Il risultato delle elezioni ucraine mostra con tutta evidenza che il paese ha trovato un candidato capace di riscuotere la fiducia degli elettori in modo trasversale. Petro Poroshenko rappresenta da tempo una figura di dialogo, un uomo capace di conciliare il desiderio di Europa di buona parte del paese, con la necessità di non urtare la sensibilità dell’onnipotente vicino russo, che rivendica con la forza delle armi l’appartenenza dell’Ucraina alla propria sfera d’influenza.
Si dice che da diverse settimane Poroshenko stia trattando in modo riservato con il presidente russo Putin riguardo all’assetto internazionale che terrà l’Ucraina: il punto centrale delle trattative riguarda il punto non negoziabile per la Russia, ovvero la potenziale adesione dell’Ucraina alla Nato; il semplice dubbio che questa possibilità venisse ventilata ha condotto la Russia a impadronirsi della Crimea, territorio strategicamente fondamentale per Mosca, da solo meritevole anche di una guerra; dopo la rapida annessione, è partita la campagna del Donbass, che ha condotto a scontri armati ancora pesantemente in corso, volta a mantenere l’Ucraina nell’instabilità e a mostrare nei fatti che qui non si può prescindere dalla volontà della Russia.
Poroshenko sembra aver garantito Putin del fatto che non intende in alcun modo ipotizzare una richiesta ucraina di far parte della Nato. Ora bisognerà vedere se, nonostante l’atteggiamento ucraino sia conciliante, si deciderà comunque di far proseguire le operazioni militari separatiste nelle regioni di Donetsk e Lugansk.
L’attacco in corso in queste ore per prendere il controllo dell’aeroporto di Donetsk da parte dei separatisti non fa pensare ad un allentamento della tensione. Il problema nelle due regioni è l’atteggiamento della polizia e delle strutture amministrative, che, nei fatti, sono convinte di essere ormai destinate alla Russia, e sono del tutto inattive se non conniventi con i separatisti.
In numerosi villaggi del Donbass, uomini armati si recano a bussare alle porte delle case, per reclamare i passaporti e i documenti di identità degli abitanti; non è ancora dato sapere il possibile futuro utilizzo di quei documenti: una delle ipotesi è quella che servano a “naturalizzare” immediatamente militari armati provenienti dall’estero, o a costituire senza difficoltà un “capitale di anime morte” utilizzabile a piacere, anche per dimostrare il sostegno della popolazione. A persone che devono rinnovare il passaporto viene tranquillamente consigliato di aspettare un paio di mesi: così potranno direttamente richiedere il passaporto russo, senza pagare per un documento che presto sarà carta straccia.
Si registrano casi di treni diretti a Kiev da Lugansk visitati da uomini armati, che hanno richiesto ai passeggeri un contributo forzoso per il sostegno del separatismo, come già era avvenuto in altre regioni da parte dei rivoltosi del Maidan.
Il risultato elettorale sta mostrando poi la sostanziale inesistenza a livello di voto popolare dei movimenti della destra estrema: il candidato di Pravy Sektor, la formazione che, secondo l’ossessiva propaganda dei canali televisivi russi deteneva il potere in Ucraina con metodi fascisti, ha ottenuto circa l’uno per cento dei voti. L’uno per cento. Ora sarà più difficile riversare sull’opinione pubblica dei paesi russofoni e sugli europei un simile carico di propaganda menzognera, ormai del tutto destituita di fondamento.
Il problema reale è ora capire se per la Russia sia conveniente a livello economico incorporare anche il Donbass, con le sue miniere nettamente antieconomiche rispetto a quelle già possedute negli Urali. Un segnale importante, nei giorni scorsi, è rappresentato dal gesto dell’oligarca Achmetov, sostanziale padrone del Donbass, che sino ad ora era stato prudentissimo nel prendere posizioni ufficiali: ha raccomandato ai propri operai e lavoratori di manifestare a favore dell’unità ucraina con brevi astensioni dal lavoro, suono di clacson e manifestazioni spontanee; visto il potere di Achmetov nella regione potrebbe trattarsi di un’azione decisiva, qualora costituisse la sua sincera opinione, e non un sostegno di facciata. I prossimi giorni ci mostreranno quali siano le vere intenzioni delle parti in causa.
