Da BUDAPEST – Nel primo giorno operativo dell’anno, il 2 gennaio, Budapest è tornata in piazza contro il governo Orbán guidata dal gruppo “MostMi!” (Noi, adesso!) e lo farà di nuovo il 10 gennaio con la direzione di un altro dei gruppi civili che stanno fiorendo sempre più numerosi, favoriti dalla facilità di lanciare un movimento via facebook. A sollevare le proteste sono gli ultimi provvedimenti della Fidesz, che ha perso punti alla fine del 2014 ma resta l’unica formazione numericamente in grado di governare il Paese.
Tra le questioni “calde”, oltre al rapporto con gli Stati Uniti e la politica “orientalista”, le modifiche alla legge sull’associazionismo, per cui è stata sollevata subito l’allerta sulla libertà di associazione. Il 2 febbraio invece “MostMi!” ha lanciato un evento in concomitanza con la visita ufficiale di Angela Merkel al Parlamento ungherese. Il messaggio per la cancelliera tedesca sarà una decisa affermazione di attaccamento all’Europa, con la quale il governo Fidesz ha dall’inizio un rapporto controverso.
Gli ungheresi in piazza da ottobre
In Ungheria dimostrazioni contro l’esecutivo si susseguono a intervalli prestabiliti dal 26 ottobre, quando un numero record di circa 100mila manifestanti si sono riversati sulle strade e sui ponti per opporsi alla modifica della legge sulle telecomunicazioni che avrebbe comportato una tariffa aggiuntiva sul traffico internet. Tale misura è stata poi congelata dallo stesso Orbán.
Nel frattempo la situazione si è scaldata di nuovo quando il capo dell’autorità fiscale, Vida Ildiko, ha ammesso di essere uno dei cittadini ungheresi che non sarebbero idonei a ricevere il visto per gli Stati Uniti per motivi che, secondo quanto comunicato dall’Ambasciata USA d Budapest, si legano a sospetti di corruzione. L’effetto della vicenda è stato forte ed è risultato, insieme ad alcune modifiche al sistema fiscale e alla legge sui grandi supermercati, in un calo della popolarità della Fidesz, la formazione di centro-destra in carica dal 2010, con rinnovo del mandato alle elezioni dello scorso aprile.
A dicembre nel mirino è entrato il preannunciato emendamento della legge sull’associazionismo e sulle manifestazioni pubbliche. Secondo il governo servono regole per stabilire cosa è lecito fare e cosa non lo è, durante una dimostrazione. Ad esempio, ha puntualizzato il vice capo del comitato di legislazione del Parlamento Gergely Gulyas, piantare delle tende di fronte al Parlamento e pretendere di mantenerle per settimane o mesi è illegale.
L’anti-politica senza risposte
La mobilitazione del 2 gennaio è stata meno numerosa delle altre, complici le festività natalizie e il clima rigido di questi giorni, ma porta comunque un carico di riflessioni degne di attenzione. Tra queste quelle sul sentimento di anti-politica che da anni attraversa il Paese, a prescindere dal colore dei partiti che lo governano. Una sfiducia che è stata ribadita dagli organizzatori dell’ultima manifestazione, che accusano i partiti, tutti, e la pubblica amministrazione.
Chi partecipa chiede le dimissioni di Viktor Orbán e una “libera Ungheria”, ma all’aggregazione partita dai social e concretizzatasi nelle manifestazioni non si associa un programma, almeno per il momento. Resta dunque da vedere se le denunce degli elettori saranno raccolte e usate come stimoli da una formazione politica esistente o nuova, o se invece resteranno striscioni e malcontento da portare in giro per la città ogni tanto. La piazza si muove e fa rumore, ma di risposte, ancora, non se ne sentono.
Complimenti per l’autrice dell’articolo, preciso, equilibrato e informativo.
Auguri di buon anno a tutta la redazione
Roberto Ruspanti
docente di Lingua e letteratura ungherese nell’Università di Udine
direttore del CISUECO (Centro interuniversitario di studi ungheresi e sull’Europa centro-orientale), sito web: http://host.uniroma3.it/associazioni/cisueco/
Gentile Dr. Ruspanti, La ringrazio molto per i Suoi complimenti. Un buon anno anche a Lei. Claudia