Non finiscono le difficoltà per Kiev che, oltre a dover affrontare un enorme crisi economica e l’azione militare nel Donbass, ha visto sgretolarsi la coalizione di governo all’interno del Parlamento. Nonostante le dimissioni del Primo Ministro, Arseniy Yatseniuk (o probabilmente grazie alla sua mossa politica), la Verkhovna Rada in una seduta straordinaria a porte chiuse, tenuta il 31 luglio, ha approvato importanti modifiche al budget statale e al sistema di tassazione, introducendo un’ulteriore imposta diretta straordinaria (valida teoricamente fino al 31 dicembre). Chiamata anche “imposta di guerra”, sarà pari al 1,5% e andrà a colpire tutti i redditi delle persone fisiche.
L’importanza di questo voto in un paese sul baratro.
Il voto del Parlamento ha un’importanza non solo per il futuro finanziario e politico dell’Ucraina, ma anche per l’immediato proseguimento dell’azione militare nel Donbass. I soldi per l’ATO (Operazione anti-terrorismo) sono, infatti, finiti già da tempo. Appena qualche giorno fa il Ministro delle Finanze, Oleksandr Shlapak, aveva pubblicamente dichiarato all’agenzia Interfax-Ukraina che “dal primo agosto il Ministero della Difesa non avrà più le finanze necessarie per pagare i soldati”. Secondo il Ministero, l’azione militare nell’est del paese costa, infatti, almeno 1,5 miliardi di grivne al mese (circa 90 milioni di euro). La cifra necessaria da qui a fine anno per coprire tutti i costi dell’apparato militare si aggira intorno ai 9,1 miliardi di grivne (circa 550 milioni di euro). Questo calcolo, inoltre, non comprende il denaro necessario per ristabilire dal punto di vista infrastrutturale e sociale le zone colpite dalle attività belliche.
Come viene pagata l’ATO?
Secondo quanto ha reso noto il Ministero delle finanze, nel primo semestre 2014 lo Stato ha destinato un totale di 18 miliardi di grivne (più di 1 miliardo di euro) del proprio budget per le “necessita delle forze armate”, mentre altri 8,8 miliardi (500 milioni di euro) sono stati messi a disposizione dal Fondo di riserva per le emergenze. Con il protrarsi delle operazioni nel Donbass alle spese di budget statale si sono affiancati anche altri tipi di finanziamento, come ad esempio il fondo speciale di “Sostegno all’esercito ucraino”, all’interno del quale sono confluite donazioni monetarie di persone fisiche e giuridiche. Come riportato sul sito del Ministero della Difesa questo fondo ha raccolto, alla data del 31 luglio, un totale di circa 140 milioni di grivne, 121 mila dollari e circa 58 mila euro. Non sono stati resi noti i nomi e la provenienza dei donatori. Un ulteriore “aiutino” è arrivato anche da Praviy Sektor che, come riporta sulla sua pagina facebook il vice capo dell’amministrazione statale della regione di Dnepropetrovsk, Borys Filatov, ha direttamente consegnato una somma di 2 milioni di grivne (circa 121 mila euro). Per ammissione dello stesso Filatov i rappresentanti del gruppo di estrema destra non hanno reso nota la provenienza di questo denaro.
Prestito del FMI.
Il prolungamento oltre le iniziali previsioni dell’attività militare ha dato il colpo di grazie alle già magre casse dello stato che si trova ora sul ciglio di un burrone. La nuova tranche del credito del Fondo Monetario Internazionale è fondamentale per mantenere in vita il governo di Kiev. Già a metà luglio Arseniy Yatseniuk aveva annunciato un netto taglio nella sfera sociale, unico modo, secondo il Premier, per poter “far fronte alle crescenti spese militari” e per rispettare gli impegni presi con il Fondo Monetario Internazionale accedendo di conseguenza alla seconda tranche (pari a circa 1,4 miliardi di dollari) del prestito concordato a maggio. Proprio la riforma del budget rientra nella lista degli “impegni” voluti dal FMI ed è stata vivamente appoggiata dalla Direttrice Operativa, Christine Lagarde.
