RUSSIA: Mosca condannata a pagare 50 miliardi di dollari per l'affare Yukos

La Corte permanente per l’arbitrato dell’Aia ha condannato la Russia a versare oltre 50 miliardi di dollari per danni agli ex azionisti della società petrolifera Yukos. La sentenza è stata emanata il 18 luglio scorso, ma resa pubblica solo dieci giorni dopo.
Di fatto, si accusa il presidente russo Vladimir Putin di aver costruito o ingigantito le prove che hanno portato la Yukos alla condanna per frode fiscale, con lo scopo di rimuovere l’oligarca che ne era a capo, Mikhail Khodorkovskij, dalla scena politica e poter nazionalizzare la società.

Il caso Yukos

Il colosso petrolifero nasce nel 1993 come azienda statale, ma dopo due anni di malagestione si decide per la privatizzazione. L’asta viene pilotata a favore del magnate Khodorkovskij, che è nettamente facilitato dai suoi legami con la “cricca” operante al Cremlino in quel periodo (il presidente è Boris Eltsin) e riesce a entrare in possesso del 45% della Spa sborsando appena 159 milioni di dollari: cifra irrisoria, considerando il volume d’affari potenziale (Yukos, durante il suo picco massimo, produceva il 20% del petrolio russo e il 2% su scala mondiale). Con una serie di altre operazioni, infine, Khodorkovskij arriva a possedere il 70% circa dell’azienda.

Gli affari vanno alla grande fino all’ascesa di Vladimir Putin, che vuole riappropriarsi dell’ex gioiello statale. I guai cominciano nella primavera 2003 con gli arresti del responsabile della sicurezza interna Alexey Pichugin (accusato dell’omicidio di alcuni personaggi invisi all’azienda) e di Platon Lebedev, presidente della banca Menatep, principale azionista della compagnia (accusa di frode fiscale). Il 25 ottobre dello stesso anno infine, anche Khodorkovskij è arrestato in Russia con le pesantissime accuse di bancarotta fraudolenta, inesecuzione di sentenza di una corte, evasione fiscale, produzione di false documentazioni.

Condannato nel 2005 a nove anni di galera, nel 2010 l’oligarca ha subìto una nuova condanna per appropriazione indebita e riciclaggio. Tuttavia, nel dicembre del 2013, Khodorkovskij ha ottenuto la grazia dalla Duma: scarcerato, adesso vive in Svizzera.
La Yukos nel 2004 è stata poi inglobata dall’azienda petrolifera governativa Rosneft.

LEGGI ANCHE:  Khodorkovski non è un martire

Il processo

Khodorkovskij formalmente non è tra i beneficiari della sentenza dell’Aja, in quanto ha venduto le sue quote di Yukos al Gml (Group Menatep Limited), società controllata dal suo ex socio Leonid Nevzlin.

Secondo la Corte internazionale dell’Aia, la Yukos non era proprio “limpida” dal punto di vista fiscale, ma queste “debolezze” sarebbero state usate forzosamente da Putin per potersi riappropriare del colosso petrolifero e togliere di mezzo l’oligarca. Per confermare questa tesi, la Corte sottolinea come l’assorbimento di Yukos da parte di Rosneft sia avvenuto con metodi poco chiari, con un’asta falsata e attraverso una società fantasma che ha poi rivenduto l’ex azienda di Khodorkovskij allo Stato per un prezzo di gran lunga minore rispetto a quello di mercato.

Gli ex azionisti di Yukos non hanno escluso di poter fare causa anche contro la Rosneft stessa e i suoi azionisti (tra cui c’è la British Petroleum) per il loro ruolo nella ridistribuzione degli asset di Yukos e/o nel caso la Russia si rifiutasse di pagare la penale.

