La Grecia si appresta ad eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. E’ notizia di qualche giorno fa, infatti, che il premier Antonis Samaras ha deciso di voler anticipare l’elezione del presidente – prevista a febbraio – candidando Stavros Dimas, 73enne ed ex commissario Ue, e fissando la data al 17 dicembre.
La decisione è arrivata all’indomani dell’“ok” incassato dal governo al budget 2015, parziale successo in quanto il premier stesso ha dovuto ammettere che il piano di salvataggio della Troika non si chiuderà a fine anno – come sperato – ma dovrà essere rinnovato agli inizi del 2015. Samaras, con ogni probabilità, sperava di poter chiudere qui la triste esperienza della Troika, in modo tale da incassare il successo e avviarsi verso le elezioni con una maggior tranquillità, visto lo scarso credito che – al momento – gode tra la popolazione. Le “sfortunate” vicende, però, gli hanno negato questa possibilità e il premier, invece di aspettare ancora un paio di mesi, con il rischio di lasciare tempo a Syriza di fare campagna elettorale contro il suo governo, ha preferito anticipare le elezioni presidenziali – approfittando comunque del voto positivo dato al budget del prossimo anno – e giocarsi “il tutto per tutto”.
Ma sarà tutt’altro che facile; difatti il candidato Dimas raccoglie, al momento, solo i voti di Nea Demokratia – il partito del presidente – e del Pasok – il principale alleato di governo. Sommando tutti i voti di chi ha espresso parere favorevole al bilancio dello Stato – più, forse, altri nove contrari alle elezioni anticipate – si arriverebbe in tutto a 164 voti, troppo pochi per garantire la vittoria di Stavros Dimas, dal momento che ne serviranno almeno altri 16 per raggiungere la soglia di sicurezza, ovvero 180. Infatti, nelle prime due tornate sarà necessaria una maggioranza di almeno 200 dei 300 deputati greci, mentre per la terza votazione ne saranno necessari, appunto, “solo” 180. Ma il governo ha una maggioranza di appena 155 deputati e difficilmente potrà imporre il suo candidato.
La scelta di Dimas è molto delicata perché nonostante il ruolo del presidente della Repubblica sia quasi di rappresentanza, secondo la costituzione greca, se il parlamento non riuscisse ad eleggere il nuovo presidente entro tre votazioni, Karolos Papoulias, presidente in carica, dovrebbe sciogliere le Camere e indire nuove elezioni, che si terrebbero a inizio anno nuovo.
La notizia ha creato forte trambusto tra i creditori finanziari esteri, tanto che la borsa di Atene ha segnato un -12%, trascinando con sé tutte le maggiori piazze finanziarie europee. Il timore è che le elezioni anticipate conducano Syriza alla vittoria e che il partito di Tsipras annulli – come promesso – gli accordi imposti dalla Troika e sottoscritti dal governo uscente.
I sondaggi danno Syriza in ascesa, ma i problemi anche qui non mancano. Difatti, Syriza da sola non riuscirebbe – presumibilmente – a vincere con un netto distacco, dal momento che raggiungerebbe a malapena la quota di preferenze ottenuta nelle europee dello scorso maggio (il 26.5% dei voti contro il 22.7% di Nea Dimokratia). Ciò significa che il partito di Tsipras non potrebbe formare un governo monocolore e attuare il proprio programma. A questo punto, visto che non intende collaborare con Nea Dimokratia né con il Pasok, per formare un governo di coalizione non gli resterebbe che trovare alleati tra i partiti minori dell’opposizione, troppo deboli per dare il giusto sostegno al partito. Dunque, sembra che Syriza stia cercando di sfruttare la situazione sia per acquisire maggior appeal presso la popolazione, sia per premere su BCE, UE e FMI affinché mollino la presa sul Paese, mostrando loro uno scenario tutt’altro che idilliaco per le tre istituzioni.
Lo “schema”, d’altra parte, non sarà utilizzato solo dal partito di sinistra; difatti, la candidatura di un politico pro-euro – oltretutto ex commissario Ue – potrebbe essere l’arma segreta dell’attuale primo ministro Antonis Samaras, che in Stavros Dimas vede un mezzo per costringere i creditori internazionali ad essere più indulgenti sul pagamento del debito greco.
Insomma, i giochi in Grecia sono appena iniziati e sono già parecchio ingarbugliati. I mercati finanziari – manovrati dai soliti burattinai – hanno subito cominciato a impaurire i greci per indurli a continuare sulla strada dell’austerity – o delle riforme, come va di moda dire oggi. In ogni caso, se tutto andrà come sembra, a febbraio i cittadini saranno chiamati ad eleggere un nuovo governo e a scegliere tra lo status quo – con Nea Demokratia e Pasok – e un destino molto incerto – con Syriza -, rischiando, in quest’ultimo caso, di venir attaccati da Troika e finanza mondiale e correndo il rischio di affondare definitivamente. O di liberarsi una volta per tutte.