Fondato nel 1943, in pieno contesto bellico, il quotidiano bosniaco Oslobođenje [letteralmente “Liberazione” N.d.T.] si troverà nel 1992 a confrontarsi nuovamente con il clima di guerra, con l’imperativo di condurre ancora una volta il paese alla “liberazione”, di cui porta il nome.
Nel 1993 per l’assidua determinazione dei suoi collaboratori, il giornale fu premiato in Gran Bretagna da BBC e Granada TV come “Miglior giornale al mondo dell’anno” e il suo caporedattore Kemal Kurspahic, fu insignito del secondo premio come “Miglior caporedattore al mondo” dall’agenzia WordPress. “Mentre la guerra infuria intorno e mentre il loro edificio viene abbattuto” affermava l’agenzia WordPress alla premiazione “non è rimasto nient’altro che i ricordi di una vita normale; e loro sono sempre lì a stampare il giornale ogni singolo giorno”.
Nei quattro anni di assedio Oslobođenje riuscì ad andare in stampa ed essere distribuito quotidianamante, proprio quando i rifornimenti mancavano, il foraggiamento dei materiali pareva impossibile, gli spostamenti in città mettevano a repentaglio le vite dei suoi collaboratori e la sede storica veniva bombardata dai cosiddetti “bauhausiani” – gli assedianti, così chiamati per la costante distruzione che apportavano all’edificio come “nuova forma artistica”-.
Già dall’ agosto 1992, in seguito a una conferenza tenutasi a Londra sulla Ex Jugoslavia, dove veniva annunciato il “bilancio nero dell’informazione in Bosnia” – con 27 giornalisti uccisi in un solo anno –, la Associated Press dichiarò Sarajevo come il posto più pericoloso al mondo per i giornalisti. Da giugno 1992 inoltre, l’edificio fu più volte soggetto ad attacchi dalle colline, fino al settembre dello stesso anno in cui i due grattacieli della sede si accartocciarono su se stessi lasciando in piedi solo la torre degli ascensori. I suoi collaboratori iniziarono quindi a scrivere dai sotterranei dell’edificio, spostandosi poi in stabili privati, dove pernottavano per giorni evitando così il rischio di essere colpiti dai cecchini.
Il giornale riuscì, grazie alla collaborazione e attenzione di agenzie estere –tra cui Reporters Sans Frontieres– a continuare ad informare, a fare pressione internazionale per l’intervento estero e gli aiuti umanitari e a fare formazione ai giornalisti stranieri, spesso non abbastanza informati sulle dinamiche e specificità locali. Nel 1994 Oslobođenje venne stampato anche in lingua inglese per dare agli osservatori stranieri una rassegna dei migliori articoli e permettere una migliore comprensione del nodo bosniaco. La collaborazione del Los Angeles Times e Refugee International furono determinanti ma il cosiddetto “miracolo quotidiano”, secondo le parole dell’UNESCO alla premiazione del 1994, era stato compiuto: Oslobođenje si era battuta quotidianamente insieme al suo popolo per il ritorno alla pace e alla normalità.
“Oslobođenje va avanti” (Tratto da: Oslobođenje, 22 dicembre 1992, Redazione) Traduzione: Giovanna Larcinese
Questo numero del nostro giornale si mostra come non lo è mai stato in passato. Non è per il formato, non per il colore della carta o per le modalità di stampa, quello che vedete oggi non è l’Oslobođenje che conoscete ormai da circa 50 anni. E comunque, e forse proprio per questo, questa è “liberazione” (Oslobođenje, NdT) – e come tempo fa ha affermato Sidran – “è la liberazione che salva il proprio nome”, che può sì cambiare nelle sue caratteristiche esterne, ma non nella sua anima.
Gli organizzatori dei grandi giochi contro la Bosnia Erzegovina ci hanno forzato contro le nostre vite e contro i diritti umani e gli standard civili, a mostrarci in queste condizioni in cui ci vedete. E domani, probabilmente, saremo ancora diversi.
Cambierà il colore della carta, l’aspetto e i caratteri delle parole, ma Oslobođenje rimarrà, e costantemente, in lotta per la verità, per il conseguimento della libertà e per la dignità della parola pubblica: Oslobođenje andrà fino in fondo.
Se siamo riusciti a sopravvivere all’edificio abbattuto e a stampare il giornale nella fuga dai cecchini, supereremo in astuzia anche quelli che tollerano la chiusura dell’elettricità, dell’acqua e delle comunicazioni, e adesso anche dell’informazione, cosa che aumenta la pressione su tutti noi. Oslobođenje ha il suo plotter e il suo impianto a mano alimentato a nafta.
Gli amici da tutto il mondo si sono impegnati per rifornircene. Di contro, gli attori delle organizzazzioni internazionali e di organizzazioni facenti parte delle Nazioni Unite, da settimane, non desiderano altro – per differenti ragioni – che il nostro giornale non arrivi in città.
Abbiamo provato tutto ciò che era in nostro potere, abbiamo spiegato, pregato, richiesto, richiamato al diritto e alla reciprocità, e niente. L’embargo per l’entrata della la carta in Serbia non va bene, per le “difficoltà del mandato” l’ONU non riceve neppure le notizie serbe. Il problema è uno, Oslobođenje, la liberazione. Non solo per essa stessa, ma per le reali e scandalose relazioni del mondo con i diritti umani elementari che si stanno manifestando nel qui ed ora. La redazione e la tipografia, come fino ad oggi, troveranno il modo per far arrivare Oslobođenje al suo giusto posto, ovvero nelle mani dei lettori. Sarà di questa o quella carta, di questo o quel colore, in piccolo o gran formato ma non importa. Sarà Oslobođenje (Liberazione), che è la più grande battaglia per il nome che si è già conquistato. La ragione per la ricerca della carta intorno a noi già non esiste più. Alla ricerca di carta, molto presto, ci andremo da soli, dove sia sia.
“Oslobodjenje” era un quotidiano “come si deve” fino al 1990! Te credo che e’ stato premiato negli anni dopo, per sostenere la tanto cara allo zio Sam,causa bosgnacca, gia’ musulmano bosniaca!
Oslobodjenje è stato premiato per la caparbietà dei suoi collaboratori, vorrei vedere chiunque altro in una situazione del genere… che poi nel tempo abbia preso una piega “bosgnacca” è stato dovuto alla scelta di alcuni redattori di andarsene da Sarajevo, non sono stati di certo cacciati dalla redazione!