RUSSIA: L'agonia degli intellettuali non allineati nella Russia di Putin

Marginalizzata l’opposizione politica negli anni di potere di Vladimir Putin, a incarnare il dissenso nei confronti del regime ora sono soprattutto singole personalità della scena culturale. E queste sono finite sotto l’occhio del Cremlino, al centro di una nuova caccia alle streghe. I mezzi di informazione controllati dal potere li accusano di tradimento, riferisce Ivan Nechepurenko, in un articolo pubblicato da The Moscow Times.

Passano gli anni e nulla cambia a Mosca. Questa pratica ricorda i tempi sovietici, quando gli intellettuali che venivano percepiti come un pericolo dal regime comunista venivano sottoposti a violente campagne di calunnie. Il ricordo non può che andare ai premi Nobel Boris Pasternak e Iosif Brodskii.

Domenica scorsa la rete televisiva nazionale NTV, di proprietà di Gazprom, ha mandato in onda una puntata di “Professione: Reporter”, dal titolo “I 17 amici della Giunta” (la “giunta” sarebbe il governo di Kiev), in cui una serie di scrittori, musicisti, giornalisti e imprenditori sono stati etichettati “quinta colonna” al soldo del nemico straniero. Una precedente puntata della stessa trasmissione era stata invece dedicata a “I 13 amici della Giunta” (per i sondaggi la trasmissione con il più alto rating della settimana 18-24 agosto).

Obiettivo della campagna di calunnie sono personaggi quali lo scrittore e poeta Dmitrii Bykov, autore tra l’altro di una importante biografia di Pasternak (di cui recentemente è stata ripubblicata una edizione in 2 volumi: Борис Пастернак. Биография, Вита Нова, 2011), il cantante rock Andrei Makarevich e l’artista hip-hop Noize MC.

L’emittente NTV è nota per questo tipo di campagne politiche a base di calunnie. In passato tra i suoi obiettivi ci sono stati oppositori di Putin, quali Boris Nemtsov e Il’ya Ponomarev. Sempre lo stesso canale televisivo controllato da Gazprom accusò l’ONG “Golos”, che si occupava di monitorare la regolarità delle elezioni, di essere nientemeno che al servizio della CIA.

Boris Akunin lascia la Russia

Lo scrittore Boris Akunin (pseudonimo di Grigorii Chkhartishvili) ha scritto nel suo blog, ospitato nelle pagine web dell’emittente “Eco di Mosca”, della sua intenzione di lasciare la Russia, un paese in cui non si trova più: come un uomo sobrio in mezzo agli ubriachi. Non emigrerà definitivamente, ma trascorrerà molto tempo all’estero: “Non ho niente in comune con la Russia di Putin, tutto mi è estraneo”.

Riferendosi alla guerra russa nell’Ucraina orientale ha scritto: “cammino per le strade di Mosca, guardo la gente, ascolto le conversazioni, e mi sento inorridito. Non vedono, non vogliono sapere, non pensano. Non sono le persone da biasimare. Hanno le loro vite, i problemi di tutti i giorni. Ma la cecità, la mancanza di pensiero e di imparzialità costa tanto in questi momenti storici. Difficoltà attendono il mio paese. Forse anche peggio di quelle adesso in Ucraina. Questa è la mia opinione sugli eventi recenti e non recenti. E non potete immaginare quanto vorrei sbagliarmi”.

In italiano, numerosi libri di Akunin sono stati pubblicati da Frassinelli: “Gambetto turco. Scacco allo zar” (2000); “Assassinio sul Leviathan” (2001); “Il decoratore” (2002); “Il fante di picche” (2002); “Il consigliere di stato” (2003); “Incoronazione” (2004); “Le città senza tempo ” (2006); e “Il manoscritto segreto” (2008).

Foto: Dmitry Bukov guida una manifestazione di protesta contro il ritorno di Putin alla presidenza del paese. Reuters, 2012

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8 commenti

  1. L’eterna ripetizione dell’archetipo del deviazionismo da punire, purtroppo, cosa di cui nessuno dovrebbe stupirsi. Da slavista, ci terrei a ricordare che, oltre alle persone (relativamente poche) che sono disposte ad esporsi come Bykov e Akunin, ci sono tutti quelli (molto più numerosi) che preferiscono non pronunciarsi apertamente – per timore di rappresaglie o per altre ragioni – ma le cui opere testimoniano l’incompatibilità con il modello putiniano, come Zachar Prilepin oppure Viktor Pelevin. Per non parlare di quei grossi calibri che sono scomparsi prima di entrare nel mirino delle ossequiose autorità censorie, ad esempio Jurij Družnikov.

  2. Quegli intellettuali sono a conoscenza di fatti come il mancato sviluppo turistico della Crimea e che l’Ucraina non paga il gas?
    E sanno che la NATO sta effettuando manovre davanti alla costa del Don?

  3. Molto ma molto meglio la sceneggiatura del film “Il dottor Zivago” che il libro originale……………..

  4. Oddio, ancora con i soliti oppositori di professione. Ma chi li ha mai perseguitati questi ? La loro fama la devono solo alla visibilità che hanno guadagnato facendo gli oppositori, con grande ritorno pubblicitario. Se la maggior parte dei russi non la pensa come loro, se ne devono fare una ragione

  5. Oddio, dove sono i soliti sostenitor di professione: fare lo zerbino e il megafono del “lider massimo” del momento è sempre stata una professione stimata e lucrosa dalle parti del Cremlino. L’unico problema è adeguarsi velocemente al “contrordine compagni” se no sono guai…
    Il non voler ammettere la deriva autoritaria di Putin in Russia e le sue ambizioni guerrafondaie all’estero è da ciechi professionisti. E, come ripete uno che se ne intende, tutto il resto è materia per “stupidi irriducibili e i disonesti interessati, bugiardi nel panico e giornalisti senza vergogna”.

  6. L’agonia degli intellettuali? In cosa consisterebbe l’agonia degli intellettuali? Sono in agonia perché si fanno un giro per Mosca e non comprendono come mai la gente non la pensi come loro? Ma questi intellettuali, cosa succedeva a Mosca 15 anni fà, se lo ricordano? Makarevich in agonia? Siete sicuri? Un canale di proprietà di Gazprom li attacca apertamente additandoli come amici del regime illegale di Kiev e questo cosa dovrebbe significare? I media appartengono a cordate in ogni angolo del mondo ed attaccano – anche in modo molto ma molto più pesante – persone e controparti politiche senza che nessuno dalle nostre parti si sogni di parlare di regime, ne agonizzi. Pur sapendo benissimo che Putin non è riuscito – o semplicemente non ha proprio voluto – vivacizzare il confronto democratico e permettere la nascita di una classe dirigente alternativa, ricordo a Orlandi ed ai lettori che ci sarebbe voluta la bacchetta magica per passare da Yeltsin ad un sistema molto più aperto in 15 anni. Inoltre non comprendo cosa ci sia di discutibile con l’idea che in Ucraina si sia assistito ad una aggressione premeditata organizzata da una cordata di stati occidentali che avevano ed hanno ottimi motivi per mettere i bastoni tra le ruote alla scomodissima Federazione Russa. Gli intellettuali agonizzanti sono così polli da pensare che in Ucraina si sia combattuto per la conquista della libertà?

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