BALCANI: Sanzioni e gasdotti, Serbia e Bulgaria al bivio tra Mosca e l’UE

Il recente conflitto russo-ucraino ha avuto risvolti anche nei Balcani ed il già delicato quadro geo-politico e diplomatico rischia di prendere pieghe interessanti. Tradizionalmente in equilibrio, e non solo geograficamente, tra est ed ovest, la regione ha risentito dell’acuirsi dell’opposizione tra il Cremlino e Bruxelles.

A farne le spese sono state, più degli altri paesi, Serbia e Bulgaria giunte in pratica ad un vero e proprio bivio ed indecise se perseguire la tradizionale politica pro-Russia o cedere alle pressioni europeiste, nel caso della Serbia nemmeno così sgradite, considerata la volontà di Belgrado di accedere all’UE.

Dati alla mano, la partnership tra Serbia e Russia è andata perfino cementandosi durante il conflitto e nonostante le sanzioni che Bruxelles ha deciso di imporre sul Cremlino. Le stesse sanzioni che non hanno spaventato Serbia, pronta ad indicare come queste ultime non potranno far altro che apportare benefici all’economia locale, in particolare al settore agricolo, interessato dall’accresciuta domanda russa impossibilitata a trattare con il blocco occidentale:

La Serbia è l’unico paese europeo ad avere siglato un accordo di libero scambio con la Russia: nel 2013, secondo la camera di commercio serba, il 7,2% dell’export nazionale si è diretto verso Mosca, per un valore di circa 65 milioni di dollari e sono 768 le imprese serbe che esportano verso la Russia. L’interscambio totale dei due paesi, che ha un valore di 3 miliardi di dollari circa, nel 2013 è aumentato dell’11,6% rispetto all’anno precedente”.

Il Premier serbo Aleksandar Vucic, dunque, non sembra affatto intenzionato ad abbandonare la corsia privilegiata che, storicamente, collega il paese alla Russia. Inoltre, il progetto South Stream, legato alla distribuzione ed all’approviggionamento del gas, sembra rafforzare tale asse.

L’alt imposto da Bruxelles, che indicava il South Stream come un progetto lesivo della libertà di mercato su cui si fonda l’UE, ha portato la Serbia a firmare un accordo che consentirebbe a Gazprom di costruire comunque il tratto di gasdotto che transiterebbe entro i propri confini.

Lo sviluppo dei suddetti gasdotti hanno, inoltre, caratterizzato la posizione della Bulgaria che, anche avendo nell’UE il suo primo donatore e pur facendo parte di UE e NATO, ha lo sguardo rivolto ad oriente. Il 40% della popolazione, infatti, approva la politica estera adottata da Vladimir Putin in Ucraina e si è espressa contro le sanzioni imposte alla Russia.

La Bulgaria è uno stato paradossale,” ha spiegato dal Centro degli Studi Internazionali di Sofia, Ognian Mintchev. “Appartiene alla NATO e l’UE, ma Mosca ha il controllo completo delle fonti di energia, e l’oligarchia bulgara difende gli interessi economici e strategici russi. Sinistra e destra si trovano d’accordo nel voler realizzare il progetto del gasdotto russo-italiano ‘South Stream’ ”.

La Bulgaria, infatti, si è subito proposta al Cremlino come valida alternativa all’Ucraina, fonte di tanti grattacapi per il colosso del gas Gazprom, ed ora, nonostante l’interruzione della costruzione dei gasdotti avvenuta lo scorso 8 giugno, il progetto andrà avanti.

Il governo di Sofia, che nel frattempo ha indetto elezioni anticipate, svoltesi lo scorso 5 Ottobre, è ora chiamato a dar prova di fedeltà alla Russia, al pari di quello serbo, ma anche a non deludere le aspettative europeiste. Più di ogni altra cosa inoltre, come affermato, dal politologo Daniel Smilov, dovrà saper gestire quello che viene considerato un vero e proprio cavallo di Troia russo all’interno dell’UE pronto a minare l’attuale equilibrio politico-diplomatico europeo.

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2 commenti

  1. …e dirò di più probabilmente la Bulgaria siglerà l’ingresso nel “club'” euroasiatico di cui fan già parte Russia Bielorussia Armenia Kazakistan e forse Tagikistan e attesa anche per Kirghizistan e si ventila l’ipotesi anche della Finlandia paese EU !!

  2. Più che uno “stato paradossale”, la Bulgaria appare essere uno stato conuna dirigenza equivoca.
    Il caso del gasdotto mi appare emblematico. La stampa ha parlato di un mancato inizo dei lavori, ma lo stato non si è espresso ufficialmente in merito.
    Vorrebbe stare in due staffe, ma non potrà durare a lungo.
    Se il gas russo dovesse mancare è la Bulgaria che ne pagherebbe le maggiori conseguenze.

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