UCRAINA: A rischio il cessate-il-fuoco. Cui prodest?

Il fragile cessate-il-fuoco in vigore in Ucraina dallo scorso 5 settembre rischia di cadere sotto i colpi sparati nella regione di Donetsk. Sarebbero sei i morti, vittime degli scontri che hanno avuto luogo intorno all’aeroporto cittadino, attualmente in mano ai soldati di Kiev. L’aeroporto è l’obiettivo sui cui si scatena il fuoco dei separatisti e quello dei governativi, tra questi ultimi particolarmente significativo è l’apporto delle truppe paramilitari (i famigerati battaglioni formati da ultra-nazionalisti attivi accanto all’esercito regolare e in parte confluiti nella Guardia nazionale) che sembrano poco inclini a prendere ordini da Kiev.

Allo stesso modo i paramilitari filorussi non sembrano tutti d’accordo nel cessare le ostilità. Divisioni interne al fronte filorusso si sono registrate dallo scorso luglio con il cambio di alcuni vertici militari. Inoltre testimonianze di reduci filorussi raccontano di diversi gruppi attivi sul fronte ucraino, cui manca un reale coordinamento e una sola guida.

Il cessate-il-fuoco è dunque messo a repentaglio da questi gruppi che, evidentemente, non vedono di buon occhio la tregua. Perché? Per capirlo è necessario prendere in considerazione diverse possibilità. Prima tra tutte l’anarchia in cui versano i due fronti, l’ambizione dei capi piccoli e grandi, le ragioni di bottino, predazione, vendetta. In ogni guerra esiste una componente “privata” che va tenuta in considerazione.

Più interessanti però sono le considerazioni di ordine politico. Il cessate-il-fuoco può essere un modo per ricaricare le armi. E se i separatisti vengono riforniti da Mosca, il cui intervento è ormai evidente (sono russi i soldati catturati dai governativi e scambiati con i prigionieri ucraini lo scorso 26 agosto, come sono russi i blindati che hanno attraversato il confine il 28 agosto), allo stesso modo il governo di Kiev attende le armi della Nato. Il ministro della Difesa, Valery Heletey, ha confermato la consegna di armi da parte dell’Alleanza Atlantica pur escludendone un intervento diretto. I portavoce di Polonia, Italia e Norvegia hanno dichiarato di essere estranei all’invio di armi all’Ucraina, mentre fonti di stampa affermano che le armi arrivino da Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania.

Da mesi l’Ucraina chiedeva a gran voce l’invio di armi moderne e sofisticate tali da far fronte a quelle russe in dotazione ai separatisti. L’invocazione sembra essere stata ascoltata da Washington malgrado questo contraddica le regole della Nato stessa che vietano il supporto a paesi che non sono membri. Un rafforzamento dell’esercito di Kiev, oltre che sgradito ai separatisti, potrebbe ridurre l’influenza dei paramilitari nazionalisti il cui supporto comincia a diventare scomodo a Kiev, anche a causa delle ripetute violazioni dei diritti umani. Far saltare il cessate-il-fuoco sarebbe quindi nell’interesse dei paramilitari ucraini.

Un’altra possibilità è che ai paramilitari ucraini non piaccia la tregua poiché con essa si rischia di congelare il conflitto. Un congelamento del conflitto aprirebbe le porte a trattative diplomatiche che, se da un lato potrebbero riportare la pace nel paese, dall’altro potrebbero vedere l’est del paese consegnato indirettamente alla Russia. Fin dall’inizio del conflitto Mosca chiede una nuova Costituzione per l’Ucraina che garantisca larga autonomia alle regioni orientali in modo da mantenerle sotto la propria influenza, aprendo la strada a future annessioni. E’ la soluzione “alla bosniaca” di cui già abbiamo scritto. E’ quindi possibile che le milizie nazionaliste non vedano di buon occhio la soluzione diplomatica e cerchino di farla saltare.

