MACEDONIA: Gli albanesi protestano contro una giustizia discriminatoria

Il sasso nello stagno politico e sociale della Macedonia l’ha gettato la recente sentenza del caso “Monstra” che ha condannato all’ergastolo sei persone, macedoni di etnia albanese, responsabili dell’uccisione di cinque giovani slavo-macedoni due anni fa. Per il delitto erano stati fermati inizialmente una ventina di sospetti di etnia albanese, alcuni dei quali appartenenti a formazioni estremiste islamiche.

La sentenza ha provocato venerdì 4 luglio una protesta partita dalla moschea Jahja Pascia, con i manifestanti che hanno inneggiato slogan come: “Vogliamo giustizia”, “Paese mafioso – Jankulovska terrorista”. Gordana Jankulovska è il ministro dell’interno macedone, accusata dai manifestanti di avere manomesso le prove e il processo. Ai dimostranti che hanno lanciato sassi e altri oggetti, gli agenti di polizia hanno risposto con pallottole di gomma e gas lacrimogeni. Il bilancio di questa manifestazione è di 20 feriti e 6 arrestati. Ci sono state proteste violente anche nelle città di Tetovo, Gostivar, Ohrid, Struga e Dibra con diversi feriti tra poliziotti e manifestanti.

Da giorni i quotidiani albanofoni in Macedonia escono con titoli come i seguenti: “L’accusa non ha portato neanche una singola prova che dimostri il coinvolgimento degli imputati per l’omicidio di sei persone”; “La sentenza dell’accusa e la condanna è basata esclusivamente sulla testimonianza un testimone protetto impreciso”; “La Corte non ha preso inconsiderazione nessuna prova portata dalla difesa”. L’impressione generale da parte degli albanesi è che la sanzione sia ingiusta e che il processo sia montato.

Tuttavia a differenza di altre volte, le proteste del venerdì non avevano una iconografia religiosa. Anche se le proteste hanno preso il via davanti alla moschea Jahja Pascia ciò secondo il giornalista ed intellettuale albanofono Kim Mehmeti “non vuol dire niente”. Mehmeti critica i partiti politici albanesi di Macedonia, il BDI di Ali Ahmeti e il PDSH guidato da Menduh Thaçi, che si sono appropriati dei luoghi simbolo della protesta come l’universita’ di Tetovo, o che hanno permesso che nel centro di Skopje fosse eretta la statua del re serbo Stefan Dushan.  Secondo Kim Mehmeti: “ai giovani progressisti albanesi in Macedonia, che sono quelli di Skopje, lo spazio di protesta e di incontro sono stati ristretti dalla politica, la quale ha deliberatamente lasciato solo le corti delle moschee, dove i ragazzi si sentono in un luogo dove non ci sia la lunga mano della polizia”.

In Macedonia continua ad aumentare il numero di persone che lamentano la discriminazione per motivi etnici e politici. Tale constatazione è rilevata anche dall’ultimo rapporto dell’Ombudsman macedone Ixhet Memeti che ha affermato davanti al parlamento di Skopje: “l’anno scorso sono aumentate le denunce dei cittadini che si sentono discriminati”. Nella relazione dell’Ombudsman si legge che i cittadini si lamentano spesso degli organi giudiziari, mentre altri hanno segnalato le dure condizioni nelle prigioni e le violazioni dei diritti dei bambini. Secondo l’Ombudsman Memeti le autorità statali devono reagire e prendere misure efficaci per fare fronte ai problemi presentati nella relazione.

Non e’ un mistero che la povertà e l’alta disoccupazione giovanile da un lato e la stagnazione politica quasi completa anche dopo le elezioni del 27 aprile, stanno portando la Macedonia verso il collasso totale. La mancata adesione nelle strutture euro-atlatiche (l’Ue e NATO) della Macedonia a causa della questione del nome dello stato ha rallentato il consolidamento dello stato di diritto. L’ultimo rapporto di Freedom House classifica la Macedonia nella categoria dei regimi ibridi in transizione, una democrazia mancata. La stessa graduatoria la Macedonia l’ha avuto dieci anni fa. Il paese, secondo il rapporto Freedom House, è classificato nella categoria dei paesi parzialmente liberi per quanto riguarda la lotta contro la corruzione e la magistratura, e ha il peggior rating in relazione alla situazione della libertà dei media.

Chi è Lavdrim Lita

Giornalista albanese, classe 1985, per East Journal si occupa di Albania, Kosovo, Macedonia e Montenegro. Cofondatore di #ZeriIntegrimit, piattaforma sull'Integrazione Europea. Policy analyst, PR e editorialista con varie testate nei Balcani. Per 4 anni è stato direttore del Centro Pubblicazioni del Ministero della Difesa Albanese. MA in giornalismo alla Sapienza e Alti Studi Europei al Collegio Europeo di Parma.

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