“Non c’è ragione di pensare che la Russia non onorerà i suoi obblighi internazionali”, ha detto Tom Osborne, che ha seguito la causa per conto del Gml. “Ma se ciò dovesse avvenire, allora la Convenzione di New York farà il suo lavoro”.
Questa convenzione, datata 1958 e ratificata in 143 stati, stabilisce le regole per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere. Secondo tale accordi internazionali, se il governo russo si rifiutasse di pagare, gli ex azionisti di Yukos potrebbero rivalersi sui beni commerciali russi dislocati nei Paesi che hanno aderito al patto. Le società più esposte sarebbero le due compagnie petrolifere di Stato, Rosneft e Gazprom.

La Russia ha tempo fino a gennaio 2015 per pagare i 50 miliardi di dollari, dopodiché inizieranno a essere contati anche gli interessi (che in cifre di questo calibro sono molto consistenti).

Le reazioni

È indubbio che la sentenza arrivi in un momento non favorevole per Putin, stretto dall’assedio occidentale per le vicende in Ucraina. Le prime reazioni sono tutt’altro che accondiscendenti.
Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha già annunciato ricorsi. Ben più duro invece è stato il ministro delle Finanze Anton Siluanov, che ha denunciato gravi difetti nella sentenza.

Prima di tutto, secondo il ministro, l’Aja avrebbe ignorato la precedente decisione della Corte di Strasburgo sui Diritti Umani (settembre 2011) secondo cui il processo contro Yukos per evasione fiscale portato avanti dalle autorità russe sarebbe stato “legittimo” e non motivato politicamente. Si sottolinea poi “l’esame unilaterale e l’ammissione delle prove di una sola parte” e le “speculazione teoriche non supportate da prove”. L’Aja sarebbe addirittura andata oltre, secondo Siluanov, andando a giudicare nel merito il modo in cui il sistema di tassazione russo dovrebbe funzionare.

“La Corte – continua il ministro – non si approccia alla sentenza col buon senso che sarebbe richiesto ai giudici in casi come questo. Tale approccio mina la credibilità dell’arbitrato internazionale e del Trattato sulla Carta dell’Energia (Energy Charter Treaty) che vengono applicati in maniera sempre più politicizzata e, come in questo caso, sono diventati oggetto di abusi per conto di investitori nazionali che cercano di evadere le tasse”, affonda Siluanov.

Dal Cremlino intanto fanno sapere di essere pronti ad appellarsi alla sentenza.

Vladimir Milov, già vice ministro russo all’Energia e oggi esponente dell’opposizione, ha commentato la sentenza dicendo che “da ora in poi chi governerà la Russia dovrà pensarci due volte prima di violare le leggi del paese. Quella dell’Aja è stata una lezione”. Una costosa lezione

Foto: Russia Today

Chi è Valerio Pierantozzi

Giornalista professionista, sono nato a San Benedetto del Tronto nel 1980, ma sono pescarese di adozione. Ho passato 20 anni della mia vita a scuola, uscendo finalmente dal tunnel nel 2006 con una laurea in Filosofia. Amo il mare, il sole, le spiagge e odio il grigiore, le nubi, il freddo. Per questo nel 2014 mi sono trasferito in Svezia. Da grande vorrei essere la canzone “Night” di Sergio Caputo.

Leggi anche

RUSSIA e UCRAINA: Il ritorno di Trump, l’Occidente al bivio

Le elezioni americane del 6 novembre ci (ri)consegnano il 47° presidente degli Stati Uniti d’America: …

19 commenti

  1. Figuriamoci, la Russia non sgancerà un centesimo a questi mafiosi, poco ma sicuro. E se provano a sequestrare beni, gli asset delle imprese straniere in Russia valgono 5 volte quelli russi all’estero, non gli conviene.