Scusate, ma i fascisti di pravy sektor hanno tre ministri ed il vice primo ministro nel governo imposto dopo il colpo di stato, in piu hanno ottenuto anche la carica di procuratore generale. Con quale diritto queste persone hanno sostituito il governo legittimamente eletto AVENDO SOLTANTO L UNO PER CENTO? Ma non vi accorgete quanto siete ridicoli nel voler nascondere a tutti i costi le manovre illegali del governo Usa e parlare della propaganda russa?
Paolo, non confonda Pravy Sector, movimento extraparlamentare protagonista della seconda fase della protesta di Maidan, e Svoboda, partito politico che ha tre tre ministri e un procuratore generale. https://www.eastjournal.net/ucraina-svoboda-e-settore-destro-due-diversi-estremismi/41014
https://www.eastjournal.net/ucraina-il-governo-di-kiev-e-legittimo-lombra-nera-di-svoboda/40815
ora capisce che dare del “ridicolo” a qualcuno senza sapere di che si parla, è imbarazzante per chi lo fa.
Cordialmente
m.z.
Il partito “nazional-sociale” Svoboda non è da meno, in quanto ad ideologia nazista a Pravj Sektor. A Lvov dove governano la piazza pricipale ex piazza Mir (pace) oggi si chiama piazza Battaglion Nachtigall – ucraini neonazisti collaboratori dei tedeschi- complici dei pogrom antiebraici ed antipolacchi. Ma non vi sorge curiosità a sapere chi sta dietro le varie rivoluzioni colorate e le primavere arabe. Ci sono coloro che controllano le conversazioni telefioniche di tutto il mondo con la puerile affermazione del pericolo del terrorismo. Coloro che lo promuovono dovrebbero anche combatterlo?
è un grande complotto plutoguidaicomassonico, con i soldi di Soros che finanzia Obama che prende i soldi dai fondamentalisti islamici sauditi che hanno finanziato Osama che al mercato mio padre comprò…
Capisco l’ostilità antirussa di molti di voi (dopotutto la Russia è cattiva per antonomasia), ma parlare di “propaganda menzognera” è assolutamente falso. Il Pravyj Sektor è stato di fatto il braccio armato di Maidan, e oltre ad avere avuto un ruolo determinante nella caduta di Janukovich, sta partecipando alla cosiddetta “operazione antiterrorismo” (che io chiamo semplicemente guerra) nel Donbass dalla parte dei governativi, e quindi non si può dire che siano fuori dai giochi. Se Svoboda e il Pravyj Sektor vanno male, tanto meglio: vuol dire che gli Ucraini vogliono la pace e non la guerra. Ma ricordatevi che adesso chi tiene unita l’Ucraina non è la determinazione dei suoi abitanti a procedere lungo il cammino dell’allontanamento dalla Russia e dell’avvicinamento al mondo civile (come a molti di voi piacerebbe poter dire), ma gli oligarchi.
A me sembra che tutti gli stati confinanti con la federazione russa sono ben lungi da volerne fare parte…. e questo la dice lunga visto che sono gli stessi paesi che la conoscono meglio…. la russia non è cattiva per antonomasia è semplicemente cattiva e basta è una realtà mascherata dietro una finta federazione di democrazie, la verità è che a tirarne le fila e fare il bello e il cattivo tempo è Mosca, i metodi usati per assoggettare territori e popolazioni sono il ricatto le coercizione e il continuo sostentamento finanziario e militare di realtà paramilitari per destabilizzare i vicini stati sovrani che non seguono i dictat di Mosca (vedi Georgia, Moldova e Ukrainia) direi che siamo molto vicini alle tecniche mafiose delle ‘ndrine calabresi
Giusto: la Russia è cattiva e basta, e ogni cosa che fa è sbagliata a prescindere. Per fortuna il buon Dio ha voluto che nel mondo ci fosse qualcuno che portasse Pace e Democrazia, e così ha creato gli Stati Uniti d’America.
