Il colpo di stato del 12 settembre 1980 rappresenta uno dei momenti più tragici della storia turca. I militari presero il potere al culmine di una crisi molto difficile per la Turchia, tra stagnazione economica, instabilità politica, e soprattutto una guerra civile strisciante tra gruppi di destra e di sinistra (quasi 5000 morti, circa dieci omicidi politici al giorno).
Nonostante l’intento dichiarato ufficialmente di voler condurre un ruolo super partes per riportare l’ordine e l’unità nel paese, i militari agirono totalmente in conformità con le logiche della guerra fredda. Obiettivo del colpo di stato, così come dell’atteggiamento tenuto dall’esercito nel periodo precedente ad esso, era di assicurare che la Turchia rimanesse saldamente nell’ambito occidentale e atlantico.
Il colpo di stato inaugurò una dittatura militare durata circa tre anni, fino alla promulgazione di una nuova costituzione e la restaurazione di una sorta di democrazia. In questo arco di tempo fu stilata una lista nera comprendente i nomi di 1.683.000 cittadini turchi, circa 650.000 furono arrestati per motivazioni politiche, a 338.000 fu negato il passaporto, circa 14.000 furono privati della cittadinanza, più di 30.000 fuggirono all’estero come rifugiati politici. 3.854 insegnanti furono espulsi dalle scuole e dalle università turche. Ufficialmente furono eseguite solo 50 condanne a morte, ma non è possibile risalire il numero reale delle morti causate dal colpo di stato. Si fece un uso sistematico della tortura e almeno 179 persone morirono come conseguenza delle torture subite. Centinaia di persone morirono in situazioni sospette, e di migliaia si persero per sempre le tracce.
Benché ufficialmente i militari dichiarassero di voler colpire indistintamente tutti coloro che costituivano un pericolo per l’unità e la stabilità del paese, le vittime principali del colpo di stato furono gli attivisti e gli intellettuali di sinistra, contro i quali si scatenò una vera e propria caccia alle streghe. Per contrastare le ideologie comuniste e socialiste, l’esercito stesso si fece portatore di una nuova ideologia di stato, denominata sintesi turco-islamica (türk-islam sentezi), che era stata elaborata in ambienti borghesi e conservatori negli anni ’70. Mischiando la classica retorica occidentalista e patriottica con i valori religiosi dell’Islam, i militari imposero al paese una svolta conservatrice gravida di conseguenze per la storia della Turchia.