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GEORGIA: Morto Shevardnadze, l’uomo che accelerò la fine della Guerra Fredda

Si è spento ieri a Tbilisi all’età di 86 anni dopo una lunga malattia Eduard Shevardnadze, ex presidente della Georgia nonché ultimo Ministro degli Esteri dell’Unione Sovietica. Shevardnadze fu uno dei più importanti uomini politici europei della fine del XX secolo, in quanto come Ministro degli Esteri sovietico diede un contributo fondamentale nel porre fine alla Guerra Fredda, mentre come Presidente della Georgia indipendente guidò il paese nei suoi primi e difficili anni di vita.

Dopo anni passati a capo della Georgia sovietica, fu tra i principali membri del governo riformista di Gorbačëv, passando alla storia per aver dato involontariamente una grossa mano al processo di dissoluzione dell’Unione Sovietica, a causa soprattutto della sua linea adottata in politica estera. Dopo il crollo sovietico, nel 1992 tornò in Georgia in seguito al colpo di Stato contro il presidente Zviad Gamsakhurdia, prendendone il posto nel 1995. Shevardnadze governò la Georgia per otto anni, fino a quando la rivoluzione delle rose guidata da Saakashvili e le pesanti accuse di corruzione e di brogli elettorali – proprio a lui che nel periodo sovietico si distinse soprattutto per la lotta alla corruzione – non lo costrinsero a dimettersi.

Gli esordi in politica

Nato il 25 gennaio 1928 a Mamati, nella Guria (regione occidentale della Georgia), non ancora ventenne veniva già considerato un esponente di spicco del Komsosol locale (organizzazione giovanile del Partito Comunista sovietico). Nel 1965 Shevardnadze venne nominato Ministro degli Affari Interni della RSS Georgiana, ruolo che mantenne fino al 1972, quando venne promosso a Primo Segretario del Partito Comunista Georgiano, carica acquisita a spese di Vasil Mzhavanadze, dimessosi in seguito ad accuse di corruzione avanzate dallo stesso Shevardnadze. Proprio contro la corruzione il nuovo Segretario del PCG combatterà le sue più grandi battaglie (all’epoca la Georgia era considerata la più corrotta tra tutte le Repubbliche dell’Unione Sovietica).

Ministro degli Esteri sotto Gorbačëv

Nel 1985 Michail Gorbačëv lo nominò a sorpresa per sostituire al Ministero degli Esteri Andrej Gromyko, il quale era in carica dal 1957. Come Ministro degli Esteri, Shevardnadze svolse un ruolo fondamentale nel periodo di distensione che caratterizzò la fine della Guerra Fredda: ritirò le truppe sovietiche dall’Afghanistan, contribuì attivamente al crollo del muro di Berlino, lavorò al disarmo nucleare e praticò con i paesi del Patto di Varsavia la cosiddetta “Dottrina Sinatra”, permettendogli di scegliere quasi liberamente la propria strada, senza interferenze da parte di Mosca. Impedì inoltre interventi dell’esercito contro le rivolte e i movimenti di protesta che si verificarono in quegli anni in molti paesi del blocco sovietico. Protagonista della perestrojka, si dimise polemicamente nel dicembre del 1990 annunciando a Gorbačëv che “la dittatura sta arrivando”. Pochi mesi dopo un golpe avrebbe fatto cadere lo stesso Gorbačëv.

Presidente della Georgia indipendente

Dopo il colpo di stato militare contro Zviad Gamsakhurdia, primo presidente della Georgia, a partire dal 1992 Shevardnadze divenne Presidente del Consiglio di Stato del nuovo governo. Uscito definitivamente dalla scena politica Gamsakhurdia (morto nel 1993), e in seguito alla schiacciante vittoria riportata alle elezioni del 1995, Shevardnadze venne eletto Presidente della Georgia. Erano anni difficili per il paese caucasico, appena uscito con le ossa rotte da una dura guerra civile con i separatisti abkhazi e osseti, e lo furono anche per lo stesso Shevardnadze, che riuscì a scampare a diversi attentati. Finì così per ritrovarsi a capo di una Georgia colpita da una corruzione dilagante, da un’economia a pezzi e da un alto tasso di criminalità. Accusato di corruzione e di aver manipolato le elezioni presidenziali, nel 2003 venne rovesciato dalla piazza guidata dal suo ex pupillo Saakashvili, che pose fine alla sua vita politica.

Nonostante gli ultimi tormentati anni da Presidente della Georgia e le gravi accuse che lo costrinsero alle dimissioni, Shevardnadze verrà ricordato come un eroe nazionale. È stato ricordato anche dall’amico Gorbačëv: “eravamo amici, e mi rammarico molto della sua dipartita”; e addirittura lo stesso Putin ha voluto esprimere le proprie condoglianze non solo a parenti e familiari, ma anche a tutto il popolo georgiano. Shevardnadze passò gli ultimi anni della sua vita nell’oscurità, pubblicando le sue memorie. Celebre diventò un’intervista in cui disse: “Saranno i posteri a decidere se passerò alla storia come Ministro degli Esteri sovietico o come leader della Georgia. Ma so che tutti, alla fine, hanno quello che si meritano”.

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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2 commenti

  1. Se uno si guarda lo sviluppo del PIL pro capite della Georgia: 8142 nel 1985, 5110 nel 2012 (dollari a prezzi del 2005) può notare come non è che la disgregazione dell’Urss abbia portato grandi vantaggi alla Georgia.
    Ma a parte questa considerazione ex post, uno che vuole riformare uno Stato (all’epoca l’Urss) e giunge alla sua disgregazione ha fallito su tutta la linea. Shevardnadze verrà ricordato per questo: per aver fallito su tutta la linea.
    Probabilmente la maggioranza dei Georgiani ritiene il superamento dell’oppressione nazionale da parte della Russia sia valsa il prezzo di essere diventati notevolmente piú poveri, ovviamente hanno il diritto di pensarlo. Shevardnadze però di sicuro non ha avuto successo nei suoi piani.

  2. Per il nostro amabile Simplicius (l’ideale incarnazione della ideologia più idiota attualmente in auge: l’anti-Putinismo, maschera di pulcinella di una più patologica russofobia) sono buoni quelli che fanno il male del loro paese, cattivi quelli che ne fanno il bene.
    Eltsin, il cui decennio di governo è stato l’equivalente di una sconfitta in una guerra mondiale, portando la Russia al collasso, santificato e osannato.
    Putin, che miracolosamente ha evitato la disgregazione della Russia e che dal fondo del baratro dove si trovava in quindici anni (quindici!!!), l’ha riportata ad un rango di tutto rispetto…cattivo! cattivo!! cattivo!!!
    Insomma sembrerebbe che Putin stia antipatico PROPRIO PERCHE’ ha salvato la Russia.
    C’è evidentemente qualche idiota che avrebbe preferito avere uno stato fallito (del tipo ucraino) con la capacità di incenerire svariate volte il pianeta.
    Benchè di idioti in giro non è che ci sia proprio scarsità, mi piace pensare che il motivo di questo singolare modo di pensare sia più che altro psicologico.
    L’anti-putinismo, insomma, come riflesso pavloviano dell’anti-berlusconismo.

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