Rimandata la riforma del settore energetico.
Un altro dossier importante per i vertici del FMI, discusso dal Parlamento ucraino il 31 luglio, è rappresentato dal pacchetto di riforme che riguardano la compagnia petrolifera statale Naftogaz e più in generale il settore energetico del paese. Già respinta il 24 luglio, la riforma è stata bloccata anche questa volta a causa del rifiuto dei parlamentari di Svoboda e sarà nuovamente presentata ad agosto. Il pacchetto prevede l’adeguamento del sistema energetico ucraino alle regole di mercato tramite la creazione di operatori specializzati in singoli settori (trasporto, stoccaggio ecc.). Il controllo sull’intero sistema nazionale di trasporto del gas sarà compito di UkrTransGaz (affiliata di Naftogaz) che, a partire dal 1 gennaio 2015, potrà attrarre la partecipazione di compagnie straniere tramite la creazione di società miste (joint venture), mantenendo comunque una quota maggioritaria pari al 51%. La particolarità di questa riforma è però un’altra. Infatti, la proposta del governo sottolinea come le società che prenderanno parte alla gestione del sistema di trasporto energetico dovranno essere società europee o americane e non potranno essere sotto “diretto o indiretto controllo da parte” della Gazprom. Appena qualche giorno fa, lo stesso Arseniy Yatseniuk aveva presentato la riforma come unico modo per salvare il sistema energetico nazionale e “bloccare la costruzione del South Stream”, una vera e propria minaccia per il ruolo energetico dell’Ucraina all’interno del panorama europeo.
Yatseniuk di nuovo in sella.
Scongiurato, per il momento, il default finanziario e compiuto un importante passo verso la seconda tranche del prestito del FMI, il primo ministro avrà ora il difficile compito di gestire fino alle elezioni anticipate un Parlamento senza una coalizione di governo ben definita. Le dimissioni di Yatseniuk sono state respinte dalla stragrande maggioranza dei deputati (solo 16 voti hanno sostenuto le sue dimissioni), mentre Poroshenko ha ripetutamente sottolineato il proprio sostegno al premier e la necessità di garantire l’unità del governo in un momento così difficile per il paese. Appare piuttosto complicato prevedere le future mosse dell’esecutivo e del Primo Ministro. Senza la formazione di una nuova coalizione entro la fine del mese il Presidente dovrà sciogliere la Verkhovna Rada, cosa che, data l’attuale situazione politica, sembra piuttosto scontata. Rimane da comprendere con quale legge elettorale i cittadini ucraini si recheranno alle urne e, in un paese in cui lo stato non detiene il controllo sulla totalità del territorio nazionale, è un problema di prim’ordine. Molto probabilmente sarà proprio la legge elettorale l’argomento dominante all’interno del Parlamento nelle prossime settimane. Da qui al 26 ottobre (probabile data delle elezioni) il tempo non è molto.
Mi permetto di ampliare un attimo il discorso delle raccolte fondi/aiuti per l’esercito ucraino.
La società civile ucraina si è organizzata per rispondere all’emergenza di un apparato militare impreparato ad un simile conflitto: sono nate moltissime associazioni che si occupano di raccogliere, comprare e portare materiale di supporto al fronte. Armiya Sos raccoglie soprattutto forniture ed equipaggiamenti base come giubbotto antiproiettile, addirittura caschi, dispositivi per la visione notturna, sistemi radio sicuri, trasmettitori radio e veicoli fuoristrada. Kostyantyn Ostrovskyy, il fondatore, ha creato una pagina Facebook su cui pubblica la lista di quello che serve al fronte e su cui contemporaneamente raccoglie le offerte di aiuto da parte della popolazione. Il materiale raccolto poi viene consegnato personalmente da volontari.
