DA SARAJEVO – Il 9 maggio è stato un giorno speciale per Sarajevo, segnato da due eventi rilevanti. Il primo è stato la riapertura della Vijećnica, l’antica Biblioteca nazionale, ma anche una delle ferite più dolorose dell’ assedio. Il secondo evento, di certo meno noto, è la manifestazione dei “Plenum”, le assemblee popolari sorte l’indomani delle grandi proteste di febbraio in diverse città della Bosnia-Erzegovina. Per entrambi gli eventi si è scelta, deliberatamente, la data in cui si celebra la vittoria contro il fascismo. Ma i due eventi sono rimasti distinti, sfiorando quasi lo scontro.
Torna la Vijećnica , con Valter e Vučko
L’inaugurazione della Vijećnica arriva a quasi 22 anni dal rogo causato dalle bombe serbo-bosniache, e a 18 anni dall’inizio dei lavori di ricostruzione. Durante la cerimonia, si notava l’odore di vernice lasciato dai lavori, in verità non del tutto terminati. Resta infatti qualche piccolo restauro che sarà terminato entro il 28 giugno, quando un concerto della Filarmonica di Vienna suggellerà le commemorazioni per il centenario dell’uccisione di Francesco Ferdinando, prologo della Prima guerra mondiale. Secondo le ultime notizie, la Vijećnica non sara’ ancora aperta alle visite del pubblico fino ad allora.
L’interno dell’edificio lascia davvero senza fiato. Il paziente lavoro di restauro, iniziato nel 1996, ha riportato in vita tutte le magnifiche forme, gli affreschi in stile moresco, le vetrate scintillanti, la sontuosa scalinata in marmo e la sua imponente facciata. L’incrocio tra solennità asburgica e armoniosità orientale è reso di nuovo alla perfezione. I colori sono così appariscenti che, come ha riconosciuto l’architetto che ha diretto i lavori, Nedžad Mulaomerović, “ai visitatori sembrerà di fare un salto di 120 anni nel passato, perché l’edificio appare proprio come era allora“. Per restituire l’aspetto originario, sono stati recuperati i progetti iniziali e utilizzate le poche fotografie ancora esistenti degli interni.
L’inaugurazione ha visto presenti quasi tutte le massime autorità del paese, sebbene con dei prevedibili forfait (mancava il membro serbo della presidenza tripartita Nebojša Radmanović; né si è visto alcun esponente della Republika Srpska, una delle due entità che compongono la Bosnia-Erzegovina). Al termine, migliaia di sarajevesi si sono concentrati nella piazza al di là del fiume Miljacka, per seguire il concerto del violoncellista Vedran Smailović, colui che suonò più volte tra le macerie della Sarajevo assediata.
Particolarmente emozionante anche lo spettacolo finale di luci proiettato sulla facciata, una carrellata degli eventi che hanno segnato la coscienza cittadina da quel 1896 che vide sorgere la Vijecnića ad oggi. C’era fermento del pubblico per le immagini più felici: il tram costruito durante il periodo austroungarico, e ancora oggi parte fondamentale del paesaggio urbano; la scena del panorama della città con cui si conclude il leggendario film “Valter Brani Sarajevo“ (“Valter difende Sarajevo”), dedicato all’eroe della resistenza contro i nazisti; alcune cartoline del periodo jugoslavo post-1945 (significativamente accompagnato dalla canzone degli Indexi “Sanjam” – “Sogno“), i volti noti della cultura e dello sport cittadino, da Mak Dizdar a Mirza Delibasić. Quando appare Vučko, la mascotte delle Olimpiadi 1984 che ancora oggi rappresenta un’icona di Sarajevo, nonché un ricordo della vetrina internazionale che i giochi diedero alla città, la folla esplode con un vibrante applauso. Poi piomba in silenzio quando passano le immagini delle tre grandi ferite che il XX secolo ha inferto a Sarajevo, le due guerre mondiali e poi l’assedio degli anni Novanta, con il rogo che inghiotte i libri, i sogni e l’umanità. Solo quando le impalcature figurate dalla proiezione lasciano spazio ai colori scintillanti, il pubblico gioisce di nuovo.
Torneranno i libri? L’incerto destino della biblioteca
La Vijećnica e’ tornata, ma torneranno i libri al suo interno? Non è per nulla scontato. Anzitutto, c’è da fare qualche precisazione sulla sua storia. Benché sia nota nel mondo come “Biblioteca“, il significato letterale di “Gradska Vijećnica” è “municipio“. Infatti, l’edificio fu originariamente concepito per ospitare il consiglio comunale e la sua amministrazione. Solo alla fine degli anni quaranta del Novecento, già in epoca socialista, la Vijećnica fu adibita a sede della Biblioteca della Bosnia-Erzegovina, che arrivò a contenere più di un milione di testi. Solo una piccola parte di questi (dal 10 al 15%, si dice) riuscì a salvarsi dal rogo del 1992. Dopo la fine dell’ultima guerra, la Biblioteca Nazionale è stata trasferita nel campus universitario in condizioni assai precarie. Si tratta infatti di uno dei sette enti culturali nazionali dallo status “indeterminato“ (ne parlammo qui): non si e’ mai stabilito, infatti, quale dovrebbe essere l’istituzione responsabile per le loro risorse finanziarie. I sette enti così si trovano in cronica mancanza di fondi. Il Museo nazionale, ad esempio, è chiuso da ottobre 2012. La Biblioteca è aperta, ma per poche ore al giorno, con il personale e i servizi – come l’accesso alle fotocopie e il riscaldamento delle aule – limitati al minimo per mancanza di fondi.
