di Giovanni Elia
All’indomani dell’elezione di Klaus Iohannis a presidente della Romania, la frase che ri(n)corre tra i media, i social network ed i cittadini romeni è una sola: “nessuno se l’aspettava”. Già, perché al di là del 10% in più che Victor Ponta aveva ottenuto durante il primo turno elettorale dello scorso 2 novembre, cifra ribaltata domenica scorsa (54,5% Iohannis e 45,49% per Ponta), la vittoria dell’attuale premier sembrava un fatto scontato, ineccepibile, immodificabile.
Non è stato così! Se è pur vero, infatti, che la politica è costituita anche da numeri e sondaggi, è altrettanto vero che esistono sempre le cosiddette varianti, ovvero quelle imprevedibili componenti che modificano l’andamento del risultato finale. In Romania, nell’ambito di queste elezioni presidenziali 2014, è forse possibile identificare, e di conseguenza analizzare, due principali varianti: Klaus Iohannis e la voglia di cambiamento espressa dai romeni, soprattutto dai giovani, mediante il voto e non soltanto con esso.
Per molti, incluso il suo elettorato, Klaus Iohannis, candidato ACL, era una sorta di enigma irrisolto. Sindaco indiscusso da ben tre mandati della città di Sibiu, appartenente alla minoranza sassone, attorno alla sua candidatura vi erano non pochi dubbi, soprattutto alla luce del clamoroso flop nelle presidenziali del 2009. Eppure, questa volta, la sua linea ha prevalso. Il mantenere un basso profilo senza mai attaccare gli avversari, bensì spiegando il suo programma ed evitando di abbandonarsi a facili promesse, il non alzare i toni durante un campagna elettorale dai “mille” argomenti (vedi ad esempio i rapporti con l’Ue, la legge sull’Amnesty, le istanze di autonomia della minoranza ungherese, le modalità di utilizzo delle risorse minerarie, la distribuzione delle imposte, le condizioni salariali e non ultimo il caso della “diaspora”, ovvero il voto dei romeni all’estero), sono tutti comportamenti che, alla lunga, hanno premiato Klaus Iohannis.
Una vittoria, quella del nuovo presidente della Romania, che non può e non deve essere minimizzata al successo del centrodestra sul centrosinistra di Victor Ponta, poiché assume un valore non soltanto politico, ma anche culturale e sociale in quanto espressione di una nazione che esige e muove verso un richiesto e sentito cambiamento. Non può passare inosservato, infatti, come, alla resa dei conti, i cittadini romeni, al messaggio nazionalista della “Grande Romania”, proposto dal premier Victor Ponta, abbiano preferito un candidato che è rappresentante di una minoranza etnica quale, in questo caso, quella tedesca. Non può passare inosservato, come in un Paese dalla tradizione ortodossa abbia vinto un evangelico luterano. Tutti elementi che nella loro apparente ordinarietà dimostrano come, pur di spezzare quella lunga serie di fallimenti politici contrassegnati negli ultimi anni da corruzione e instabilità governativa, il popolo romeno sia stato questa volta capace di scardinare paradigmi fino ad oggi concepiti come imprescindibili.
Rompere col passato e virare verso una nuova politica. Queste, dunque, alcune delle principali motivazioni che hanno convinto i romeni a votare Iohannis. In tal senso, non è una semplice coincidenza notare che a condurre Klaus Iohannis a Palazzo Cotroceni sia stato una fetta di elettorato assolutamente giovane, inclusa in una fascia di età che va dai 18 ai 34 anni, ben il 38%, e tra i 35 e i 49 anni, equivalente al 32%. Giovani per lo più frequentanti l’università o le scuole superiori (47%) o laureati (26%). Inoltre, nel voler continuare ad analizzare le percentuali del voto, emerge come Iohannis sia stato preferito soprattutto nelle zone urbane (60%), in tutta la Transilvania, così come era accaduto a grandi linea durante il primo turno, e questa volta anche nei distretti di Bucarest, Prahova, Tulcea, Costanta e Iasi. Rilevante, e altra differenza rispetto all’andamento del voto dello scorso 2 novembre, è la conquista da parte di Iohannis delle contee di Harghita e Covasna, dove il partito di minoranza magiara, l’UDMR, è senza ombra di dubbio incontrastato padrone. A conferma di come anche la minoranza ungherese, contravvenendo ai diktat del suo leader Kelemen Hunor, si sia sentita maggiormente rappresentata dal sindaco di Sibiu e non dal premier Victor Ponta.
Tuttavia, come ad inizio accennato, i romeni hanno manifestato la propria volontà di cambiamento non soltanto mediante il voto per Iohannis, ma anche mediante eventi di protesta contro l’attuale premier Victor Ponta che si sono susseguiti per tutta la giornata di domenica scorsa in diverse città della Romania, come Cluj e nella capitale Bucarest. Manifestazioni di protesta ma anche di solidarietà verso tutti quei cittadini romeni residenti all’estero, che anche questa volta, nonostante tutte le promesse dell’esecutivo di governo, hanno avuto difficoltà o non hanno potuto votare. Ma tant’è. Adesso speranze e aspettative dei romeni sono riposte in Klaus Iohannis, su di lui la responsabilità e il compito di rappresentare e attuare la voglia di riscatto e di cambiamento di un’intera nazione.