di Giovanni Elia
Il prossimo presidente della Romania sarà scelto tra Victor Ponta e Klaus Iohannis. Questo il responso del primo turno elettorale, andato in scena domenica 2 novembre, al quale, adesso, così come previsto dalla Costituzione romena, seguirà un ballottaggio tra i primi due candidati. Le cifre scaturite dalle urne dicono che Victor Ponta, candidato di UNPR-PSD-PC (centrosinistra), attuale primo ministro, nonché grande favorito per la vittoria finale, ha ottenuto il 40.44%. A seguire, con il 30.37%, Klaus Iohannis, candidato di ACL (Alleanza Cristiana Liberale), leader del Partito Nazionale Liberale (PNL, centrodestra), e sindaco della città di Sibiu da ben tre mandati.
Hanno, dunque, trovato piena conferma i pronostici della vigilia che designavano Ponta e Iohannis come i pretendenti assoluti per lo sprint finale a Palazzo Cotroceni. Ma tra pronostici e dati effettivi, nel tentativo di delineare quali scenari potrebbero aprirsi in vista del secondo e decisivo turno elettorale, è innanzitutto importante analizzare le dinamiche elettorali che hanno contraddistinto il primo round.
Erano oltre 18 milioni i romeni chiamati al voto, ma alla resa dei conti sono stati 9.5 milioni coloro i quali hanno esercitato tale diritto. Un dato pari al 53,17%, che altresì significa un calo di affluenza rispetto alle precedenti presidenziali del 2009, quando alla chiusura dei seggi aveva votato il 53,52% degli aventi diritto. Sulle 41 contee presenti in Romania, l’affluenza più alta è stata registra a Ilfov, con il 65,38%, mentre la più bassa è risultata essere a Satu Mare, con il 42,81%. Rispetto alle elezioni del 2009 è, tuttavia, rilevante sottolineare alcuni dati positivi: l’aumento degli elettori nelle zone rurali, passato dal 51,64% al 53,21%, una maggiore affluenza in Transilvania, e la percentuale di giovani al voto, pari al 51%. Un dato, quest’ultimo, che se rapportato al misero 44% raggiunto cinque anni fa, diventa piuttosto significativo e dimostra, probabilmente, una maggiore coscienza sociale e politica assieme alla voglia di cambiamento presente adesso nella nuova generazione romena.
Detto ciò, puntando la lente di ingrandimento sulle percentuali di voto ottenute da Ponta e Iohannis, è possibile notare come la Romania si sia quasi spaccata in due. Da un lato, infatti, è stato chiaro il successo ottenuto da Klaus Iohannis nella zona centro-occidentale del Paese, nella fattispecie, in Transilvania, dove il candidato ACL ha conquistato 7 delle 10 contee presenti, e nel Banato, con la conquista della contea di Timisoara. In tutto sono state 16 le contee portate a casa da Iohannis, il quale ha naturalmente stravinto nella sua Sibiu, dove ha ottenuto il 69,87% delle preferenze, facendo peraltro registrare la maggiore distanza dal suo rivale. Dall’altro lato, invece, Victor Ponta ha fatto bottino pieno nella restante parte della Romania. Eccezion fatta per le due contee a maggioranza ungherese, Harghita e Covasna, dove ha nettamente vinto il candidato del partito della minoranza ungherese UDMR, Kelemen Hunor, rispettivamente con il 62,97% e 50,41%, l’attuale primo ministro romeno ha, infatti, prevalso ovunque, ottenendo la maggioranza delle preferenze nelle altre 26 contee. La percentuale più alta a favore di Ponta è nella contea di Giurgiu, con il 61,32%. In questa selva di dati è da registrare, infine, la quasi parità tra i due contendenti nella contea di Maramures, con Iohannis al 36,55% e Ponta al 36,46.