  2. Non mi è chiaro a quale tribunale di seconda istanza ci si possa appellare in caso di “sentenze” della Corte permanente per l’arbitrato dell’Aia, visto che non si tratta di un tribunale, ma di un lodo arbitrale sollecitato dalla parti e reso vincolante (operativo) dalle libera decisione delle parti stesse.
    Poiché chi ha portato in tribunale la Federazione Russa sono privati cittadini, gli azionisti della vecchia Yukos per intenderci, sarà più facile per essi, forti di questo risultato e non avendo nulla da perdere in Russia, ottenere dai tribunali dei singoli stati di aggredire i beni commerciali russi dislocati nei vari Paesi, senza contare che le “prede” più esposte sarebbero naturalmente le due compagnie petrolifere di Stato, Rosneft e Gazprom, con beni enormi sparsi in parecchi paesi (ad esempio in Italia una robusta partecipazione in Pirelli). E’ praticamente impossibile che la Russia riesca a bloccare azioni legali di rivalsa in una dozzina di paesi differenti, inoltre vi è la possibilità tutt’altro che remota che i vincitori si possano rivalere sugli azionisti delle stesse sostenendo che hanno goduto di un guadagno illecito.
    Dall’altra parte non avendo gli azionisti Yukos beni in Russia, la possibilità di ritorsione o ricatto è minima.
    La morale di questa vicenda è la conferma di come la cricca di oligarchi, di cui Putin è l’espressione istituzionale, abbia liquidato, a suo tempo, i possibili concorrenti e ottenuto il controllo dell’unica fonte di ricchezza del paese. D’altronde in Russia il potere, quello vero, gira intorno alla Gazprom, quella è la cupola mafiosa, mentre la faccia istituzionale rappresenta un mero orpello decorativo.

  3. Una sentenza che sa chiaramente di vendetta. Di fronte a un oligarga che aveva comprato per 159 milioni di $ una società di quel genere con la quale Putin ha poi rimesso in sesto le finanze russe, lo stato secondo questo tribunale “imparziale” non avrebbe potuto far nulla. Dove sarebbe la legalità nell’espropiare lo STATO di beni che sono di propietà di tutto il popolo e che assicurano ad esso la sussistenza? E nell’espropiarlo a prezzi stracciati? Qual’è la proporzione tra il prezzo con cui quell’oligarca ha comprato (meglio sarebbe dire, perchè così è: ha rapinato) quell’azianda e questa assurda cifra di “risarciamento”? Dov’è la moralità in tutto questo? In quel periodo tanto caro agli Usa e all’Ue la Russia aveva addirittura contratto debiti con il Fmi. poi e venuto colui che non sarebbe mai dovuto venire nei loro piani: Putin CHE HA RESTITUITO TUTTO. Questa è un’altra cosa che i cannibali della finanza internazionale non gli potranno mai perdonare. Secondo questi signori quelle risorse dovevano rimanere nelle tasce di pochi e naturalmente essere dislocate nel nostro bel occidente. Ecco un’altro istituto internazionale screditato!

    • Mi sembra che non sia per niente chiaro che l’affare, anzi il MALAFFARE, Yukos/Gazprom è una faida al coltello tra cosche mafioso/finanziarie RUSSE.
      Altro che “espropriare lo STATO di beni che sono di propietà di tutto il popolo e che assicurano ad esso la sussistenza?” !!! Da dove vengono queste candide perle di saggezza?
      Un gruppo di oligarchi con l’aiuto del suo garante politico e compagno di affari, Putin, ha fatto fuori un altro gruppo di oligarchi.
      Dovrebbe controllare chi sono gli azionisti (russi e stranieri…) di Gazprom o Rosneft: io non ci vedo il “popolo” o la sua “sussistenza” neanche col binocolo!
      E adesso scaricheranno questo “incidente di percorso” sulle casse statali, come stanno facendo con i megaprogetti di nuovi gasdotti sul confine cinese o attraverso il Mar Nero…. i costi sui consumatori russi e i ricavi sui conti della cricca putiniana a Londra! Ben svegliato nella Federazione dei Pescecani!

