SERBIA, estrema destra/3: Quanto è piccola la Grande Serbia

di Filip Stefanović

La Chiesa Ortodossa Serba, breve introduzione

I magnifici tre: il patriarca Pavle, Radovan Karadzic, Ratko Mladic.

Durante cinque secoli di occupazione turca la Chiesa ortodossa serba (COS) è stata senz’altro un simbolo dell’identità di un popolo, rimanendo pertanto indissolubilmente legata all’emergente ideale nazionalista serbo sin dagli inizi del XIX secolo. Su questo dato di fatto, la Chiesa ortodossa serba degli ultimi vent’anni ha tentato incessantemente, e sempre con maggiore successo, di clericalizzare lo stato, con l’obiettivo di compattare e rendere inseparabili sfera religiosa, sociale e statale. Tale processo è germogliato alla fine degli anni ’80, quando la nuova classe dirigente di Milosevic pensò di sfruttare la Chiesa per incanalare il sentimento religioso dei suoi fedeli verso fini pratici ben più marcati, che attraverso sentimenti nazional-identitari di tutte le comunità serbe nei territori ex-jugoslavi rafforzassero la posizione politica e le scelte dell’establishment serbo.

Da parte sua, la Chiesa, dopo cinquant’anni di regime comunista, vide aprirsi uno spiraglio inatteso di possibilità per ritornare sulla scena secolare del paese: così, mentre Milosevic credeva di sfruttare il clero, il clero ritenne giunta l’ora di avvalersi dello Stato. Ne nacque un rapporto a doppio filo che ancora oggi, nonostante la rivoluzione democratica del 2000, condiziona palesemente le scelte del sistema Serbia: in un paese nel quale oltre il 90% dei cittadini si dichiara ortodosso (nonostante una fondamentale mancanza di conoscenza dei dogmi e della storia della propria religione), qualsiasi partito, di destra come di sinistra, è ben conscio che, dichiarando il proprio appoggio alla COS, non avrà certamente nulla da perdere in termini di voto, ma solo da guadagnare. In un’intervista per il quotidiano Danas del gennaio 2002, il patriarca Pavle, morto a inizio 2010, dichiara: “Riteniamo che il miglior rapporto tra Stato e Chiesa sia quello che già esisteva in precedenza, ossia una sinfonia – concordanza tra lo Stato, ossia la società, e la Chiesa.”

Nel concreto, questa scomoda posizione comporta una forte spinta alla clericalizzazione dello Stato, dinamica assolutamente antistorica ma tanto più pericolosa quando intentata in un paese che non ha, ormai a XXI secolo avviato, fatto della democrazia un pilastro stabile né abituato il proprio popolo a ritenerla un valore incontrovertibile e, soprattutto, salutare. In ciò sta la ragione per cui la COS assume un ruolo importante nell’impedimento per la Serbia di guadagnare posizioni filoeuropee e volgersi con serenità all’occidente: le parole più dure rivolte dal Sinodo e dagli alti prelati sono sempre state indirizzate contro l’Europa ed i valori da essa rappresentati. Isterici attacchi contro la democrazia come “demonocrazia”, contro la repubblica e a favore della monarchia dei Karadjordjevic, contro l’avvicinamento all’Unione Europea in quanto corruttrice, portatrice di falsi miti che annullerebbero l’animo e lo spirito serbo, sono frequenti e normali.

Puntate Precedenti:

SERBIA, estrema destra/2: Tifosi, patrioti, guerrieri, assassini
SERBIA, estrema destra/1: Gli ultrà e la morte della Jugoslavia

Chi è Filip Stefanović

Filip Stefanović (1988) è un analista economico italiano, attualmente lavora come consulente all'OCSE di Parigi. Nato a Belgrado si è formato presso l’Università commerciale Luigi Bocconi di Milano e la Berlin School of Economics, specializzandosi in economia internazionale. Ha lavorato al centro di ricerche economiche Nomisma di Bologna e come research analyst presso il centro per gli studi industriali CSIL di Milano. Per East Journal scrive di economia e politica dei Balcani occidentali.

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