Forse il gruppo di volontari più popolare in Ucraina è “Le ali della Fenice”, che vanta 35.000 seguaci su Facebook e un sito anche in lingua italiana https://uahelp.center/it/Fondazione-per-l’aiuto-all’Ucraina-amp-quot-Le-ali-della-Fenice-amp-quot–23.html: i suoi organizzatori sostengono di aver già raccolto più di 850 mila dollari per le forze armate del paese.
Anche per quello che riguarda la cura dei feriti le associazioni giocano un ruolo di primo piano. Volonterska Sotnya (Centuria delle Volontarie) è l’associazione che ha preso sotto la sua supervisione 20 ospedali in 7 diverse città del Paese, pretendendo per i feriti cure adeguate, mandando in cliniche estere i più gravi, organizzando per loro l’assistenza legale e psicologica, reperendo e fornendo loro i medicinali.
Ovviamente non sono le sole, sono operative anche
• MedAvtoMajdan
• Salvando le vite in Ucraina
• Centro di Coordinamento d’Assistenza agli sfollati
• Fondazione Operativa Nazionale dell’Aiuto di Diana Makarova
• Gruppo COMBAT-UA
Nel frattempo, il Ministero della Difesa è in esecuzione una propria campagna di fundraising. A quattro mesi dal lancio dell’appello per le donazioni, esso ha già raccolto più di $ 11 milioni. Di questa somma, circa 3 milioni dollari sono stati raccolti attraverso la campagna “565”, dal numero di telefonia mobile tramite il quale è possibile fare donazioni a 50 cent.
La citazione del solo “aiutino” del Praviy Sektor poteva ingenerare l’idea che gli aiuti, grandi o piccoli, pubblici o anonimi, provengano esclusivamente da una nota parte politica.
Egr. Gian Angelo
ha delle fonti, anche in lingua ucraina, che confermino quanto da lei scritto? Ci sarebbe utile leggerle, grazie
Probabilmente l’avrete scoperto da voi, ma nel portale indicato la pagina link non è attiva in italiano e bisogna accedervi dalla versione ucraina o inglese.
Evidentemente il mio non aveva pretese di essere un pezzo giornalistico originale, ma solo una raccolta di notizie.
Nel frattempo si sono aggiunti altre informazioni:
http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2014/08/07/ucraina_crowdfunding_esercito.html
Molto interessante l’intento di bloccare il South Stream da parte del governo Ucraino, veramente interessante. Uno Stato si pone come obiettivo – apertis verbis – di “bloccare” la realizzazione di un’infrastruttura energetica fuori dai suoi confini. Devo dire che come azionista di ENI (lo siamo tutti qui, attraverso la Cassa Depositi e Prestiti) mi fa molto piacere. Spero per la gente dell’Ucraina che il prossimo inverno sia mite più di quello passato, lo dico con tutto il cuore. Per la gente ovviamente.
E’ già stato fatto in diverse occasioni (c’è stato anche un post dedicato specificatamente alla realizzazione o meno del South Stream), ma penso utile riprendere alcune considerazioni sul progetto del nuovo gasdotto voluto fortemente dalla Russia e chiederci se a questo interesse marcato dell’oligopolista ne corrisponda uno da parte dei suoi clienti.
Ovviamente l’interesse esclusivo dei consumatori europei è avere il gas al minor prezzo possibile e da fonti d’approvvigionamento diversificate onde evitare di poter essere ricattati economicamente o politicamente, dato che stiamo parlando di affari e non di simpatie/nostalgie politiche o sentimentali.
Spero che fin qui siamo d’accordo, quindi il nostro interesse non sono gli utili della Gazprom, o le sue liti o ripicche di comari nel cortile di casa con la ex sorella minore, ma che il gas ci arrivi e senza particolari inconvenienti.
A questo punto ci dobbiamo chiedere se o in quale misura la sua realizzazione interessi i consumatori europei.
Ovviamente dal punto di vista della diversificazione il South Stream è un passo nella direzione sbagliata, anzi si andrebbe a consolidare o peggio ad aumentare la nostra dipendenza da un oligopolista che ha sempre dimostrato di usare e di voler usare il prezzo come strumento di condizionamento se non addirittura di ricatto: non a caso la Gazprom ha contrattato ben 20 prezzi diversi con differenti sati europei.