      • Forse non ha letto quello che ho scritto. La Gazprom è statale e Putin ha ripagato i debiti. TUTTI. Dalle entrate del gas la Russia ha potuto risollevarsi da quel baratro finanziario nella quale durante la follia del periodo di Eltsin era caduto, periodo della svendita delle proprietà statali e della dislocazione delle ricchezze in occidente. E quel personaggio tanto difeso dalle nostre parti aveva rapinato la Yukos per la cifra di 159 mil. di $. Questo periodo è finito. Mettetevi l’anima in pace!! Il popolo russo ha capito il gioco dell’occidente, e in particolare degli Usa, e insieme ad esso lo hanno capito in tanti altri. Vedi i BRICS. E’ rimasta l’Ucraina da spolpare per quel poco che è rimasto. E gli Usa non hanno perso tempo a mettere del Cda di certe aziende i loro uomini. Vedi il figlio di Biden. Lasciamo perdere…….

  4. Ero quasi convinto ad accettare il suo cordiale invito a lasciar perdere, ma almeno una precisazione è necessaria. La Gazprom è una società per azioni regolarmente quotata alla Borsa di Mosca con anche azionisti stranieri, mentre di “popolo” e “sussistenza” non se ne vede la minima traccia.
    Che poi lo stato mantenga una (opaca) quota di controllo è un altro paio di maniche, anche perché, visto l’intreccio tra “compari” nella società e nel governo, qualche volta, soprattutto in politica estera, non è chiaro chi controlli chi.
    Gentilmente non presuma che non legga o non capisca quello che altri vanno scrivendo, anche se qualche volta assomiglia a deliri etilici all’ora di chiusura del circolo ARCI-pensionati.

  5. I “compari” di cui parla dovrebbe cercarli nelle passate gestioni permesse all’epoca di Yeltsin. Per quanto riguarda quella che lei definisce “opaca” quota di controllo da parte dello stato (e con questo ha ammesso che la compagnia è statale; si tratta di una public company, è ovvio che ci siano tanti altri azionisti: quel che conta, lo sa un qualsiasi studente, è chi controlla la maggioranza!) le riporto alcune citazioni tratta da un articolo di questo sito (che certo non è pro-Putin):

    https://www.eastjournal.net/russia-gazprom-cosa-succede-al-gigante-energetico-russo/31205

    “Negli anni ’90, dopo il crollo dell’Urss, Gazprom venne in parte privatizzata. Col beneplacito dell’amministrazione Yeltsin (1991-1999), grossa parte degli introiti di Gazprom andò a finire nelle tasche dei membri del consiglio di amministrazione della compagnia e di loro familiari. Allo Stato non restarono che le briciole. Subito dopo il suo arrivo alla presidenza nel maggio del 2000, Vladimir Putin decise di intervenire per fermare il saccheggio dei beni di Gazprom”.

    “Col forte sostegno del governo centrale, tra il 2000 e il 2003 Gazprom ha recuperato gran parte delle proprietà di cui era stata illegalmente spogliata negli anni precedenti. Nel 2005 il controllo statale della compagnia è stato rafforzato con l’acquisto di assets privatizzati negli anni ’90”

    “Grazie anche al costante aumento del prezzo del gas nello scorso decennio, le esportazioni di Gazprom sono diventate una delle principali entrate per le casse federali. Nel 2011 Gazprom ha prodotto 513 miliardi di metri cubi di gas, pari al 17% della produzione mondiale e all’83% di quella russa”.

    “Allo stato non restarone che briciole”. Per l’appunto…. Come ben si evincie, dopo tutto i russi non possono essere tanto scontenti del loro presidente. Che lo siano i cannibali della finanza occidentale lo si può comprendere. Non comprendo però come si possa difendere l’indifendibile e schierarsi contro i fatti più evidenti. In questo e non nella differenza di opinioni vedrei piuttosto i “deliri etilici del circolo ARCI-pensionati” da lei menzionati.

