LETTONIA: Il governo pronto ad aiutare le aziende colpite dall’embargo della Russia

Pronti 30-40 milioni di euro per agevolazioni fiscali e 5 milioni per finanziare la ricerca di mercati alternativi. Per l’Economist l’embargo russo colpirà soprattutto la Lituania.

RIGA – Il governo lettone è pronto ad aiutare le aziende lettoni le cui esportazioni in Russia superano il 10% delle vendite totali. E’ quanto è stato deciso nell’ultimo consiglio dei ministri, a seguito dell’embargo attuato dalla Russia nei confronti delle aziende europee, in risposta all’embargo deciso dalla UE per la questione legata alla crisi in Ucraina.

Le aziende lettoni che esportano in Russia e che quindi sono colpite nei loro interessi commerciali dal blocco delle importazioni imposto da Mosca, verranno aiutate dallo stato lettone con garanzie di credito, attraverso esenzioni fiscali. E’ quanto ha dichiarato la premier lettone Laimdota Straujuma al termine del consiglio dei ministri.

Ma le misure di sostegno non si limiteranno alle esenzioni fiscali. Il ministero dell’economia lettone attiverà un fondo di sostegno per cinque milioni di euro, che finanzierà le attività di ricerca di nuovi mercati esteri, in sostituzione di quello russo, per le aziende coinvolte dall’embargo.

La somma totale che il governo lettone metterà a disposizione delle aziende, sotto forma di esenzioni fiscali, ammonterà a circa 30-40 milioni di euro. Nelle prossime settimane verranno esaminate le richieste delle aziende e verrà pubblicato l’elenco delle imprese che avranno accesso alle agevolazioni fiscali.

L’embargo dei prodotti destinati alle esportazioni in Russia colpisce soprattutto il settore alimentare, ortofrutta, carne, pesce, formaggi e latte.
Ma secondo l’Economist dovrebbe essere in particolare la Lituania il paese baltico maggiormente colpito dalle contro sanzioni di Mosca. Secondo Edward Lucas la Lituania ha un grado maggiore di coinvolgimento nelle esportazioni verso la Russia rispetto ad altri paesi come la Polonia o la Lettonia.
Lucas ha invitato le altre nazioni europee ad acquistare prodotti lituani durante questo embargo, ed ha sottolineato la necessità che i paesi europei più legati alle esportazioni con la Russia, promuovano la ricerca di altri mercati internazionali.

Chi è Paolo Pantaleo

Giornalista e traduttore, Firenze-Riga. Jau rīt es aiziešu vārdos kā mežā iet mežabrāļi

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2 commenti

  1. “Chi di sanzioni ferisce di sanzioni perisce” bhe adesso laEu valuta un possibile ricorso al Wto sulle sanzioni russe ,
    Ma perché il Wto non ha valutato le sanzioni EU e USA verso la Russia se erano legittime?
    Intanto Grecia Italia Spagna si leccano le ferite per le perdite econocje nell’agroalimentarela Germania ha il pil a -0,2 %…e con l’inverno alle porte il gas diventa sempre più prezioso sperando che le sanzioni non includano anche il gas in futuro…tanto Putin in tempi non sospetti stipulava accordi con la Cina per il gas, e con la scusa della finale mondiale volava in Brasile a stipulare accordi sull’agroalimentare proprio coi paesi sud americani.
    Gli europei dovevano valutare prima le possibile conseguenze di un politica leccapiedi verso gli USA tanto loro non hanno grossi commerci coi russi!!
    Tutto questo mentre stiamo ancora aspettando che venga fatta luce sul massacro di Odessa, l’uccisione del reporter italiano e del boeing malese.

  2. Bisogna dire che le cosiddette “sanzioni” russe sono proprio una strana bestia. L’unico precedente storico, anche se non credo che la entusiasmerà, fu la politica autarchica mussoliniana in risposta alle sanzione della Società delle Nazioni a seguito dell’aggressione italiana all’Etiopia nel 1936.
    Stesso scenario , stessa orgogliosa risposta: non solo facciamo a meno dei vostri prodotti, ma con la “battaglia del grano” si cercò di rendere indipendente l’Italia almeno in quel settore vitale.
    La scelta di Putin del settore agricolo non è di immediata comprensione: la Russia in certi comparti dell’alimentare è dipendente fino al 60% dall’importazioni e l’agricoltura, per sua natura, richiede tempi lunghi per impostare fonti alternative su basi durevoli.
    Tanto più che questi provvedimenti sono a tempo (e Medvedev già ci fa sapere che spera che non duri nemmeno l’anno previsto) e questo ha due ovvie conseguenze: nessuno investe per impiantare o riconvertire produzioni sapendo che la prossima stagione sarà tutto finito e, al peggio, i consumatori russi non mangeranno frutta, latticini o carni di maiale europei.
    La bufala delle importazioni sostitutive dal Sudamerica è più una boutade propagandistica che una concreta alternativa: in un settore in cui la distribuzione costituisce la percentuale maggiore del costo sui banconi dei supermercati, un aumento di prezzo semplicemente contrae i consumi nei settori superflui, mentre in quei settori insostituibili, o dove mancano produttori russi, si fa finta di niente e li si esclude (o si allunga poco alla volta la lista degli esclusi).
    Quindi la temporaneità delle “sanzioni” russe è la chiara indicazione di “vogliamo fare il più grande e appariscente sfracello adesso perché sappiamo che non può durare a lungo”.
    Il vero scopo delle sanzioni o delle controsanzioni è il “demonizzare” il nemico e premere sull’opinione pubblica interna e esterna: chi è quello che ti fa perdere? Chi non ti fa trovare certi prodotti? Vedi quello è il cattivo e devi premere sul tuo governo per farlo smettere, questo vale sia in Europa che in Russia.
    Circa il gas e la Cina, ce l’eravamo quasi dimenticato: anche li tutto da vedere “Dal 2018, se si troveranno enormi finanziamenti, se si riuscirà a sfruttare le nuove aree estrattive, se si riuscirà a costruire il Power of Siberia, se non succederà niente di negativo e se tutto andrà bene…”
    Se è vero che la politica è anche capacità di vedere lontano, però bisogna anche evitare di inciampare nell’immediato sognando rosei scenari futuri.

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