Dopo Russia, Bielorussia e Kazakistan, l’Armenia è diventata ufficialmente il quarto membro dell’Unione Economica Euroasiatica. La firma dell’accordo di adesione, la quale era attesa da tempo, è avvenuta venerdì 10 ottobre a Minsk, in Bielorussia, al termine di un incontro dedicato proprio all’Unione Economica Euroasiatica, tenutosi in seguito al consueto vertice annuale dei capi di Stato della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI).
La decisione di aderire all’Unione Economica Euroasiatica l’Armenia l’aveva presa già da un anno, da quando nel settembre del 2013 il presidente Sargsyan, durante un colloquio con Vladimir Putin, annunciò la volontà del paese caucasico di aderire all’Unione Doganale con Russia, Bielorussia e Kazakistan (allora non era ancora stata creata l’Unione Economica). Le dichiarazioni di Sargsyan, arrivate poco prima del vertice di Vilnius, posero dunque fine alla partita a risiko tra Russia e Unione Europea, entrambe interessate a portare l’Armenia dalla loro parte, dopo che per anni Yerevan aveva mantenuto una posizione ambigua a riguardo.
Migliaia di manifestanti occupano Yerevan
Nonostante in Armenia la maggior parte della gente abbia visto di buon grado l’ingresso del paese nell’Unione Economica Euroasiatica (il 64% della popolazione si è dichiarata a favore dell’adesione), in seguito alla firma che ha sancito l’entrata di Yerevan nell’Unione, decine di migliaia di manifestanti si sono riversati nelle piazze e nelle strade della capitale per protestare contro la decisione del governo. La manifestazione è stata organizzata dai tre principali partiti d’opposizione del paese: Armenia Prospera, Patrimonio e Congresso Nazionale Armeno; mentre tra le fila dei manifestanti era presente anche l’ex presidente del paese Levon Ter-Petrosyan.
Già lo scorso dicembre, in seguito alla mancata firma degli accordi di Vilnius con l’Unione Europea, si verificarono delle manifestazioni davanti al palazzo presidenziale contro la decisione di Sargsyan di voler aderire all’Unione Doganale; ma quella volta si trattò solo di qualche decina di manifestanti, i quali chiedevano al governo di rilanciare i rapporti tra Yerevan e l’Unione Europea. Questa volta le manifestazioni si sono verificate su larga scala, cosa che può apparire insolita per un paese dalle posizioni prettamente filo-russe come l’Armenia.
Nel mirino della protesta non c’è stata solo l’adesione all’Unione Economica, ma ci è finito anche lo stesso presidente Sargsyan, del quale la folla ha chiesto le dimissioni. Il presidente armeno è stato accusato, oltre di aver ridotto il paese a un protettorato russo, di essere il principale responsabile della povertà e della corruzione che attualmente colpiscono lo stato caucasico.
La nuova creatura di Putin
Oltre all’Armenia, l’Unione potrebbe contare presto su di un altro nuovo ingresso: al vertice di Minsk, infatti, anche il Kirghizistan ha dichiarato l’intenzione di voler aderire all’organizzazione entro la fine dell’anno. A questi paesi si potrebbe unire nei prossimi mesi anche il Tagikistan, anch’esso interessato a far parte dell’Unione, mentre secondo Dmitrij Orlov, politologo di Russia Unita, il partito politico di Putin e Medvedev, l’Unione Economica Euroasiatica potrebbe accogliere in futuro anche paesi europei ed asiatici posti al di fuori dello spazio post-sovietico.
L’Unione Economica Euroasiatica, fondata a maggio, entrerà ufficialmente in vigore a partire dal primo gennaio 2015, e servirà a creare un unico spazio economico tra i paesi membri. Evoluzione dell’Unione Doganale, creata per costituire un’organizzazione alternativa all’Unione Europea comprendente i paesi ex-sovietici, e per favorire un’integrazione economica tra i paesi dell’area euroasiatica, l’Unione Economica è vista però da molti come un tentativo da parte di Putin di far ricadere sotto il controllo russo buona parte dell’area post-sovietica, ed evitare che questi paesi fuoriescano dall’orbita di Mosca.
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