  6. Come sa qualsiasi studente: “Nonostante l’aggettivo “pubblico”, la public company è una società di diritto privato e di proprietà privata: per indicare una società pubblica (di proprietà dello Stato o di un altro ente statale) in inglese non viene utilizzato il termine public company ma government-owned corporation. In Italia, a volte, il termine public company viene utilizzato per designare la società ad azionariato diffuso”.
    Al di là delle questioni terminologiche la (facile) scelta putiniana di basare la bilancia dei pagamenti russa e le sue politiche sociali esclusivamente sull’esportazione energetiche ha comportato un disinteresse per una vera, ma faticosa modernizzazione e diversificazione della struttura industriale russa e, di contro, una sempre maggiore dipendenza dalle “esigenze” dell’industria energetica (vedo che lei è allergico alla citazione di legami mafiosi tra dirigenza politica e vertici oligarchici della Gazprom).
    Questo è evidente soprattutto nella politica estera dove spesso lo stesso Putin sembra condurre trattative più quale “rappresentante” della Gazprom che di istituzioni pubbliche. O, se preferisce, utilizza spregiudicatamente il ricatto energetico a favore dei sui fini politici. L’esempio storico più calzante potrebbe essere il Governo inglese e la British East India Company.
    Se poi lei si accontenta che le briciole degli affari della cupola mafiosa putiniana finiscano al “popolo” per il suo “sostentamento”, libero di farlo: vedo che è in buona compagnia; dentro e fuori la Russia, il numero dei festanti e plaudenti, al momento, sembra considerevole.
    Noto con piacere che la “mattina dopo” ha portato maggiore lucidità e cortesia.

  7. Il suo ragionamento, mi scusi, fa acqua da tutte le parti. Prima rimprovera a Putin di sbilanciare l’economia russa sulle esportazioni energetiche e poi parla di “briciole” che rimarrebbero allo stato degli introiti del comparto energetico… Ripeto che lei sta andando contro le evidenze in questa questione. Le briciole erano quelle che la gestione gli oligarchi dell’era Yeltsin lasciava allo stato e che Putin ha allontanato con grande profitto per lo stato russo. Questo non va a genio a coloro ai quali non è evidentemente andata proprio giù che la Russia abbia saputo esprimere una classe dirigente capace di fermare lo sfacelo. A queste persone uno scenario tipo Iraq sarebbe stato più congeniale, soprattutto per mettere le mani sulle enormi risorse energetiche russe, che poi sono il vero obiettivo della politica Usa. MA QUESTO GRAZIE A PUTIN NON E’ AVVENUTO! Non si tratta di essere plaudenti, ma obiettivi. E comunque certe considerazioni si potrebbero ritorcere contro che le rivolge agli altri. E lei comprende bene che la sua posizione potrebbe anche essere soggetta all’accusa di unilateralità.

    Mi dispiace, ma la sua definizione di “cupola mafiosa” sa tanto di livore anti-russo; non posso accettarla in relazione ad una persona che ha – evidentemente – fatto il bene del suo popolo (non sto dicendo “tutto” il bene…), soprattutto in relazione ai veri mafiosi della terribile era Yeltsin, periodo, ripeto, nel quale la Russia ha rischiato veramente grosso. E sì, sono contento che questo paese sia uscito indenne da tale pericolo!

    Come le ho già detto, e lei ben sa, è la maggioranza che conta nella public company, che nella Gazprom è dello stato, il quale la controlla e ne trae i profitti per risanare i conti dello stato, pagare le pensioni e quant’altro. Se non è statale una tale compagnia, non so quali altre possano esserlo. Non bisogna avere il 100% delle azioni. Non serve!

