione, ha impostato la campagna elettorale proprio sull’importanza della conquista del terzo posto, come del resto tutti gli altri partiti minori. Anche perché, secondo la costituzione greca, nel caso in cui nessuno dei due partiti maggiori riuscisse a formare un governo dopo le elezioni, il capo dello Stato dovrebbe conferire l’incarico al leader del partito posizionatosi sul gradino più basso del podio, che – in base agli ultimi sondaggi – sarebbe Nikos Michaloliakos, capo del movimento filo-nazista Alba Dorata, al momento in prigione. Se tale ipotesi divenisse realtà, tra qualche settimana potremmo vedere alla tv le immagini di un’auto della polizia che va a prelevare dal carcere il leader filo-nazista incaricato di formare il governo e lo accompagna in manette al palazzo presidenziale per ricevere il mandato dal capo dello Stato.
Michaloliakos non riuscirebbe certo a formare un governo, ma la Grecia sarebbe comunque esposta al ludibrio mondiale.
Evitare ciò sembra doveroso, ed è per questo che risulta poco condivisibile la scelta di Tsipras di criticare tutti gli altri partiti senza nemmeno tentare un possibile accordo, almeno su alcuni punti programmatici. Leggendo e ascoltando le sue parole, sembra quasi che egli si senta già capo del governo e in procinto di “cambiare il mondo”. In un’intervista a Il Manifesto, il leader di Syriza ha detto: “La gente deve comprendere bene che il fatto che Syriza andrà al governo non significa automaticamente che il potere passerà al popolo. Significa, invece, che inizierà un processo di lotta, un lungo cammino che porterà anche a delle contrapposizioni – un cammino non sempre lineare – ma che verrà sicuramente caratterizzato dal continuo sforzo di Syriza per riuscire a convincere delle forze ancora più vaste, per accrescere la sua dinamica maggioritaria ed il consenso verso il suo programma, con l’appoggio di forze sociali sempre più ampie”. Parole condivisibili, che disegnano un percorso difficile e coraggioso, durante il quale il partito sarà in grado – secondo Tsipras – di far convergere attorno al suo programma anche altre forze politiche, ma che rischiano di illudere la popolazione e di far piombare il paese in un caos da cui difficilmente riuscirebbe a risollevarsi.