Capisco che per molti, e per i motivi più vari, la Russia non può che essere comunque dalla parte del giusto, ma sta di fatto che Svoboda e il Pravyj Sektor, gli oligarchi e tartari; i russofoni e gli ucrainofoni, Odessa e Crimea sono fatti interni dell’Ucraina, e che il popolo ucraino dovrebbe poter decidere per contro proprio dei fatti di casa sua.
Le rinnovate ambizioni e la megalomania di Putin hanno trovato, come sempre, nei fulgidi destini imperiali (contrastati dall’accerchiamento internazionale…) il modo di sfuggire ai crescenti problemi di politica interna. Purtroppo l’Ucraina era il nemico/vittima perfetto e per di più nel cortile di casa.
La responsabilità politica e morale di quello che sta succedendo in Ucraina è di Putin, dei suoi oligarchi, dei suoi generali e, fintanto che non se ne smarcheranno , dei centomila russi plaudenti e vocianti sulla Piazza Rossa l’ultimo Primo Maggio.
Condivido !! e aggiungerei ribadendo un concetto già espresso un po di settimane fa, che i morti di oggi devono pesare unicamente sulla coscienza del sig. Putin
“Svoboda e il Pravyj Sektor, gli oligarchi e tartari; i russofoni e gli ucrainofoni, Odessa e Crimea sono fatti interni dell’Ucraina, e che il popolo ucraino dovrebbe poter decidere per contro proprio dei fatti di casa sua”.
Lo vada a dire agli Yankees…
Sicuramente è inutile andarlo a dire ai russi…..
Alcuni suggeriscono che l’Ucraina non sia altro che una grande trappola organizzata dagli yankees per impantanare Putin in un nuovo Afghanistan sull’uscio di casa. Potrebbe essere, dall’Afghanistan l’Unione Sovietica uscì con le ossa rotte, magari con l’Ucraina ci sbatte il muso il regime parafascista di Putin.
Non è del tutto falso. L’Ucraina, adesso, è una trappola, e l’intensificazione della cosiddetta “operazione antiterrorismo” lo dimostra. Se la Russia intervenisse inizierebbe la terza fase delle sanzioni, quella più seria. Se non intervenisse, la lista dei sanzionati si ridurrebbe a qualche irriducibile di Crimea e Donbass e al “clown” Zhirinovsky, e le imprese occidentali tornerebbero al “business as usual” nelle relazioni con la Russia (come stanno già tornando a fare, comprendendo i tempi), ma Putin si guadagnerebbe l’antipatia degli ultranazionalisti, che magari darebbero vita a una sorta di versione russa dell’Organisation de l’armée secrète (il gruppo paramilitare franco-algerino che, sul volgere della Guerra in Algeria, ha cercato di uccidere Charles de Gaulle). E allora potrebbero esserci problemi seri, non solo in Ucraina ma in tutti quei Paesi che si trovano ad ospitare minoranze russe.
Non credo che tutto possa tornare come prima, soprattutto nel medio e lungo periodo.
Putin si è “bruciato” quale interlocutore affidabile: nessuno, tranne forse celebrolesi acciecati e miracolati della nostalgia assoluta, potrà sedersi ad un tavolo non pensando che Putin possa negare domani quello che afferma solennemente oggi. E questo sul piano delle relazioni politiche.
