Una “alleanza jugoslava” è stata creata a Zagabria con l’intento di far riconoscere l’identità jugoslava come una nazionalità che appartiene a tutti gli stati che facevano parte della precedente federazione.
L’associazione Nasa Jugoslavija ha così fondato ufficialmente il movimento Savez Jugoslovena. In un comunicato stampa i membri dell’associazione reclamano il diritto di proteggere la loro identità e allo stesso tempo l’eredità artistica e culturale che fu della precedente federazione e, prima di essa, del Regno di Jugoslavia (creato come “stato cuscinetto” dopo la fine della Prima Guerra Mondiale). Il gruppo vuole in questo modo aprire un dibattito pubblico sul ruolo attivo nella democratizzazione giocato dai cittadini jugoslavi: “poiché essi -lungi dall’essere scomparsi- sono la sola alternativa ai nazionalismi balcanici”.
“L’alleanza è determinata -recita il comunicato- a lavorare attivamente per il superamento di tutte le divisioni nazionali, riunendo tutti coloro che la guerra ha diviso, distruggendo la vecchia Repubblica Socialista federale di Jugoslavia”. Non solo, ma un nuovo linguaggio “d’amore e riconciliazione” dovrà sostituire i decenni di odio che hanno portato alla guerra.
Questa iniziativa, davvero marginale nel panorama politico balcanico, è interessante sia da un punto di vista sociologico che antropologico. L’eccesso di cultura, ovvero la produzione artefatta di identità (vedi il caso “padano”), è uno dei fenomeni più diffusi nell’Europa del nuovo millennio e produce dinamiche disgregatrici all’interno dei vecchi stati nazionali. Questo processo si lega, necessariamente, a quello di integrazione europea. I Balcani, però, sono al momento ancora fuori da questo processo. I nazionalismi serbo e croato, insieme al radicamento di un islam fondamentalista in Bosnia, sono i principali pericoli per la pace. Nell’Europa occidentale, dalla Vallonia ai Paesi Baschi, si cerca un radicamento identitario attraverso la creazione di identità politiche circoscritte e regionali. Nei Balcani avviene l’esatto opposto: il ritorno a una supposta identità jugoslava è vista come ritorno a uno stato di benessere sociale ed economico. La nostalgia di Tito è ancora oggi diffusa dalla Croazia alla Macedonia, ad essa sembra riferirsi la retorica di Nasa Jugoslavija. Una retorica anacronistica, che non riesce a trovare il futuro altrimenti che nel passato. Un esercizio, questo, assai frequente in un Europa in preda a rigurgiti fascisti, nostalgie monarchiche e radici cattoliche.
Speriamo che i popoli jugoslavi ricostruiscano il loro Stato e che riottengano la perduta dignità e potenza.