Se considerassimo l’aspetto diversificazione dovremmo privilegiare il TAP o il vecchio Nabucco o pensare a portare in Europa il gas norvegese, non a stringere il già stretto nodo corsoio russo.
Circa poi il nostro interesse (italiano), dopo la decisione russa di spostare in Austria il terminal precedentemente previsto a Tarvisio, è decisamente calato anche perché molte delle commesse ad aziende italiane prospettate precedentemente sono sfumate nelle mene delle trattative separate con i singoli stati in cui la Gazprom ha favorito un proprio candidato (caro amico di Putin) e i singoli stati hanno spinto per i propri.
Rimane il mitico attraversamento in profondità nel Mar Nero. Prima di tutto bisognerà vedere se con gli attuali chiari di luna e le sanzioni, la Bulgaria cambierà idea. Se poi la “brillante operazione” dell’Anschluss della Crimea permetterà di ridisegnare il percorso del gasdotto, che attualmente si sa dove entra nel Mar Nero ma non si sa dove uscirà, questo probabilmente necessiterà di almeno 2/3 anni di nuovi studi e richieste di valutazione di impatto ambientale agli stati rivieraschi ecc.. Realisticamente il South Stream, che già nella attuale versione, non potrebbe essere operativo se non in 6/7 anni, diventerebbe una specie di araba fenice, che tutti conoscono ma nessuno ha mai visto.
Quindi nell’immediato direi che sono i consumatori europei a dover sperare in miti inverni: almeno i gasdotti ucraini, magari vecchi e usurati, ci sono e portano il gas ad un costo ragionevole.
Il discorso del premier è straordinario: solo attraendo americani e europei nella privatizzazione dell’infrastruttura ucraina (il GTS) potremo impedire la realizzazione del South Stream e salvaguardare la nostra posizione, evitando che il GTS venga rottamato come un ferro vecchio. Il South Stream è fatto solo per bypassare l’Ucraina. Quest’uomo è sicuramente un genio.
Il figlio di Biden entra in Burisma. http://burisma.com/hunter-biden-joins-the-team-of-burisma-holdings/
Soros finanzia la ribellione per avere un governo amico (dichiarato da lui, intervista alla CNN), McCain si precipita a supporto. Si blocca il South Stream, mi (ri?)prendo con la forza il Donbass, dove c’è il grosso dello shale gas (a questo serve Biden Jr) facendo scappare quanto più possibile i russofoni che – si sa mai – potrebbero eccepire. E si sostituisce il gas russo per l’europa con lo shale ucraino, pompato attraverso un’infrastruttura in cui ho coinvolto americani e europei.
C’è il piccolo problema tecnico che lo shale è una bolla che negli USA sta già scoppiando: sono estrazioni di rapina, a breve termine, che non solo fanno danni ambientali enormi (matrice acqua e sismi da reiniezione profonda) ma i pozzi si esauriscono talmente in fretta da non ripagare l’infrastruttura! Le società di estrazione sono tutte in profondo rosso, e il prezzo del kWh sulla rete americana è un quarto di quello cinese, vi pare una cosa sostenibile?
Io pensavo che stessimo rivedendo il cinema del 1973, quando sostenevamo Pinochet e Videla per fermare il comunismo. Ma Kissinger sapeva quel che faceva, perbacco: c’era il controllo dell’esercito, c’era metodo in quella follia. Questi (ma dico questo ragionierino pallido, ce l’ho con i consiglieri americani) sono dei dilettanti allo sbaraglio, continuano a suscitare un vespaio dopo l’altro e non ne azzeccano una. Sono matti, sono completamente matti.
Il South Stream si farà, loro resteranno tagliati fuori e avranno tanti di quei debiti che il FMI gli farà fare il cavolo che gli pare. Povera gente, davvero povera gente, li hanno ingannati e continuano a ingannarli tutti quanti. Mi ricordo quando venivano qui i bambini della nube, non è cambiato niente, è come se ci fosse una maledizione fatta di carestia.