Non bisogna però dimenticare che la rottura della tregua, e i combattimenti intorno all’aeroporto, sembrano essere stati provocati dai filorussi che, evidentemente, non vogliono rispettarla. E a testimoniare le divisioni interne alla compagine separatista è quanto avvenuto a Lugansk dove, alla notizia del cessate-il-fuoco, le truppe filorusse sono scese in strada improvvisando una parata militare tra il giubilo della popolazione. Hanno sfilato come vincitori. E se davvero la tregua aprirà alle trattative per il riconoscimento dell’autonomia alle regioni in mano ai separatisti, allora avranno vinto loro davvero, con buona pace dell’unità territoriale del paese, e della sua identità.

Foto AFP PHOTO / JOHN MACDOUGALL

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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7 commenti

  1. Circa la fornitura di armi NATO all’esercito ucraino vorrei riportare un passo, proprio dall’articolo citato:
    “Valery Heletey did not give details of the weapons being delivered or name the countries involved.
    A similar statement earlier was denied by five Nato members, including the US”. E, aggiungo io, compresa la Polonia, da sempre in prima linea contro l’aggressione russa.
    Finora confermate sono attrezzature “non lethat”, quindi supporto e protezione, non da combattimento. Altro che i carri armati e i sistemi missilistici russi usati dai famosi “soldati in licenza”.
    Un interessante sviluppo a seguito delle dichiarazioni del ministro degli Esteri russo Lavrov, in cui definiva un “nonsense” l’affermazione che la Russia voglia a creare una zona cuscinetto in Ucraina orientale, insistendo sul fatto che Mosca desidera che l’Ucraina sia un “paese prospero, NEUTRALE e amichevole.”
    In occasione delle elezioni generali del 26 ottobre, secondo Vladislav Surkov, autorevole consulente di Putin, Mosca sosterrà il cosiddetto “Blocco delle Opposizioni” partecipando quindi a queste elezioni per ottenere una qualche influenza sulle future scelte politiche di Kiev piuttosto che sostenere coloro che vogliono un boicottaggio ed elezioni locali a novembre.
    Questo raggruppamento politico avrebbe migliori possibilità di ottenere seggi che il vecchio Partito delle Regioni, che i sondaggi danno sotto la barriera del cinque per cento anche nell’Est Ucraina, suo tradizionale feudo.
    Certo che se effettivamente gran parte della popolazione degli oblast di Donetsk e Luhansk partecipasse alle elezioni generali, la credibilità dei separatisti semplicemente si squaglierebbe. D’altronde non è un mistero che Putin non sia contento di essere stato costretto ad intervenire direttamente, soprattutto perché i soldati russi morti sono difficilmente giustificabili ad una opinione pubblica ubriaca di ipernazionalismo, ma ancora segnata e devastata dai caduti delle 2 guerre cecene e dell’avventura afgana, mentre il Donbass è ridotto ad un cumulo di macerie, la cui ricostruzione avrebbe costi astronomici.
    Comunque con queste elezioni il parlamento ucraino sarà pienamente e incontestabilmente legittimo e legittimato, mettendo a tacere una volta per tutte la favole della giunta-golpista-fascista-banderista, anche perché i sondaggi danno i raggruppamenti di destra sotto la soglia del cinque per cento.

  2. Giusto per precisare che all’Ucraina sta arrivando materiale bellico ed inoltre lo sta ricercando sul mercato internazionale, il citato materiale non offensivo, di cui fa menzione, faceva parte di un primo momento in cui si parlava di supporto logistico, compresi elmetti, giubbotti, e razioni di cibooltre che indicazioni su come procedere i combattimenti….ora serve ben altro!!!
    (ANSA) – GERUSALEMME, 15 SET – Israele ha bloccato una accordo per la vendita di armi all’Ucraina, per evitare uno sgarbo verso Mosca. Lo afferma il secondo canale israeliano, riferendo che una delegazione di Kiev giunta per perfezionare l’acquisto di materiale bellico – compresi droni utilizzabili per bombardare i ribelli nell’est russofono – è dovuta ripartire con le pive nel sacco. La fornitura era stata autorizzata dal ministero della Difesa dello Stato ebraico, ma quello degli Esteri ha messo il veto.