Per quanto riguarda le scelte economiche, il “business as usual” lo stanno allontanando sempre di più la monodipendenza dalle esportazioni energetiche, la sostanziale rinuncia ad una modernizzazione dell’industria non energetica, la mancanza di una classe imprenditoriale sostituita dalla persistente presenza nei posti chiave di boiardi di stato tesi ad accumulare fortune personali, la corruzione eletta a sistema, una fuga di capitali che al confronto la nostra era il borsellino della casalinga e spese militari che stanno lievitando man mano che la politica imperiale si fa costosa e spericolata.
La grande idea dell’Eurasia si sta sfilacciando: dopo 10 anni di trattative, della grande svolta cinese se ne riparlerà dal 2018, e non si è ancora capito esattamente cosa abbiano firmato. L’anschluss della Crimea si è rivelato un tale buco nero economico, che hanno smesso di dare cifre e l’Unione Economica Eurasiatica, firmata di fretta e furia, non va al di la di deliranti esercizi di demagogia pseudoeconomica.
Rimane lo “spazio russo”, questo misto di nostalgia della vecchia URSS e tradizionalismo autoritario: bisognerà vedere se sopravvivrà alla crisi ucraina.
Più che dalle società segrete, probabilmente Putin dovrà guardarsi le spalle dalle decisioni degli oligarchi russi, kazaki, bielorussi e, perché no, ucraini: i tycoons difficilmente sbagliano la mira.
Mah, se noi pretendessimo di dialogare con dei partner candidi come verginelle, a questo punto non dovremmo dialogare con nessuno. Non so se lo ha notato, ma il numero delle truppe russe al confine ucraino cambia in continuazione secondo le fonti occidentali: prima erano trentamila, poi centomila, poi cinquantamila… e ora sembra che si stiano gradualmente ritirando. Pensare che la Russia non fornisca sostegno logistico ai ribelli, e che quindi quella del Donbass è una di quelle rivolte spontanee che piacciono tanto alla nostra “sinistra”, è quantomeno idealistico. Ma lo stesso discorso vale per Maidan. Dopotutto a decidere il futuro dell’Ucraina sono stati gli oligarchi, terrorizzati all’idea di non poter più fare shopping alla borsa di Londra, di non poter più mandare le loro mogli a farsi belle in qualche clinica francese e i loro figlioli a studiare a Harvard. Puro gattopardismo, altro che democrazia.
In ogni caso, chi ha realmente vinto in Ucraina è stata la Cina. Pensi un pò: il “pivot to Asia” è stato rimandato di qualche mese perché l’attenzione degli States è ora concentrata in un Paese dell’Europa Orientale che il 90% degli Americani prima faticava a trovare sulla cartina, la Russia è diventata più docile e anche più motivata ad avvicinarsi alla Cina… Il contratto sul gas è stato in realtà un win-win, come il contratto sul petrolio dell’anno scorso (400 miliardi di dollari per 30 anni significa comunque 350 dollari per 1000 metri cubi, non molto di meno rispetto a quanto noi paghiamo normalmente e comunque molto di più di quanto non paghino Armenia, Bielorussia e – fino a qualche mese fa – Ucraina. Certo, ci sono una serie di infrastrutture da costruire, ma comunque la Russia farà soldi), ma è evidente che chi ora può ambire alla leadership mondiale è la Cina, e che il fu Celeste Impero la raggiungerà anche prima del previsto grazie al gas a buon prezzo. I
In ogni caso, Le consiglio di non sottovalutare la Russia. Certamente non sarà grazie alla Bielorussia e al Kazakistan che la Russia tornerà ad essere un grande impero, e 170 milioni di persone sono troppo pochi per poter attuare strategie come la sostituzione delle importazioni (ed è anche per questo che serviva l’Ucraina, visto che i suoi 45 milioni di persone avrebbero consentito di raggiungere quota 215 milioni, ossia più di quei 200 milioni che molti vedono come la soglia minima per l’autosufficienza). La cosa Le potrà sembrare strana, ma dall’integrazione eurasiatica ci guadagnano di più Bielorussia e Kazakistan che non la stessa Russia. Però, se parla di Unione Eurasiatica, non può trascurare la sua più grande ricchezza, che non sono le materie prime bensì la sua posizione geografica. L’Unione Eurasiatica, infatti, si trova nella posizione ideale per fare da ponte tra Europa, Cina e mondo islamico, e l’interesse per le vie di comunicazione che passano attraverso Kazakistan e Russia è in forte crescita, grazie anche ai miglioramenti in corso d’opera (per le strade si faccia una ricerca sul corridoio Western Europe-Western China, mentre per le ferrovie si legga quest’articolo http://www.nytimes.com/2013/07/21/business/global/hauling-new-treasure-along-the-silk-road.html?pagewanted=all ).