Giusto per dare un’idea della rischiosità della scommessa sullo shale ucraino: l’esperienza polacca dovrebbe fare scuola. Anche lì gli americani hanno venduto illusioni (c’è un nome ben preciso: l’US Department of Energy) agli “amicissimi” polacchi. In quattro e quattr’otto è scoppiata la bolla. Eni è stata l’ultima, ma ha dovuto mollare anche lei. Qui un articolo del Telegraph, tanto per non andare sul tecnico. Vale il passaggio finale, a noi non interessano gli inglesi.
Initial estimates by the US Department of Energy showed (in Poland, nota mia) the largest reserves in Europe at more than 10 times those thought to be in the UK. Wells were drilled and gas flowed, but the fractures in the rock quickly closed, causing gas flow to reduce to a trickle.
The geological conditions were different from those in the US. Earlier this year, Italian oil major Eni was the latest oil major to give up on the Polish shale. A recent US survey slashed the estimate of reserves in the region.
Articolo completo: http://www.telegraph.co.uk/finance/personalfinance/investing/10901879/Before-you-back-Britains-fracking-boom-drill-down-into-the-details.html
Negli USA hanno formazioni formidabili, ma ad oggi è solo il gigantesco bacino Marcellus a continuare a crescere, gli altri sono in plafond. Si tratta di capire se Marcellus va in picco quest’anno o tra due, ma non lo sa nessuno. Quello che voglio dire è che le risorse di gas russo sono certe e stabili, che ci piaccia o no. È un fatto, e un fatto enorme, e chi l’ha sottovalutato, con il casino in MO, le primavere e le maidanate è un cretino patentato.
Mi scusi, poiché probabilmente faccio parte dei “cretini patentati” tutto questo suo discorso sul shale polacco e il nostro azionario in ENI ha qualcosa a che fare con la notizia che la SAIPEM ha minacciato l’interruzione della realizzazione del rigassificatore di Swinoujscie, in Polonia, se il Governo polacco non accetta un contratto supplementare, che prevede l’erogazione di un ulteriore pagamento?
caro Gian Angelo, con tutto il rispetto mi riferivo ai governanti ucraini, americani, polacchi, e europei in generale. Sono sicuro che converrà con me sul fatto che possiamo dibattere dicendo cose più o meno intelligenti, ma il danno che possiamo fare è irrilevante.
Saipem è ENI, senza dubbio, e anche se in teoria si può configurare un “conflitto di interessi” tra la realizzazione di pipelines e rigassificatori, direi che tra i due impianti (l’altro, s’intende, è il SouthStream) la relazione è debolissima. Il tubo ha un potenziale finale da 140 miliardi di metri cubi anno, l’impianto polacco è da 7. Il primo copre l’Europa centrale e meridionale, il secondo serve a portare LNG in Polonia. Direi che, con tutta la buona volontà, il nesso tecnico mi pare piuttosto debole, a meno di voler pensare in un atteggiamento di ripicca di ENI nei confronti della Polonia… non saprei, mi pare un’ipotesi fragile. Poi, per carità, tutto può essere.
Mah. Al di la delle cose più o meno intelligenti che noi possiamo dire, mi sembra che data la situazione “conflittuale” le prospettive di veder realizzato il South Stream in tempi brevi mi paiono piuttosto debolucce. Quindi dobbiamo convivere con il presente e, quale che sia il nostro giudizio sull’affidabilità dei governanti (presenti o passati) ucraini, con i gasdotti terrestri attuali. Tanto più che i tempi del progetto South Stream ci avrebbero costretto comunque ad utilizzare ancora per qualche anno quelli attraverso l’Ucraina (vedi i miti inverni).
