Il processo di adozione della nuova tornata di sanzioni alla Federazione Russa si è rivelato una penosa corsa in salita. Al punto che sono state adottate, ma di fatto non ci sono. Come ha riferito in serata il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, esse diventeranno effettive fra qualche giorno. Non domani, come era previsto. E la data di adozione al momento rimane aleatoria.
Insomma, le crepe nella compagine europea sono vistose e gli stati con più stretti legami con Mosca hanno fatto il gioco del Cremlino. Questo nel momento in cui all’interno del territorio dell’Ucraina, e alle frontiere di quel paese, si trovano contingenti militari e massicci quantitativi di mezzi da combattimento della Federazione Russa. Una realtà che viene pervicacemente e con sprezzo negata dal Cremlino.
Riferisce Rikard Jozwiak, corrispondente di RFE/RL da Bruxelles, a proposito delle sanzioni, che ci troviamo dinanzi a una situazione caotica. Ufficialmente, la colpa di avere bloccato la nuova tornata di sanzioni è ricaduta sulla Finlandia. Il primo ministro Alexander Stubb ieri sera ha detto che il suo paese sostiene le sanzioni, ma che ha bisogno di più tempo per la loro attuazione.
Ma, aggiunge Jozwiak, ci sono altri paesi in questo campo, tra cui Slovacchia, Ungheria, Austria, Bulgaria, Cipro… E anche la nostra Italia. I paesi del “nocciolo duro” europeo, invece, non sono per nulla contenti di quanto sta accadendo. Jozwiak ha parlato anche con diplomatici lituani e svedesi, che concordano nell’ammettere che c’è stato un qualche miglioramento nelle relazioni russo-ucraine nelle ultime 48 ore. Questo garantirebbe un approccio più cauto.
Questi diplomatici hanno poi messo in evidenza come l’8 settembre sia stato raggiunto una sorta di compromesso. La dichiarazione del presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy dice che le sanzioni entreranno in vigore con la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea nei prossimi giorni.
Ma ci sono sottigliezze, riferisce sempre Jozwiak: il provvedimento delle sanzioni verrebbe sì pubblicato dalla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, ma queste verrebbero contestualmente sospese. Questo si nasconderebbe dietro la frase chiave della dichiarazione di Van Rompuy: “In base alla situazione sul terreno, l’Unione Europea è pronta a rivedere le sanzioni concordate in tutto o in parte.”
Già stamattina alle 11 gli ambasciatori dei paesi membri dell’Unione Europea si incontreranno nuovamente per valutare la tenuta e l’attuazione del cessate il fuoco e del piano di pace. Potrebbe pertanto crearsi la situazione per cui queste ultime sanzioni non entreranno mai in vigore. Decisamente una vittoria per Mosca: non viene toccato il settore energetico e non si rafforzano quelle nel settore finanziario.
Il nuovo pacchetto di sanzioni colpirebbe anche le compagnie petrolifere Rosneft e Transneft e unità del monopolista statale Gazprom. Non appena queste notizie hanno iniziato a circolare, le azioni di Rosnet hanno subito perdite. Le sanzioni già in vigore, hanno già creato seri problemi finanziari a Rosneft, che il mese scorso si è trovata costretta a chiedere al governo russo (precisamente al fondo statale che finanzia le pensioni) un prestito di 42 miliardi di dollari. Per tentare di prevenire l’adozione di questi nuovi provvedimenti, il primo ministro russo Dmitrii Medvedev aveva minacciato l’adozione di ritorsioni “asimmetriche”, prevedendo restrizioni nel comparto del trasporto aereo, fino al bando dei voli delle compagnie aeree occidentali, che le danneggerebbero seriamente.
Martedì alle 21:10, ora di Mosca, il Cremlino ha diffuso un comunicato in cui dice dell’ultima telefonata fra Poroshenko e Putin. Il tono è conciliante e si mette in evidenza come i due abbiano sottolineato l’importanza di preservare il cessate il fuoco. Putin ha confermato la disponibilità della Russia a continuare ad assistere la pacifica risoluzione della crisi.
Ieri in mattinata il presiedente ucraino Petro Poroshenko si era recato in visita a Mariupol, ora città chiave per la tenuta delle forze armate ucraine. A Mariupol, in tono solenne ha sostenuto che il suo paese non cederà territorio a nessuno e ha ordinato un rafforzamento delle difese della città, con carri armati, lanciamissili e difese aeree.
Poroshenko ha anche fatto sapere che con alcuni paesi membri della NATO è stato raggiunto un accordo per la fornitura di armamenti. La notizia era già stata anticipata dal suo consigliere, Yuriy Lutsenko, ricevendo una smentita da quasi tutti gli stati che aveva indicato.
Intanto, prosegue la passportisacija, la distribuzione di passaporti russi alla popolazione, anche nelle aree occupate degli oblast di Donetsk e Lugansk. La stessa strategia che Mosca aveva perseguito nel 2002 in Abkhazia, dove il 70% degli abitanti della regione ha acquisito la cittadinanza russa, ma anche recentemente in Crimea, creando così un bacino di “cittadini russi” oltrefrontiera da proteggere.