Ma soprattutto la Russia è il Paese che più di ogni altro contribuirà a stabilire il futuro geopolitico del nostro pianeta, ossia se ci dobbiamo preparare a un nuovo secolo americano, come vorrebbero i neocons, o se invece il Duemila verrà ricordato come “il secolo cinese” (tra gli altri contendenti l’unico degno di nota è il mondo islamico, che pur difettando dal punto di vista economico e sociale ha comunque due armi che, se usate al momento opportuno, possono diventare ESTREMAMENTE pericolose: il fervore e la demografia)
Neanch ’io pensavo alla Gilda di san Luigi Gonzaga. Certo un Putin indebolito e con scarsa credibilità a livello internazionale, è sempre più preda dei pochi “amici” rimasti: sicuramente nell’accordo sul gas con la Cina, è quest’ultima che ci guadagnerà, e Lei giustamente ha rilevato che sono gli altri due firmatari a guadagnare maggiormente (in prospettiva) dalla integrazione eurasiatica.
Sicuramente una Russia impegolato nel cortile di casa, in recessione economica, con tendenze autoritarie all’interno e ambizioni imperiali all’estero, sempre più isolata internazionalmente e puntata da vicino da amici interessati, non mi pare possa svolgere nel medio o lungo periodo una qualche funzione rilevante fra Asia e Europa. Anzi potrebbe diventare l’anello debole pressata da una Cina sempre più aggressiva e un mondo islamico irrequieto e ideologizzato.
Due precisazioni. Direi che anche gli oligarchi russi, che continuano ad avere molta voce in capitolo, hanno le Signore Oligarche preoccupate per il loro shopping a Parigi: quanto Putin riuscirà a reggere e contenere questo nervosismo?
Circa poi la dislocazione delle truppe russe e/o del loro numero, basta focalizzare che molte delle loro basi sono a meno di 40 km dal confine con l’Ucraina… forse più interessante che Putin ha ordinato tre volte di ritirarle.
Gli oligarchi russi non sono gli oligarchi russi semplicemente perché la Russia non è l’Ucraina. Sanzionare l’Ucraina, tutto sommato, non ha comportato grandi perdite per l’Europa. Gli interessi russi in Europa, invece, sono troppo forti perché si possa pensare di allinearsi alle direttive delle Nuland e degli Obama (grazie a Dio). E in più ci sono i NOSTRI “oligarchi”, che non vogliono perdere affari lucrosi con la Russia e che per questo si sono messi di traverso (vedi BASF, Siemens ecc.).
Confronti la lista delle sanzioni americane ed europee (http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_individuals_sanctioned_during_the_2014_pro-Russian_unrest_in_Ukraine) Gli oligarchi che realmente contano sono stati sanzionati dall’America, non dall’Europa, e quindi potranno continuare indisturbati il loro shopping nel Vecchio Continente: i fratelli Rotenberg, per esempio, volevano comprare il Bari. E non so se le signore Aksyonova e Temirgalieva faranno più di tanto i capricci perché non potranno più andare a Parigi coi loro mariti… In ogni caso, ciò che ha messo in difficoltà la Russia non sono tanto le sanzioni agli oligarchi e ai politici, ma le minacce di sanzioni economiche, il rischio di una mancata costruzione del South Stream e le tensioni nel vicino di casa.
