BOSNIA: Stipendi, tasse e politica, l'università di Sarajevo entra in sciopero

Il sindacato dei docenti universitari dell’università di Sarajevo ha proclamato uno sciopero per lunedì 8 settembre. A partire da lunedì, i professori di 14 facoltà su 25 incroceranno le braccia per denunciare il ritardo di tre mesi nel pagamento dei loro stipendi, al quale si sommano il blocco delle assunzioni di nuovi professori e la totale assenza di fondi da investire nella ricerca scientifica e nel rinnovo delle infrastrutture. I professori hanno annunciato che proseguiranno lo sciopero finché il governo cantonale, competente in materia, non offrirà garanzie certe sulla soluzione dei problemi.

L’inestricabile intreccio tra politica ed istruzione

Lo stato in cui versa l’istruzione in Bosnia-Erzegovina è disastroso. L’accordo di Dayton del 1995 prevede che le competenze in materia di educazione spettino al livello sub-statale: ai cantoni in Federazione, e all’entità in Republika Srpska. Paradossalmente, la Bosnia conta ben 13 ministri dell’istruzione “decentrati”, ma nessun ministro a livello statale.

L’influenza esercitata dalla politica sull’istruzione è inoltre altissima. Il cantone di Sarajevo finanzia l’università pubblica della capitale (UNSA), alla quale risultano iscritti circa 40.000 studenti. In quanto principale finanziatore dell’UNSA, da due anni il cantone si è arrogato il diritto di nominare i propri rappresentanti nel Senato Accademico. L’università di Sarajevo, pertanto, si trova sotto la diretta influenza dei politici locali (cioè cantonali), in maggioranza membri del Partito di Azione Democratica (SDA), bosgnacco-conservatore.

La situazione è la seguente: nel Senato Accademico, organo collegiale che riunisce i rappresentanti degli studenti e dei docenti, le cui decisioni in materia di didattica, ricerca e servizi agli studenti hanno parere vincolante, siedono 11 membri. Di questi, solamente cinque provengono dall’università. I rimanenti 6 sono nominati dal cantone di Sarajevo. Nessuna decisione può essere presa né alcun emendamento può essere approvato senza il consenso dei sei membri “politici” del Senato che, però, non hanno alcuna connessione con l’ambiente accademico. Oltre al rappresentante degli studenti e a quattro docenti, nel Senato siedono infatti un amministratore dell’Open Society Fund, due membri del ministero dell’istruzione, uno del ministero degli esteri, uno del ministero delle infrastrutture e il direttore della clinica cardiologica dell’UNSA.

Il diritto allo studio non è per tutti

Per compensare la mancanza di fondi da parte del governo cantonale, il Senato Accademico ha approvato la proposta di aumentare le tasse universitarie agli studenti. Come spiega Samir Beharić, autore della lettera pubblicata da The Balkanist che ha dato il via alle proteste studentesche di dicembre, studiare medicina a Sarajevo risulterebbe addirittura tre volte più costoso che frequentare la stessa facoltà a Vienna. E, purtroppo, la qualità dell’insegnamento e dei servizi offerti a Sarajevo non è certo paragonabile a quella austriaca. Se la proposta verrà approvata dal governo cantonale, gli studenti che si iscriveranno alle facoltà scientifiche potrebbero arrivare a sborsare 7000 KM all’anno, pari a 3500 euro, quando uno stipendio medio in Bosnia si aggira attorno ai 400 euro mensili. “In un paese in cui sempre più persone soffrono letteralmente la fame, questo significa che solamente chi appartiene all’elite potrà permettersi il lusso di iscriversi all’università pubblica”, spiega Samir ad East Journal.

A sole cinque settimane dalle elezioni, in Bosnia si preannuncia un autunno caldo.

Foto: Stipendije.ba

Chi è Chiara Milan

Assegnista di ricerca presso la Scuola Normale Superiore, dottorato in Scienze politiche e sociali presso l'Istituto Universitario Europeo di Fiesole (Firenze). Si occupa di ricerca sulla società civile e i movimenti sociali nell'Est Europa, e di rifugiati lunga la rotta balcanica.

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