    (ANSA) – Paesi Nato hanno cominciato a consegnare armi a Kiev per aiutarla a combattere i separatisti filorussi nell’est del Paese: l’annuncio dato ieri sera dal ministro della Difesa ucraino, Valeri Gheletei, rimbalza oggi su vari media ucraini e russi. Gheletei ha riferito di aver
    discusso di forniture di armi in incontri bilaterali con ministri della difesa di Paesi Nato al recente summit gallese dell’Alleanza.

    • L’Ucraina non ha soldi per comprare armi sofisticate, e anche quelle che le sono state fornite da USA e Polonia non sono mai arrivate ai soldati al fronte, ma sono state trafugate e rivendute all’estero dai vertici militari. Non dimentichiamo che l’Ucraina è un paese marcio fino al midollo, se anche arrivassero davvero armi moderne il giorno dopo sarebbero in vendita su eBay

      • Insomma giriamola come vogliamo, ma armi NATO ai soldati ucraini non sono arrivate, anzi non possono arrivare (per le simpatiche ragioni addotte dall’equilibrato vlad62).
        Quindi Boletus66 si può tranquillizzare per quanto riguarda gli ucraini, mentre io posso continuare a preoccuparmi dei carri armati e missili RUSSI.

    • Strano modo di asseverare le forniture di armi (NATO) all’Ucraina: mi sembra che, come sempre, per non fare uno sgarbo a Mosca, gli ucraini non abbiano avuto una sola cartuccia. Io ho in mente qualche altro esempio, tante chiacchere e promesse, ma poi tutti con il cappello in mano a consumare le scale del Cremlino.
      Circa le armi NATO quindi, quando le vedrò, allora ci crederò. Fino ad allora, mi permetta ritengo più pericolosi i carri armati e i missili e i soldati in licenza russi…

  3. Non so quale film abbia visto GianAngelo! Ma come è possibile organizzare elezioni in un paese in guerra, sotto tutela del Fondo Monetario Internazionale e della Nato, dove un milione di persone nella zona del Dombass ha abbandonato il Paese a causa dei bombardamenti indiscriminati. L’Ucraina è attualmente un Paese fallito economicamente dove comandano gli oligarchi! Il signor Poroshenko è stato ministro di quasi tutti i governi che si sono succeduti ultimamente anche di Yanukovich, che certamente non era ben visto da Putin perchè ai suoi occhi aveva due difetti fondamentali, era troppo alto e troppo stupido. A parere di molti ossorvatori politici, anche autorevoli americani, la miglior soluzione sarebbe quella della separazione consensuale delle due entità etniche, linguistiche e religiose presenti in Ucraina, od in subordine una federazione con ampie autonomie. Ma secondo Voi chi sosterrà le spese della ricostruzione del Donbass? L’euroburocrazia bankierista che si è insediata a Brussels? Il FMI? Barak Hussein Osama?

    • Le elezioni politiche generali si terranno, non è possibile cedere al ricatto di Putin che ha montato tutta questa storia, con tutti questi morti, proprio per condizionare la vita politica dell’Ucraina. E’ una decisione militare di Mosca che impedisce a molti elettori ucraini di non poter votare, e Putin ne porterà la responsabilità morale e politica.
      Circa i costi per la ricostruzione, sono proprio la ragione principale per cui adesso il GRANDE STATISTA del Cremlino vuole rifilare a qualcun altro la patata bollente, e non ci sente di avere tra i piedi un’altra “repubblichetta” spopolata e disastrata. I camion degli aiuti umanitari, mezzi vuoti all’andata, sono tornati indietro carichi di macchinari industriali, lestamente riassemblati in territorio russo con le stesse maestranze “fuggite” dalla guerra. Penserò male ma molti dei profughi in Russia e con passaporto russo, non torneranno indietro, anche se lo volessero. Primo perché tornare? a fare la fame? Due di fatto sono stati riallocati anche in zone molto distanti e con l’aria di biglietto di sola andata.

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