Adesso, in vista della sfida finale, la domanda principale è: può Iohannis recuperare i 10 punti di percentuale che lo separano da Victor Ponta? Improbabile. Il vantaggio iniziale del primo ministro è senza dubbio ampio. Inoltre, sulla candidatura di Ponta, oltre al quasi sicuro accordo con Calin Popescu Tăriceanu (5,36%), dovrebbero convergere i voti di quegli elettori che domenica scorsa hanno preferito altri candidati, quali Dan Diaconescu (4,03%), Corneliu Vladim Tudor (3,68), Teodor Maleşcanu (1,09%) e Gheorghe Funar (0,47%). In soldoni, quella grande parte di elettorato che si contraddistingue per la forte componente nazionalista. Tutte percentuali che, se sommate, dovrebbero per l’appunto garantire a Victor Ponta la vittoria finale.
Ma se è pur vero che l’esito del ballottaggio sembra essere già segnato, è altrettanto vero che esistono dei margini sui quali Klaus Iohannis può insinuarsi, sovvertendo così ogni sfavorevole pronostico. Il candidato ACL dovrà soprattutto catalizzare le attenzioni di quegli elettori che è possibile suddividere in scontenti, anti-Ponta e indecisi. Senza naturalmente trascurare le possibili alleanze. A tal proposito, Iohannis dovrebbe contare sul supporto dell’elettorato della candidata indipendente Monica Macovei (4.46%).
Nella grande giostra degli apparentamenti pre-ballottaggio si ritagliano un ruolo importante, se non decisivo, le posizioni che decideranno di assumere rispettivamente Elena Udrea, candidata del Movimento Partito Popolare, che ha ottenuto il 5,18%, ed i candidati di riferimento della minoranza ungherese, Kelemen Hunor dell’UDMR (3,47%) e Szilagyi Zsolt del Partito Popolare Magiaro in Transilvania (0,56%). Nel primo caso, al fine di convincere una fetta dell’elettorato di centro-destra, Iohannis potrebbe giocarsi la carta “anti-Ponta”. Tuttavia, fino ad oggi, il presidente uscente Traian Basescu, che sostiene dietro le quinte Elena Udrea, ha sempre attaccato in maniera trasversale sia Ponta che Iohannis.
Diverso il discorso riguardante la minoranza ungherese. Qui la “posta in gioco” è ben chiara a tutti: il disegno di legge concepito dall’UDMR, dove si richiede una redistribuzione amministrativa territoriale che punta all’autonomia delle contee magiare di Harghita, Covasna e Mures. Proposta di legge che Ponta ha promesso di attuare. D’altronde, i parlamentari dell’UDMR hanno in questi anni appoggiato l’attuale premier, facendo parte della coalizione di governo. È comunque da evidenziare, come l’elettorato magiaro ha dato più volte prova di disubbidire ai diktat di partito che, in vista del ballottaggio del 16 novembre, saranno presto resi noti.
Per la vittoria finale, in ultimo, sarà essenziale capire chi Ponta e Iohannis designeranno come futuro premier. Un primo ministro incapace di creare attorno alla sua figura una larga e stabile maggioranza all’interno del Parlamento sarebbe sicuramente mal visto dal popolo romeno, il quale, seppur abituato ad una panorama politico-istituzionale instabile e costellato da momenti di crisi, non vuole di certo rivivere quanto accadde nell’aprile del 2012 con la caduta del governo di centrodestra dell’allora primo ministro Mihai Ravzan Ungureanu.
Intanto, la Romania ha vissuto l’ennesimo caso che ha suscitato grandi proteste da parte dell’opinione pubblica, relativo al voto della “diaspora”, ovvero dei romeni residenti all’estero. Da Parigi a Londra, da Stoccarda a Madrid, passando per Milano, si sono registrate code interminabili che hanno impedito a centinaia di romeni di poter esprime il proprio voto. Sia a Parigi che a Londra si sono registrati momenti di grande tensione, ed è stato necessario l’intervento della polizia per sedare gli animi di chi chiedeva soltanto di esercitare, in piena regolarità e serenità, il proprio diritto al voto. A tal proposito il ministro degli Esteri, Titus Corlăţean, ha affermato che in vista del ballottaggio, d’accordo con il BEC, ovvero l’Ufficio Elettorale Centrale, saranno disposte nuove misure, utili a semplificare le procedure di voto e, dove sarà possibile, l’aumento del numero di seggi elettorali.