Quando e se si ripresenterà la possibilità concreta di realizzare il gasdotto bypassante l’Ucraina e attraverso il Mar Nero, discuteremo se sarà ancora interessante o no, dato che la domanda di fondo (chi ha maggior interesse a farlo?) mi sembra sempre più perduta in considerazioni geopolitiche e di alta finanza che rischiano di essere accademiche, ideologiche e fumose.
Sono perfettamente d’accordo con lei circa il fatto che il sig. Yatseniuk tiri acqua al suo mulino dentro e fuori i suoi confini e mi sembra perfettamente lecito, qualche volta penso che solo gli italiani riescano scientemente e scientificamente a darsi martellate sui calli. (vedi pasticcio rigassificatore di Swinoujscie e “ambizioni” europee dell’accoppiata Renzi/Mogherini).
Sulla vocazione tutta italiana all’autolesionismo siamo d’accordo, e anche sul “chi vivrà vedrà”. Io penso che il SouthStream si farà, e sarà un bene per l’Italia, ma è più un augurio che una previsione. Mi auguro che venga fatto anche il TAP, per differenziare le forniture. Nel frattempo comunque il sistema Italia, con tutte le sue magagne, non è quello messo peggio, in termini di approvvigionamenti di gas. Magra consolazione forse, ma dal punto di vista tecnico sulla gestione del gas siamo una sicura eccellenza mondiale.
Personalmente spero in qualcosa di più di un semplice “augurio” per quanto riguarda il TAP.
Questo gasdotto ha oggettivamente una serie di caratteristiche che lo rendono superiore al South Stream:
– Diversificheremmo le fonti di approvvigionamento
– Il gas che arriverà, non solo sarebbe alternativo a quello russo, ma potrebbe comunque essere in più, diminuendo la nostra dipendenza dall’oligopolista russo
– Il terminal sarebbe in Italia
– Le aziende italiane sarebbero maggiormente coinvolte
– Una volta tanto saremmo in perfetta sintonia con i desiderata europei
– La Grecia ha già approvato (naturalmente !!!) la sua tratta
Quindi, ci sarebbe da dire, ben vengano le difficoltà della Gazprom, vediamo se riusciamo a fare qualcosa nell’interesse dell’Italia e con anche la benedizione e i fondi europei.
Circa poi il suo riferimento a Biden junior , vorrei ricordarLe che nel Board della Gazprom siede un excancelliere tedesco e ci siede dal periodo della realizzazione del North Stream…. Non ricordo che i nostri furbacchioni cugini d’oltralpe ci abbiano trovato qualcosa di strano. E’ sempre vero, i tedeschi spregiudicatamente fanno gli affari (propri) e lascano i babbioni pennivendoli a scandalizzarsi.
1 agosto – Più di 60 esperti internazionali hanno iniziato i loro lavori sul luogo dello schianto del Boeing 777.
1 agosto – L’Ucraina ha fatto appello alla Russia perché desse spiegazioni sul motivo del dispiegamento delle Forze Armate russe nei pressi della frontiera con l’Ucraina già il 30 luglio. La richiesta è stata fatta nell’ambito dell’accordo di Vienna dell’OSCE, il quale prevede il diritto dei membri di mandarli in aiuto gli uni agli altri.
Secondo tale accordo, la Russia avrebbe dovuto fornire una risposta entro due giorni, cioè entro e non oltre la sera del 31 luglio, – ha comunicato il portavoce del Consiglio di Sicurezza e di Difesa Nazionale Andrii Lysenko.
1 agosto – Nel corso della giornata dal territorio russo hanno sparato verso i punti di controllo della frontiera ucraini, – ha detto il portavoce del Centro Informazioni del Consiglio di Sicurezza e di Difesa Nazionale Andrii Lysenko.
1 agosto – Il presidente dell’Ucraina Petro Poroshenko ha ripetuto ancora una volta che l’Ucraina non può ritirarsi: la Crimea è e sarà parte integrante dell’Ucraina. Invece per quanto riguarda la questione dei prezzi del gas, egli vede una possibilità di trovare un compromesso.
