Con in media una presentazione di libri ogni quattro giorni, Sarajevo ha dimostrato al mondo, in pieno conflitto, una eccezionale fioritura letteraria e la negazione del proverbio “Inter armas musae silent [Tra le armi, tacciono le muse] . ”A Sarajevo”, come ha affermato Fahrija Trtak, “le muse non tacevano”.
L’attenzione alla letteratura fu favorita certamente da una una maggiore disposizione alla riflessione, alla condivisione e alla catarsi colletiva. Ci si riuniva in scantinati, gallerie, teatri o nei lunghi matinèè del sabato al Kamerni 55, dove avevano luogo reading letterari, di poesie e presentazioni di libri. Nacevano “tanti piccoli Hemingway” sosteneva Susan Sontag, in un contesto capace di forgiare “tanti piccoli successi della letteratura, come lo furono Lord Byron coinvolto nella guerra di indipendenza greca e Ernest Hemingway, sul fronte della prima guerra mondiale”.
In tale scenario nacquero nel 1992 il PEN Klub di Bosnia, un’associazione di scrittori, letterati e appassionati di letteratura e il Krug 99, un circolo di intellettuali sarajevesi con l’obiettivo di promuovere ideali di società civile libera per il ritorno a un’entità multinazionale, multireligiosa e multiculturale.
Intellettuali come Marko Vesovic o Gojko Beric ravvisarono il ruolo che avevano avuto gli intellettuali nella propaganda di guerra: “questa è l’unica guerra pensata e progettata nella mente degli scrittori” [Vesovic]; pertanto “dobbiamo vivere moralmente, con spirito obiettivo o esplicitamente di parte, cose terribilmente difficili in questa sporca guerra”.
I libri in guerra si leggevano, presentavano, scambiavano, barattavano e talvolta anche bruciavano. Ed Erri de Luca ne fece in versi una “Classifica del fuoco”. A seguire un articolo datato 1993 sull’argomento.
“(In)databili scritti. Libri, scrittori e guerra” di Ivan Kodrić (Tratto da Oslobođenje, 22 gennaio 1993), Traduzioni: Giovanna Larcinese
Così come per i piroscafi nelle notti scure i fari hanno rappresentato qualcosa, anche i libri rappresentano, attraverso la storia di ognuno nei tempi bui di guerra, dei testimoni nel crocevia di un’epoca. In quest’età del male, comunque, il libro resta drammaticamente testimone, esso si è convertito in torcia e fiamma, la vecchia biblioteca ha illuminato in modo raccapricciante il cielo sarajevese, nel cui scheletro hanno bruciato carte preziose. Questa triste immagine da seconda guerra mondiale è stata descritta negli ultimi mesi centinaia di volte, in diverse occasioni e in diversi testi.
Molti oggi in questo inferno portano con sè un libro tra le mani, come unica possibilità di sfuggire almeno dalle insopportabili umiliazioni nelle quali ci si trova, così come nel libro Santo, tra armi e trappole venivano ammazzate genti, abbattute case e città, a bruciati templi e librerie.
Ed ecco che il libro si è trovato in uno strano ambiente, oggi giace su un tavolo rotto, al mercato, rimosso da alcuni scaffali oppure buttato fuori da qualche appartamento, libro che si scambia per le sigarette – Borges, cinque pacchi di sigarette! – .
Uno scrittore disturbato prega un venditore indifferente di aspettarlo per almeno un’ora, per poter trovare delle sigarette e completare la sua raccolta di Borges. Quel Borges è lì al mercato da giorni, accanto al dentifricio e al lucido per le scarpe, tra conserve e latte in polvere, e il venditore ha semplicemente perso qualsiasi speranza che qualcuno di questi tempi possa scambiare delle preziose sigarette per dei normali libri. Quelli che non sono stati distrutti dalle granate, bruciati o scomparsi, quelli che non sono stati rubati o fatti saltare in aria, i libri che sono arrivati a questo inverno insomma, finiscono come carburante per le più fantastiche stufe da barbecue, stufe per il boiler e pentole a pressione, barattoli di conserve e bruciatori ricavati da casse di metallo e vecchi frigoriferi.
Invece di finire in libreria, i libri oggi non finiscono che come fiamma e fumo. Invece di riempire scaffali decorati, son divenuti merce di scambio per carbone e legna. Ecco il destino dei libri in questa guerra.
Scrittori e intellettuali fanno una selezione nelle loro ingombranti biblioteche e si salvano la coscienza riscaldandosi con la voluminosa letteratura marxista, che hanno minuziosamente raccolto nei decenni passati. Un libraio che è riuscito a scappare da Grbavica, ha saputo che la sua biblioteca è stata ritualmente incendiata, alla presenza dei cittadini e dell’elite intellettuale di quella parte della città. Ho incontrato l’autrice di famosi dibattiti sulla letteratura nazionale, la dottoressa Dzenana Boturivic, che in questa guerra dove si accendono i libri ha pubblicato un nuovo libro e sfugge alla guerra lavorando giorno per giorno come se intorno a lei nulla si distruggesse, – e come se per tutti fosse normale lavorare il più possibile, focalizzandosi nel lavoro come non abbiamo mai fatto in tempi di pace –. Il suo più grande disiderio è solo quello di procurarsi delle candele, molte candele, per poter leggere e scrivere e quindi quando cala il buio non dover più pensare se arriverà o meno l’elettricità.[…]
E dunque, mentre da una parte si bruciano e perdono libri, da un’altra vi sono dibattiti e reading di poesie, scrivono gli scienziati, i letterati, gli scrittori e i giornalisti. Nella solitudine della innaturale difesa, dopo lunghe e difficili riflessioni scrivono anche quelli che non hanno mai scritto, e di loro probabilmente, dopo questa guerra, scriveranno coloro che hanno letto i loro testi e condiviso il loro stesso destino, e di chi è rimasto qualche scritto.
Nessuna testimonianza forse è inutile. E il libro si riavvicinerà di nuovo al vero significato dei suoi testimoni.
….. bell’articolo, Giovanna, avanti per il prossimo. Roberto