I Balcani, silenziosamente spariti dalle priorità della presidenza italiana del Consiglio UE

Mentre la Grecia termina in sordina il proprio semestre di presidenza rotativa del Consiglio UE con un vertice UE/Balcani occidentali a Salonicco che non è neanche una copia sbiadita di quello che nel 2003 aprì ad Albania e altri paesi post-jugoslavi la prospettiva dell’adesione all’UE, l’Italia si appresta a rilevare la presidenza, a partire dal mese di luglio. E come era stato per la Grecia, anche l’Italia si appresta a lasciar passare in secondo piano le questioni relative all’allargamento UE verso i Balcani occidentali, zona di primario interesse per la nostra economia e che dovrebbe esserlo anche per la nostra politica estera.

Il semestre di presidenza italiana potrà svolgere “un ruolo nei Balcani occidentali, incoraggiando l’integrazione europea di tutta la regione”. Così, solo il 15 aprile scorso, sosteneva la ministro degli esteri Federica Mogherini nella conferenza stampa con l’omologo montenegrino, Igor Luksic. “Sto pianificando una visita in tutta la regione dei Balcani occidentali, spero all’inizio del semestre italiano di presidenza europea, anche per dare un segnale che l’allargamento è una priorità per l’Italia e per l’Ue.” “E’ il riconoscimento della realtà: voi siete europei, si tratta solo di renderlo ufficiale”, ha aggiunto Mogherini. Il ministro ha sottolineato che persino la crisi in Ucraina ”non deve oscurare le nostre priorità verso i Balcani occidentali. Siamo Paesi vicini, con un’area di interesse comune”.

E ugualmente, l’8 maggio al vertice UE/Balcani di Salonicco, Mogherini confermava: “Siamo qui a Salonicco con la presidenza greca per dire che il semestre di presidenza italiana raccoglierà il testimone e lavorerà perché per i Balcani occidentali ci siano passi in avanti concreti e rapidi sulla strada dell’integrazione europea. E’ un nostro preciso interesse per la stabilità, la pace e lo sviluppo economico della regione. Per l’Italia questo è evidente, per altri paesi europei può esserlo meno: useremo il nostro semestre di presidenza per far in modo che sia un priorità per tutta l’Ue“.

Eppure, nelle priorità annunciate da Matteo Renzi il giorno successivo, l’allargamento non compare: crescita e occupazione, immigrazione e cittadinanza europea, relazioni con Mediterraneo, Asia, e Stati Uniti.

D’altronde, se si va ad aprire la voluminosa (169 pagine) “Relazione programmatica 2014 – La partecipazione dell’Italia all’Unione europea” preparata l’anno scorso dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del consiglio (già Ministero degli affari europei, prima che il governo Renzi lo derubricasse a sottosegretariato), della priorità dell’allargamento per la presidenza UE non v’è traccia.

L’allargamento è citato in fondo al secondo capitolo, in due paginette (pp. 143-144) che riassumono in breve la posizione dei diversi paesi candidati all’adesione. Vi si legge che “l’Italia intende promuovere il processo di allargamento dell’Unione a nuovi membri [e] sostenere la progressiva integrazione dei paesi dei Balcani occidentali, quale fattore di stabilità in un’area così vicina.” Un’uso delle parole che sembra risalire a fine anni ’90, quando ancora la prospettiva europea dei Balcani non era quella dell’adesione ma quella dell'”associazione e stabilizzazione” che ancora oggi fa da titolo agli accordi bilaterali di pre-adesione.

In concreto, sembra di capire, l’Italia si spenderà per assicurarsi che l’Albania riceva l’agognato status di paese candidato, che “costituisce una precondizione per ulteriori progressi.” Si offrono inoltre buoni uffici per la risoluzione della questione del nome tra Grecia e Macedonia (auguri) e si auspica l’apertura di nuovi capitoli negoziali (il 23 e 24 su diritti fondamentali, giustizia e affari interni) con la Turchia. Gli stessi capitoli dovrebbero essere aperti con la Serbia, mentre si auspica la conclusione dell’accordo d’associazione con il Kosovo e ci si propone di “responsabilizzare” le autorità della Bosnia-Erzegovina circa le riforme necessarie a portare avanti l’integrazione (auguri, ancora). Infine, si loda il Montenegro “per la determinazione dimostrata e per i risultati ottenuti”, facendo un esempio positivo del piccolo paese balcanico dove la cricca di Djukanovic è al potere sin dagli anni ’80 e non s’è ancora vista un’alternanza elettorale.

Nulla di inatteso, e soprattutto nulla di particolare rilievo. Se i paesi dei Balcani procederanno verso l’integrazione europea, durante il prossimo semestre, non sarà grazie all’Italia, quanto per via del fatto che gli altri 27 stati membri saranno in altre faccende affaccendati (in primis, nella composizione della nuova Commissione UE) e avranno ad altro da pensare piuttosto che a porre veti di piccolo cabotaggio rispetto al candidato di turno, come è stato il caso dell’Albania lo scorso inverno.

Foto Charles Roffey, Flickr

Chi è Davide Denti

Dottore di ricerca in Studi Internazionali presso l’Università di Trento, si occupa di integrazione europea dei Balcani occidentali, specialmente Bosnia-Erzegovina.

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