1 agosto – I terroristi russi per mezzo di un sistema “Buk M-1” hanno abbattuto un aeromobile a pilotaggio remoto ucraino. È probabile che lo stesso tipo di sistema sia stato usato per abbattere l’aereo civile “Boeing 777”, – ipotizzano le forze ATO.
2 agosto – Il primo ministro britannico David Cameron ha chiamato a rivedere i rapporti a lungo termine con la Russia e ad incrementare il numero di militari della NATO Response Force a 25 mila.
Nel corso della notte, a Donets’k ci sono state forti esplosioni e spari. Nella stessa notte, l’epicentro dei combattimenti si è spostato nel villaggio di Lidiivka e nel quartiere di Biriusov.
2 agosto – A Luhans’k sono in corso delle operazioni di artiglieria, in città non c’è luce, acqua e non prende il telefono, – avvisa il Consiglio comunale di Luhans’k.
2 agosto – La Russia continua ad ammassare le sue truppe vicino al confine con l’Ucraina, – ha comunicato il portavoce del Centro informazioni del Consiglio di Sicurezza e di Difesa Nazionale Andrii Lysenko. I capi delle regioni di Belgorod, Kursk e Briansk (Federazione russa) hanno dato alle imprese agricole e agli agricoltori l’ordine di finire entro il 3 agosto la raccolta nei campi vicini alla frontiera. Si staranno forse preparando per un’invasione più ampia?
2 agosto – Il primo consigliere di Igor Strelkov, leader dei terroristi filorussi, Igor Druz ha confermato che a Slovians’k i terroristi fucilavano le persone per “evitare di diffondere il panico”.
2 agosto – Nel corso della notte, l’80esima brigata aeromobile di paracadutisti di Lviv ha distrutto un convoglio di militanti che si stava spostando da Suhodols’k a Luhans’k. Sono stati distrutti: 7 carri armati, 5 BTR, 3 sistemi “Grad” e circa 7 macchine di rifornimento. Le perdite umane dei militanti ammontano a 120-150, – ha dichiarato un attivista di Luhans’k Dmytro Snegiriov.
2 luglio – In territorio ucraino per diversi chilometri sono di nuovo penetrati 2 elicotteri militari russi Mi-24. La Russia sta costantemente provocando l’esercito ucraino.
La notizia della “distruzione” del convoglio di militanti è inventata di sana pianta. Sono invece vere e confermate anche da fonti ucraine le notizie seguenti:
438 soldati e ufficiali ucraini hanno attraversato il confine russo sotto la bandiera bianca e hanno chiesto asilo politico alla Russia (cosa fatta da altre centinaia nei giorni scorsi)
Il battaglione “Dnepr” della Guardia nazionale ucraina è stato quasi annientato nelle battaglie di ieri
Una colonna dell’esercito ucraino è stata distrutta presso Horlivka
Tre brigate dell’esercito ucraino sono circondate senza cibo ne acqua presso Lugansk e stanno trattando la resa.
Qualcuno trascinato dal tifo aveva annunciato “l’ultima battagli, dopo di che i miliziani dovranno fuggire in Russia”. Per ora in Russia fuggono i disertori dell’esercito ucraino.
Inoltre:
Il comando dell’esercito ucraino a Kharkiv è stato attaccato nella notte da decine di armati
Il parlamento ucraino ha imposto una “tassa di guerra” dell’ 1,5 % del reddito su tutti i cittadini
A Odessa ci sono stati gravi incidenti tra manifestanti filorussi e Pravi Sektor
OKSA, mi scusi, potrebbe per favore dirci da dove vengono le “notizie” che ci riporta?