Certo, ora sono curioso di sapere cosa accadrà ora che sono entrati in gioco i miliziani ceceni, ma in ogni caso sarebbe il caso di sedersi attorno a un tavolo e firmare qualcosa di diverso dall’accordo di Ginevra (che, per quanto mi riguarda, è carta straccia). Dopotutto la Russia sarà anche indebolita, e in un asse russo-cinese giocherebbe la parte che Mussolini aveva nell’asse italo-tedesco, ma non bisogna dimenticare cos’è stata la Seconda Guerra Mondiale.
Dimenticavo:se si vuole la pace, entrambe le parti devono fare concessioni. E dall’Occidente deve venire una concreta assicurazione che l’Ucraina non diventerà membro della NATO. O, in alternativa, che se lo può diventare l’Ucraina lo potrà diventare anche la Russia. Non bisogna dimenticare che la violenza della Russia è una violenza di chi si sente circondato…
Mah! ognuno ha le proprie sensibilità. Vedremo.
Comunque vada, ho la sensazione che l’Ucraina è “perduta” per la Russia sia sul piano dell’integrazione economica che su quello dell’allineamento militare/strategico.
Nessun governo ucraino presente o futuro e la maggioranza dell’opinione pubblica faranno grandi differenze tra il “cattivo” Putin e i “buoni” russi. Poroshenko, che sicuramente non è un cuor di leone guerrafondaio ha già chiesto agli USA di aiutarlo a riportare la tranquillità nell’est del paese, visto il persistente appoggio dei russi ai separatisti, e questo trend sarà seguito o preceduto da Moldovia e Georgia.
Circa poi gli oligarchi russi o nostrani potrebbe essere che alla fine decidano che Putin sia un intralcio e non una risposta alle loro “esigenze”.
Purtroppo le concessioni le si fa solo se costretti… Putin sulla Crimea non ha fatto concessioni o sconti, non credo che gli “altri” siano disponibili a farle per primi.
E invece dovranno farle, per il semplice motivo che rifiutarsi di farle e continuare con la politica del muro contro muro renderebbe la Russia ancora più ostile e revanscista. Putin – lo dico da filorusso – ha fatto molti errori nella gestione della crisi ucraina, in primis l’abolizione degli Accordi di Kharkov del 2010 che prevedevano sconti sul gas in cambio della possibilità di usufruire della base di Sebastopoli fino al 2042. Se non li avesse aboliti, la disputa sugli arretrati ucraini avrebbe assunto proporzioni nettamente inferiori, perché anche con l’abolizione dello sconto “politico” della tarda era Janukovich Kiev pagava comunque un prezzo normale per il gas (circa 380 $ per 1000 metri cubi, se non erro). Ma la perdita dell’Ucraina, che come giustamente ha ricordato difficilmente tornerà nell’orbita russa per una semplice questione di orgoglio nazionale, sarà comunque un’umiliazione sufficiente non solo per Putin, ma per la Russia intera, che la vede e che la continuerà a vedere allo stesso modo con cui la Cina popolare vede Taiwan (o Cina nazionale). La riconquista della Crimea è una magra consolazione se raffrontata all’ostilità del resto dell’Ucraina.
Prima finisce la guerra, meglio è per la Russia, e anche Putin se ne sta accorgendo, prima reagendo molto blandamente al referendum del Donbass – almeno se il termine di paragone è quello in Crimea – e ora ritirando le truppe. Il problema è che i sentimenti nazionalisti in Russia sono ormai alle stelle, nel Donbass siamo ormai in guerra… e Putin rischia di passare alla storia come “colui che ha tradito i fratelli del Donbass”.
