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BULGARIA: Borisov di nuovo in sella. Formato un governo di minoranza

L’espressione maggioranza bulgara ha avuto un discreto successo giornalistico, laddove si voleva indicare una schiacciante vittoria alle elezioni che dimostrava una superiorità di forza formale più che reale. Questo poteva avere un senso nella Bulgaria comunista, ora non più. Oltre a registrare un’affluenza bassa alle urne (comunque tipica dei Paesi dell’ex blocco sovietico) la frammentata situazione partitica, dove è difficile ottenere una maggioranza, non permette una agevole composizione del governo.

Il governo di Plamen Orešarski è nato il 29 maggio del 2013 proprio per mancanza di una maggioranza necessaria in Parlamento. La vittoria del blocco conservatore alle elezioni europee del 25 maggio del 2014 (il GERB di Borisov da solo ha ottenuto sei seggi per il PPE), unitamente a una crisi economica dovuta al rialzo dei prezzi dell’elettricità di consumo e uno scandalo sulle risorse di liquidità che ha investito una delle maggiori banche d’investimento della Bulgaria, ha decretato la fine del governo Orešarski. Le elezioni sono state decise già agli inizi dell’estate del 2014 (i sondaggi già a luglio davano il GERB di Borisov in vantaggio sugli altri partiti) e il governo, ormai privo di ogni base di consenso sia in Parlamento che nelle piazze, ha rassegnato le proprie dimissioni il 6 agosto.

Le elezioni, fissate per il 5 ottobre sono state caratterizzate da un mal celato scetticismo, un diffuso malcontento e una campagna elettorale fiacca, priva di contenuti reali e povera di dibattito: a questo si unisca una già scarsa partecipazione elettorale. Le elezioni hanno dimostrato quanto sia frammentata la situazione dei partiti in Bulgaria. Nonostante il GERB guidato dall’ex premier Bojko Borisov abbia ottenuto la maggioranza dei voti, non è riuscita nell’intento di superare l’impasse politica e poter governare in autonomia all’interno di un sano dibattito democratico.

Dopo aver vagliato varie ipotesi di coalizione, Bojko Borisov ha comunicato di voler tentare di formare un governo di minoranza con la coalizione Blocco Riformatore (RB), in modo tale da evitare nuove elezioni da effettuarsi, in caso, durante l’inverno venturo. Con questa alleanza si andrebbero a sommare agli 84 seggi conquistati dal GERB altri 29 ottenuti dal RB. Quest’ultimo ha inoltre posto la condizione di far partecipare anche il Fronte Patriottico (NFSB), il quale porterebbe ulteriori 19 seggi, e a questi si aggiungeranno, inoltre, gli 11 seggi del partito Alternativa per il Risorgimento della Bulgaria (ABV). Dopo intensi colloqui, in cui il RB ha ottenuto, nel progetto di governo di Borisov, sei seggi ministeriali, il NSFB ha ritirato il proprio sostegno a causa di divergenze con il programma di governo portato avanti dal GERB.

Il giorno successivo, il 6 novembre, GERB e RB hanno sottoscritto l’accordo di governo nel primo pomeriggio, ad essa è seguita una medesima dichiarazione che aggiungeva, inaspettatamente, l’appoggio esterno alla formazione del nuovo governo da parte del NSFB. Il Fronte Patriottico ha altresì spiegato il cambio di rotta sostenendo, nelle parole di uno dei leader Valeri Simeonov, che il partito si riserverà il diritto di non approvare le questioni che non rispetteranno le consultazioni avute nel mese precedente.

Un’alleanza fragile alla quale Borisov cercherà di far fronte aggiungendo alla coalizione di governo anche l’ABV, il cui leader, Ivaijlo Kalfin, ha ottenuto il posto di quarto vice-ministro e di ministro per il Lavoro e le Politiche Sociali. Il parlamento ha quindi espresso voto favorevole, e il nuovo governo si è insediato il 7 novembre: il GERB, oltre ad avere il controllo del premierato, ottiene dieci ministeri, il Blocco Riformatore sei ministeri mentre l’ABV, con Kalfin, soltanto uno.

Chi è Gianluca Samà

Romano, classe 1988, approda a East Journal nel novembre del 2014. Laureato in Relazioni Internazionali presso l'Università degli studi Roma Tre con una tesi sulle guerre jugoslave. Appassionato di musica, calcio e Balcani.

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