SI, Ukrainska Pravda, giornale indipendente ucraino, … è il quotidiano, in lingua ucraina, fondato da Georgiy Gongadze, giornalista indipendente ucciso nel 2000 dalle squadracce agli ordini dell’allora presidente Kuchma (il padrino politico di Yanukovich). Nel 2004 il giornale è stato una voce della Rivoluzione Arancione e tra i più aspri critici del regime di Yanukovich. Oggi il giornale è guidato da Olena Prytula, compagna di Gongadze, che – pur essendo russofona – ha sempre voluto mantenere il quotidiano in lingua ucraina. Un giornale che non ha certo rapporti con Mosca ma che non si esime di dire il vero, anche se è scomodo.
http://blogs.pravda.com.ua/authors/voznyak/53df259361d68/
3 agosto – Nella notte del 3 agosto, sul territorio della regione di Luhans’k sono penetrati 10 carri armati russi, – ha comunicato il portavoce del Centro informazioni del Consiglio di sicurezza e di Difesa Nazionale Andrii Lysenko.
3 agosto – A Kharkiv, una fabbrica che si occupa delle riparazioni delle attrezzature militari per le Forze Armate dell’Ucraina è stata attaccata da un lanciafiamme MROA prodotto in Russia nel 2008.
3 agosto – La Russia sta raccogliendo il suo esercito equipaggiato come forze di pace delle Nazioni Unite al confine con l’Ucraina e nella vicina Bielorussia. A Gomel, in Bielorussia, alla stazione ferroviaria “Severnyi”, è giunto ieri un treno militare russo trasportante 65 piattaforme di mortai. Ha intenzione di introdurre le sue “forze di pace”?
3 agosto – L’ex presidente dell’Ucraina Viktor Ianukovych e il suo entourage sono ostaggi del presidente Vladimir Putin, il quale li manipola a sto vantaggio, – ha detto il consigliere del ministro degli Affari Interni Anton Herashchenko. Ora lo staff di Ianukovych finanzia molto meno la guerra – i diretti interessati sono Putin stesso, il suo ministro della Difesa Shoigu e la Federazione russa in generale.
3 agosto – La Procura Generale dell’Ucraina ha raccolto abbastanza prove sui crimini dell’ex presidente dell’Ucraina. Siccome Viktor Ianukovych si è rifugiato in Russia, lui e i suoi colleghi verranno giudicati in Ucraina in loro assenza. Secondo le parole del procuratore generale Vitalii Iarema, si sta ora lavorando su un progetto di legge che permetterebbe di farlo.
4 agosto – 19 senatori americani hanno chiesto al presidente Barack Obama di riconoscere le autoproclamate “Repubblica Popolare di Donets’k” e “Repubblica Popolare di Luhans’k” come organizzazioni terroristiche, – comunica il ministro degli Affari Esteri dell’Ucraina Pavlo Klimkin.
4 agosto – Nel corso della notte degli sconosciuti hanno sparato contro l’edificio del Commissariato militare regionale, probabilmente da un lanciafiamme di tipo “Shmel'” di produzione russa.
4 agosto – Le forze ATO hanno preso la città di Iasynuvata, nella regione di Donets’k; essa è un crocevia importante del traffico ferroviario della regione.
4 agosto – Lunedì notte, alle ore 4:30, si è svolta un’operazione programmata per sbloccare i paracadutisti nella zona di Chervonopartyzans’k. La maggior parte dei militari è riuscita ad uscire dall’accerchiamento, mentre un’altra parte si è ritirata nella Federazione russa. La 72esima brigata si è scissa in due parti: una avrebbe dovuto raggiungere il gruppo di sostegno e l’altra – coprirli. La seconda ha fornito una buona copertura ai suoi fratelli, combattendo eroicamente fino all’ultimo proiettile. Dopo aver esaurito le risorse, hanno fatto saltare in aria i resti delle apparecchiature militari e si sono ritirati nella Federazione russa. Il confine russo-ucraino nei pressi della città di Chervonopartyzans’k è rimasto scoperto. 195 soldati ucraini stanno già tornando in Ucraina. Si attende il ritorno degli altri soldati.
4 agosto – Nel corso della giornata ci sono stati 39 scontri militari fra i terroristi e le forze dell’ATO. Cinque militari sono morti e 14 – feriti.
Povera Oksa: a forza di raccontare frottole è finita lei stessa a crederle per la verità!