    Detto per inciso, se lei vuole trovare esempi di intreccio tra potere politico e economico (ed anche militare, soprattutto in certi stati) non deve certo andare così lontano, fino alla Russia. Comunque se veramente vuole spaziare in largo, potrebbe volgere lo sguardo ANCHE nell’altra direzione, e dare un’occhiata ai governi Usa e alle loro losche manovre in politica estera, e alle loro guerre, per far trarre vantaggi economici alle loro compagnie. A questo potere potrebbe anche attagliarsi la definizione di “mafioso”, termine al quale, mi sembra, lei attribuisce uno spettro di significazione piuttosto “ampio”.

  8. Sono daccordo con lei per quel che riguardo lo sbilanciamento della politica economica russa. E’ anche vero che Putin aveva davanti a se delle urgenze immediate da risolvere: rimettere il comparto energetico sotto il controllo dello stato e ripagare i debiti (contratti addirittura con il Fmi= controllo del governo Usa). La sfida che si trova di fronte la Russia nel futuro sarà soprattutto questa, quella di attivare una modernizzazione e dinamizzazione dell’economia. Se è uno stato vitalmente ricco e inventivo (e laborioso: gli slavi tendono ad adagirsi sullo status quo), vincerà questa sfida, traendo vantaggio anche dalle sanzioni dell’occidente e sfruttandole come uno stimolo. Non tutto il male viene per nuocere. O per nuocere soltanto!

    • Visto che non introduce alcun nuovo elemento, credo che sia noioso ripetere quanto ci siamo già detto. Si ricorda l’aforisma del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: Lei lo vede mezzo pieno (anzi pieno del tutto) io mezzo vuoto, tendente al fondo.
      Lei è convinto che Putin vincerà qualsiasi sfida e che meglio di così non si può, io ritengo che sta trascinando la Russia verso l’ennesimo disastro economico e sociale: direi che a questo punto qualsiasi ulteriore confronto è privo di costrutto.

      • Mi perdoni, ma che il sottoscritto sia convinto “che Putin vincerà qualsiasi sfida e che meglio di così non si può” non corrisponde assolutamente al mio pensiero. L’esaltazione di qualunque persona o governo o quant’altro su questa terra è solo una ingenuità. E non mi sembra, rileggiendo i miei interventi in questo tread, che abbia giustificato una tale impressione. Penso solo che Putin abbia vinto la grande sfida di tirar fuori la Russia da dove Yeltsin l’aveva condotta e spero che nè vincerà altre per il bene del popolo russo e per l’equilibrio globale.

        • Prendo atto della sua precisazione. Visto che lei “Pensa SOLO che Putin abbia vinto la grande sfida di tirar fuori la Russia da dove Yeltsin l’aveva condotta e spero che nè vincerà altre per il bene del popolo russo e per l’equilibrio globale”, mi permetto di ripetere che io iritengo che Putin sta trascinando la Russia verso l’ENNESIMO disastro economico e sociale.

          • Opinioni diverse senz’altro! Comunque gli indicatori economici e sociali dicono tutt’altro rispetto alla sua opinione, tant’è vero che la Russia può permettersi di replicare con decisioni alle Ue, e altri paesi, che dovranno pagare a caro prezzo la loro avventatezza nell’imporre sanzioni credendo a cuor leggero (?) alle bufale della propaganda di Obama circa le prove sull’abbattimento dell’aereo malese. Non solo! Ma la Russia di Putin è stata in grado di salvare dal DISASTRO una nazione come la Siria, che altrimenti avrebbe fatto la fine dell’Iraq e della Libia. Alla Casa bianca (e alla Cia) non riescono ancora a capacitarsi come questa piccola “insignificante” nazione abbia potuto resistere alla guerra lanciatagli contro da Obama, Ue, Israele, Turchia, Quatar e Arabia Saudita messi insieme. Eh questa Russia di Putin! Dal loro punto di vista un vero disastro! Come vede, mi sembra proprio che le cose non vadano nella direzione da lei indicata.

