La richiesta
“L’anarchia è necessariamente un credo di ‘tutto o nulla‘: e ha quindi avuto meno successo nei paesi in cui si può ancora sperare di ottenere qualcosa dall’ordine esistente.” Così James Joll negli anni ’70 cerca di delineare uno dei caratteri essenziali di un ideale rivoluzionario più volte esternato negli ultimi due secoli. Un ideale in grado di assumere modi e volti estremamente eterogenei, nonché affascinanti e contraddittori. L’ultimo accenno di rilevanza internazionale, per dispiego di energie fisiche ed intellettuali, verso tale pensiero arriva dalla Turchia. La A cerchiata si è vista su tante maglie, muri e locandine di Istanbul, in occasione degli scontri per la ri-conquista di Gezi Park. Ma si è vista anche in curva della squadra di calcio del Besiktas e per le strade dell’omonimo quartiere cittadino.
Çarși è il nome del gruppo ultrà che dal 1982 sventola il vessillo rosso nero dell’anarchia in tribuna e nelle piazze. Qualche giorno fa 35 dei suoi supporter si sono visti recapitare una richiesta di condanna all’ergastolo da parte del procuratore Adem Meral, con l’accusa di aver tentato di rovesciare l’ordine costituito e di avere tramato la cattura dell’ex primo ministro Recep Tayyip Erdogan. Le motivazioni dell’accusa insistono sul concetto che l’azione svolta dai fan bianconeri sarebbe di carattere eversivo, nulla a vedere quindi con le contestazioni verificatesi in Piazza Taksim.
In Turchia gli avvicendamenti relativi alle tifoserie delle squadre di calcio hanno da sempre suscitato grande risonanza pubblica: a causa della loro evidente caratterizzazione ideologica ed episodi di violenza riscontrati negli anni.
Çarși significa bazar (mercato) e quello di Besiktas è stato lo spazio sociale ove alcuni giovani hanno deciso di riunirsi per creare questa, ormai, storica compagine. Il loro motto recita: “Çarși è contro tutto!”.
Benchè i principali pionieri e fan del club si siano uniti dopo aver bighellonato tra le bancarelle e criticato tutti gli allenatori succedutisi alla guida della squadra del cuore, le attività svolte da tale gruppo sono numerose e superano le soglie dei cancelli del BJK İnönü (stadio oggi in ricostruzione). I suoi sostenitori rivendicano posizioni ecologiste, anti-razziste, anti-sessiste e pluraliste. Ulteriore connotato risulta essere l’appartenenza alla sfera del nazionalismo kemalista.
Tra le iniziative più conosciute si può citare la vicinanza manifestata nei confronti Samuel Eto’o, successivamente ad una gara tra Cagliare e Inter: in tale occasione il calciatore fu coperto di fischi e cori razzisti. Non sono mancate, invece, raccolte fondi per i rifugiati siriani e palestinesi o pullman di volontari pronti a soccorrere sfollati vittime di terremoti.
Durante e dopo Taksim
Durante la nota stagione di scontri nel cuore di Istanbul, Çarși ha rappresentato il braccio “armato” delle proteste. Sotto la loro guida si sono affiancati anche gli ultras di Galatasaray e Fenerbahce, attraverso un comunicato ufficiale assolutamente inaspettato.
Di questo periodo, precisamente il 3 giugno 2013, è invece l’ormai nota “Battaglia di Besiktas”. Nella circostanza alcuni tifosi si sono appropriati di un escavatore ed hanno marciato verso Akaretler Siraevler e Barbaros Bulevard, puntando contro la polizia. Un episodio singolare, frutto di un clima esasperato e rovente.
Il quartiere è ancora oggi il cuore della protesta, la base operativa e strategica dei manifestanti . A Sinanpaşa all’interno di Besiktas si trova una piccola piazza con la statua di un’aquila, simbolo ufficiale della squadra di calcio. Successivamente alla vittoria di Erdogan alle elezioni presidenziali, dal tetto di un edificio che affaccia proprio sulla scultura bronzea, è stato srotolato uno striscione con l’immagine di Berk Evlan. Questi è il quattordicenne deceduto a seguito di una lesione cerebrale, causata da una capsula di gas lacrimogeni lanciata dalle forze dell’ordine.
Tornando al campo, infine, di recente non sono mancate ulteriori baruffe tra Çarși e tifosi avversari. Lo scorso 22 settembre la gara tra Besiktas-Galatasaray è stata sospesa a causa di una pirotecnica invasione di campo con tanto di lancio simultaneo di una serie indecifrabile di sedie di plastica.