Sulla Georgia, comunque, sono costretto a dissentire. Abkhazia e Ossezia del Sud sono ormai Stati indipendenti (sebbene riconosciuti soltanto da Russia, Nicaragua, Venezuela e Nauru), e l’intervento russo del 2008 a sostegno dei secessionisti osseti e abcazi – di fatto indipendenti da Tbilisi sin dagli anni Novanta – serviva anche, se non soprattutto, per impedire che la Georgia potesse entrare nella NATO. Non è un caso che alla guerra abbia fatto seguito una certa disillusione nei confronti dell’Alleanza Atlantica, e che anzi, con la nomina due anni fa di Bidzina Ivanishvili a premier e l’anno scorso di Giorgi Margvelashvili a Presidente, nettamente meno atlantisti di Saakashvili, i rapporti russo-georgiani hanno vissuto dei miglioramenti. E due segni tangibili di queste schiarite sono il ritorno dell’acqua Borjomi e del vino georgiano sui banconi dei supermercati della Grande Madre e l’apertura di un valico di confine sulla strada che da Tbilisi porta a Vladikavkaz, la capitale dell’Ossezia del Nord (in Russia). Certo, finché resterà il nodo di Abkhazia e Ossezia del Sud Georgia e Russia rimarranno ufficialmente in guerra…
qui nessuno è antirusso. qui si cerca di informare correttamente senza farsi ingannare dalle rispettive propagande. a poco a poco sta emergendo dai fatti chi ha raccontato più menzogne fra le parti in causa. il tempo è sempre galantuomo. e sta mostrando in questi giorni chi spara nel donbass e anche da dove viene.
Certamente. Ma non bisogna dimenticare CHI ha cominciato a fare ingerenze in Ucraina e PERCHE’.
Indubbiamente, Poroshenko per pedigree politico, interessi politici e financo tipologia antropologica rappresenta il meglio che gli ucraini potessero votare. Certo, il meglio secondo gli stravaganti standard ucraini. L’importante è che la pasionaria sul libro paga di Gazprom e gli scalmanati di Pravy Sektor e Svoboda siano stati ridimensionati a ruoli loro più congeniali. Rispettivamente, quello di malinconica ex-diva del cinema muto per l’una, e dei ratti di fogna per gli altri. Le condizioni per un raffreddamento della crisi ci sono, dunque. Bisogna vedere come agiranno gli attori esterni, che, avendo gli ucraini completamente fallito nel loro processo di Nation building, hanno potuto fare chi più chi meno, ciò che volevano. Ci vorrebbe un tavolo negoziale, al quale sedessero solo gli attori internazionali che a suo tempo sponsorizzarono gli accordi del 20-21 febbraio. Ma questo, significherebbe escludere gli USA, e francamente, non credo che l’Europa abbia il coraggio politico necessario per un fatto del genere. Alcune cose comunque spero che i dirigenti europei l’abbiano capita: costringere la Russia a chiudersi nello sciovinismo grande-russo può riscuotere simpatie, ma non è intelligente. In secondo luogo, mettersi in casa l’Ucraina così com’è, è assolutamente folle.
Come ricordava Mao Tse-tung si può cavalcare una tigre, ma non si può scenderne… Putin può cercare di trovare un signore della guerra locale per continuare a interferire nell’Ucraina dell’Est, ma una soluzione stile Transnistria è impraticabile: la è una strisciolina di territorio che tira a campare con il contrabbando di armi e droga e la indispensabile presenza dei soldati russi, qui è una regione industriale che se non si spiccia a rientrare in un circuito economico normale, rischia di morire di inedia.
Circa la Georgia, la cosiddetta disillusione verso la Nato era nata dalla ovvia freddezza di USA e europei a legarsi con uno stato “attualmente” impegnato in uno scontro armato con un vicino. Ricordiamoci che nel 2008 fu la Georgia ad iniziare le ostilità! Adesso la situazione si è stabilizzata, la politica russa ha alzato pesantemente i toni del confronto, per cui proprio le ragioni che ieri sconsigliavano un avvicinamento Georgia-Nato, oggi lo potrebbero facilitare.