          • Dato che non cita quali siano gli “indicatori economici e sociali” che contradirebbero la mia opinione (chi sa quale) non posso replicare nulla. Circa le conseguenze delle sanzioni occidentali non offre alcun elemento a sostegno delle conseguenze in Russia o in Europa, mentre mi sembra troppo presto per valutare l’impatto della politica autarchica istaurata da Putin. Quindi, mi consenta, al momento solo chiacchere da bar.
            Mi ha molto colpito l’accorata denuncia della “fuga dei cervelli” dalla Russia circolata sui media russi e sulla rete: questo fenomeno di solito viene associato ad un’industria matura e declinante.
            Circa la Siria, direi che Putin e Assad sono in buona compagnia con “Obama, Ue, Israele, Turchia, Quatar e Arabia Saudita” a leccarsi le ferite e a sperare di salvare almeno la pelle (parlo per Assad).
            Anche il novello “Lider maximo” qualche piccolo pensiero ce l’ha.

          • Intanto il servizio di statistica federale ha comunicato che nel primo semestre del 2014 il PIL russo è cresciuto dello 0,8 %, alla faccia dei gufi. E la produzione industriale grazie alle sanzioni è in piena ripresa, le industrie russe stanno ricevendo le commesse perdute dalle concorrenti occidentali. Certo la Russia avrà dei problemi a seguito delle sanzioni, ma nulla di catastrofico, soffrirà meno della UE. Quanto alla “politica autarchica”, esiste solo nella tua fantasia, la Russia ha rapporti economici con tutto il mondo. Imprese asiatiche e sudamericane stanno già occupando il posto lasciato libero dagli europei, e se l’economia dell’eurozona continua cosi, presto i governanti europei saranno chiamati a rispondere alle loro imprese e lavoratori di questa politica suicida

          • forse dovresti rileggere: il pil russo nel primo trimestre ha fatto -0,3. anno su anno a luglio fa -0,2. le riserve continuano a scendere e la banca centrale russa non fa altro che alzare i tassi d’interesse per non perdere ulteriori capitali, con evidenti deleteri effetti su consumi ed investimenti. il mercato dell’auto è crollato e la compagnia aerea bylina tra poco cesserà l’esercizio della sua attività per problemi finanziari. per non parlare di rosneft, che ha appena chiesto un prestito al governo russo per svariati miliardi di dollari per far fronte alle passività a breve
            nessuna politica suicida dell’eurozona, anzi. le sanzioni sono troppo leggere per uno che si comporta come hitler nel’39: e queste sono parole di un docente universitario russo, naturalmente sollevato dall’incarico

          • La Russia ha avuto UN UNICO disastro economico e sociale, quello seguito alla fine del sistema sovietico. Altri non ne ricordo.

  9. La perentoria affermazione, a un mese e meno, su chi soffrirà di meno o di più non mi sembra suffragata da sostanziali elementi. Circa le rocambolesche “sostituzioni” vedremo quando arriveranno effettivamente sugli scaffali dei supermercati e a che prezzi: è facile affermare che la produzione agricola russa sostituirà quella straniera, però non si spiega perchè finora certi prodotti li compravano all’estero.
    Circa le statistiche “ufficiali” mi permetto di avere qualche dubbio: anche il nostro ISTAT riesce a addomesticare i dati per il “pubblico”, figuriamoci quello russo (!), e comunque ci sono dati differenti
    (http://en.itar-tass.com/economy/742194).
    Di politica autarchica (e di isolamento culturale e difesa dei valori russi) ne parlano diffusamente sia Putin, Medvedev che vari “ideologhi” e pennivendoli del regime.
    Sulla situazione economica e sociale russa un riassunto giornalistico: http://nationalinterest.org/feature/russias-next-crisis-brain-drain-10961
    Il tempo ci dirà che si sta suicidando, comunque, pur ritenendola una smaccata sottovalutazione, rettifico la mia affermazione: Putin sta trascinando la Russia verso il SECONDO disastro economico e sociale.
    (Chi sa cosa cambia?).

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com