Contrariamente a quanto spesso si pensa, l’islam non ha mai cercato di estirpare con la spada le altre religioni. Pur marginalizzando, penalizzando, e in alcuni periodi anche perseguitando i membri di altre fedi, la dominazione musulmana ha permesso di mantenere in vita per oltre un millennio, nei territori conquistati, una sorprendente pluralità religiosa, impensabile nell’Europa pre-illuminista. Cristiani e ebrei hanno potuto così godere per secoli, sotto la mezzaluna, di una libertà che solo il colonialismo, il nazionalismo e il conflitto arabo-israeliano hanno purtroppo spezzato.
Nel caso dell’Iran, l’esempio più lampante di queste antiche sopravvivenze è senza dubbio quella degli zoroastriani, comunità tuttora presente nella Repubblica islamica. Seguaci della religione fondata dal profeta Zarathustra (o Zoroastro, come meglio si direbbe) vissuto verosimilmente tre la fine del VII e la metà del VI secolo a.C., gli zoroastriani sono gli ultimi eredi della grande tradizione religiosa dell’Iran pre-islamico. La fede predicata da Zarathustra fu infatti per lungo tempo religione di stato prima dell’invasione araba, e rimase una presenza significativa del panorama iraniano ancora fino al IX secolo almeno della nostra era.
Un universo religioso, quello zoroastriano, che ha a che fare con noi più di quanto si immagini. Sia l’ebraismo che il cristianesimo, infatti, hanno ereditato da esso alcuni degli aspetti fondamentali della loro dottrina. Fra gli altri: l’idea di un salvatore (detto Saoshyant) che, come il Cristo, giungerà alla fine dei tempi, sconfiggendo definitivamente il male prima della resurrezione dei morti; un aldilà diviso in paradiso, inferno e in una zona intermedia riservata a quelle anime per cui le colpe e i meriti si equivalgono, un po’ come nel nostro purgatorio; un angelologia assai ricca; l’idea del tempo come “storia della salvezza”, che porterà infine a compimento il destino dell’uomo e del cosmo.
Anche le linee essenziali di questa antica fede, a ben vedere, non paiono così lontane dal nostro modo di intendere la religione. Un dualismo metafisico, al centro del quale vi è un dio supremo, detto Ahura Mazda (‘il Signore Saggio’), creatore e benefico, che si oppone alle forze del male personificate da Ahriman (‘lo Spirito Maligno’), destinate a soccombere dopo 12.000 anni di storia universale. Il tutto intriso di un forte senso morale, che si riassume per i fedeli nell’osservanza assoluta della formula “buoni pensieri, buone parole, buone azioni”. Gli zoroastriani credono inoltre in un giudizio individuale delle anime, per cui ognuno di noi sarà giudicato in base ai propri meriti e colpe.
Un aspetto più “esotico” di questa religione riguarda invece il destino del corpo dopo il decesso: dato che la morte e la decomposizione devono essere tenute lontane dagli elementi della creazione divina, le salme secondo gli zoroastriani non possono essere sepolte o bruciate. Queste vengono perciò esposte a diversi metri di altezza su apposite costruzioni (dakhma), note anche come ‘torri del silenzio’, dove gli avvoltoi ne divorano la carni; le ossa invece vengono conservate in ossari. Un altro elemento caratteristico di questa fede è senza dubbio il fuoco, il più importante simbolo di questa religione, venerato dagli zoroastriani come manifestazione della potenza divina. Da ricordare è anche l’Avesta, il loro libro sacro, o per meglio dire una raccolta di testi composti in diversi periodi,
I seguaci di Zarathustra ancora presenti in Iran sarebbero, secondo il censimento del 2011, 25.271. Il che rappresenta un ottimo dato, l’unico in crescita – relativamente alle minoranze religiose – rispetto al censimento del 1976 (l’ultimo effettuato prima della rivoluzione islamica), quando gli zoroastriani nel paese ammontavano alla cifra tonda di 21.400. Come i cristiani (assiri e armeni) e gli ebrei, anche gli zoroastriani hanno un loro rappresentante nel Parlamento iraniano, il Majles, e sono riconosciuti e tutelati come minoranza religiosa dall’art. 13 della Costituzione del 1979.
La comunità zoroastriana numericamente più rilevante si trova oggi in India, dove nel VII secolo molti iraniani emigrarono in seguito all’invasione araba. Fra i più celebri membri di questa comunità si ricordano il direttore d’orchestra Zubin Metha e il vocalist dei Queen Freddy Mercury (al secolo Farrokh Bulsara). Molti si trovano oggi negli Stati Uniti, in Europa, in Australia, e nei molti centri della diaspora iraniana.
In realtà, la tolleranza dell’Islam immediatamente successiva all’espansione araba fu più una contingenza che una regola. Ai conquistatori arabi serviva l’appoggio delle élites locali (cristiane, ebree e persiane), che assolvevano anche funzioni di traduttori, diplomatici e scolari (in particolare, tutta la cosidetta scienza araba era preesistente all’espansione araba, e attribuire agli arabi il merito di aver conservato e tradotto gli scritti greci è insensato, in quanto tali testi si sarebbero certamente conservati senza la rottura dell’unità del Mediterraneo, così come gli scambi culturali. Quindi, si può dire che gli arabi abbiano avuto la loro parte come responsabili dell'”età buia”). L’unica cosa positiva che hanno causato gli arabi fu la creazione un’unità politica dalla Spagna all’India, che portò nel Mediterraneo molte novità, come i numeri indiani.