di Matteo Zola
Harding era assente da Mosca da due mesi, nel corso dei quali aveva lavorato a Londra sui dossier russi di Wikileaks. Quegli stessi dossier che il Guardian ha diffuso e che bollava la Russia come «uno Stato mafioso» e che Mosca non avrebbe gradito. Il suo accredito presso il Dipartimento stampa del ministero degli Esteri russo, nonché il visto d’ingresso nel Paese, sono stati annullati. Il passaporto britannico è stato restituito a Harding tramite una hostess solo dopo che il giornalista aveva preso il suo posto sull’aereo.
Le relazioni tra Mosca e Londra erano ai ferri corti dal 2006 quando nella capitale britannica fu ucciso col polonio Aleksandr Litvinenko, già spia sovietica perseguitata da Putin che trovò asilo politico nel Regno Unito. A seguito di quell’evento, e della tensione diplomatica che si produsse, i reciproci ambasciatori vennero richiamati in patria ma mai si arrivò a colpire i giornalisti. La Gran Bretagna è il Paese europeo che più si distanzia dalla politica russa, criticandone vieppiù l’operato: dalle guerre in Cecenia e Georgia fino alla limitazione della libertà d’espressione che toccò il suo apice con l’omicidio di Anna Politkovskaja. «Si è trattato di un’azione molto preoccupante che non potrà non influenzare la situazione della libertà di stampa in Russia», ha dichiarato il direttore del “Guardian”, Alan Rusbridger, mentre Harding ha scritto nel suo blog di «rimpiangere la necessità di abbandonare la Russia in quelle circostanze».
Per il momento il Cremlino non ha fornito alcuna spiegazione ufficiale riguardo ai motivi dell’espulsione. In una conversazione telefonica il titolare del Foreign Office di Sua Maestà, William Hague, ha chiesto spiegazioni sul caso Harding al capo della diplomazia russa, Serghej Lavrov, che ha dichiarato di non essere al corrente della vicenda. L’agenzia stampa governativa Ria Novosti ha dichiarato che «Harding era stato messo sulla lista delle persone non gradite su richiesta di un’importante struttura statale della Russia». Quale sia questa “importante struttura” non è dato saperlo ma, secondo i britannici, si tratterebbe nientemeno che dell’Fsb, il servizio di sicurezza (ex Kgb) russo.
In precedenza Harding aveva già avuto dei problemi piuttosto seri con le autorità russe: era stato fermato dalla polizia nella repubblica caucasica dell’Inguscezia, dove il giornalista del Guardian si era recato per raccogliere delle informazioni sulle attività della guerriglia indipendentista islamica. Aveva poi intervistato in Daghestan il padre di una delle due donne kamikadze che nel marzo 2010 si fecero saltare in aria nella metro di Mosca. A rendere Harding poco gradito erano anche le sue rivelazioni, ottenute da una fonte dell’ambasciata americana, sul fatto che Putin fosse il mandante occulto dell’omicidio Litvinenko. I media russi non escludono l’esistenza ai vertici della Russia di una specie di “opposizione” al processo di normalizzazione delle relazioni tra Mosca e Londra, che negli ultimi anni aveva offerto l’asilo politico a molte persone, ricercate dal Cremlino, tra cui uno dei leader dei separatisti ceceni, Akhmed Zakaev.
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