Viste le proprie difficoltà, la direzione della Biblioteca ha visto nella restaurazione della Vijećnica l’opportunità di tornare a casa, recuperando un regime accettabile di servizi. Il Comune di Sarajevo, però, non è dello stesso avviso: come ha spiegato il sindaco Ivo Komšić l’intenzione delle autorità cittadine è di rendere la Vijećnica multifunzionale, destinandone solo una parte dei locali alla Biblioteca ed il resto ad uffici del Comune, ad un Museo cittadino ed a una caffetteria per i visitatori. Da parte sua, il Comune insiste per recuperare la funzione storica e per sfruttare le piu’ ampie potenzialità turistiche e simbolico-culturali dell’edificio. La querelle tra Comune e Biblioteca su chi sia il legittimo proprietario dell’edificio prosegue già da tempo, anche con minacce di ricorsi legali. La soluzione, quindi, potrebbe non essere così semplice. Il direttore della Biblioteca Ismet Ovčina non era nemmeno presente alla cerimonia d’inaugurazione, accusando le autorità di ‘non essere stato invitato’ e di essere trattato come “ospite a casa propria”. Al di là di polemiche personali e di giochi di potere, è evidente che finché non si trova una soluzione duratura per le istituzioni culturali in Bosnia, la stessa Vijećnica rischia di rimanere una magnifica scatola vuota.
Arrivano i plenum
Mentre l’attenzione si concentrava sulla Vijećnica, c’era un’altra Bosnia che scendeva in piazza. I “plenum”, il movimento nato dalle proteste di febbraio, si erano dati appuntamento proprio il 9 maggio davanti alle istituzioni della Federazione di Bosnia-Erzegovina [una delle due entità, assieme alla Republika Srpska, che compone il paese, ndr]. Sono arrivati manifestanti da diverse città: Mostar, Zenica, Srebrenik, Zavidovici, Tuzla, Bugojno. Alcuni di loro sono arrivati letteralmente a piedi. I punti sono gli stessi degli scorsi mesi: dimissioni del governo della Federazione, stop alla corruzione e al nepotismo, sostegno alle politiche sociali, lotta alla disoccupazione. Più che precise richieste politiche sembrano un’esplosione di rabbia, o meglio, un “risveglio” sociale che mette fine a tanti anni di assenza di movimenti sociali -. “Penso che questa non sia una rivoluzione, ma un’“evoluzione”: noi abbiamo vissuto per secoli senza coscienza civica, prima sotto gli imperi, poi sotto un sistema monopartitico. Adesso, per la prima volta, i cittadini si rendono conto che hanno dei diritti, che possono criticare il potere, che possono usare il proprio tempo per cambiare le cose. Ma questo può avvenire solo lentamente. Io non credo nelle rivoluzioni, non sono funzionate. Le cose si cambiano poco a poco”, dichiara a East Journal Jasmila Zbanić, nota regista sarajevese, vicina al movimento dei plenum e presente in piazza il 9 maggio.
La protesta inizia in mattinata, davanti al Parlamento della Federazione, e durerà per tutta la giornata. Raggiunge alcune centinaia di persone. Non è un cattivo risultato, ma i manifestanti delle altre città sembrano un po’ frustrati per la scarsa presenza dei cittadini di Sarajevo, che in effetti si nota. Una signora che segue i plenum ci spiega che nella capitale ci sono troppe pressioni, perché molte persone sono vincolate più o meno direttamente alle istituzioni, all’amministrazione pubblica, ai partiti; se non loro, lo sono i loro familiari. Quindi temono ripercussioni, e non manifestano. “È vero, la gente non è in strada, ma qualcuno appoggia in un altro modo, e lavora per il cambio. La coscienza si costruisce poco a poco. Nulla sarà più come prima”, ci dice con piu’ ottimismo la Zbanić. Sono pochi anche i giovani. Figli delle disillusioni e della passività del post-Dayton, sembrano non trovare motivazioni nella protesta. Secondo Ahmed, partecipante molto attivo del plenum di Zenica, un fattore chiave del disinteresse giovanile e’ il ruolo dei media: “Ci troviamo continuamente sotto pressione dei media, che dicono bugie, che installano paure nazionaliste. E la gente, e i giovani soprattutto, nonostante tutto gli credono ancora”.
Negli interventi dal palco (e in quasi tutti i cartelli e striscioni), non c’è nessun accenno alla questione nazionale: si parla solo di salari, di pensioni, di occupazione. Più che “anti-nazionalista”, la protesta sembra andare oltre l’etno-nazionalismo, la categoria che ha catalizzato in questi 20 anni la politica in Bosnia-Erzegovina. In questo modo, si sono tralasciate del tutto la questione sociale e quella morale, concedendo ai leader politici (sia quelli nazionalisti, sia quelli anti-nazionalisti: vedi la crisi dell’SDP, il partito socialdemocratico non-etnico, apertamente preso di mira dai plenum per essere coinvolto in casi di corruzione e malversazione) un’ampia impunità, costruita sul clientelismo e sull’insicurezza. Resta da vedere cosa succederà nei prossimi mesi: la vera partita si giocherà quest’autunno, quando in Bosnia-Erzegovina ci saranno le elezioni politiche, da sempre il terreno supremo del clientelismo e delle minacce nazionaliste nell’ “etnopoli” bosniaca. I plenum, per non finirne schiacciati, saranno obbligati a rilanciare la mobilitazione.
La giornata prosegue in un clima di forte tensione: la polizia, che aveva già barricato alcuni palazzi istituzionali con pannelli di ferro, accerchia il presidio e gli impedisce di spostarsi in corteo. Quando i plenum riescono a spostarsi e ad avvicinarsi alla Vijećnica, scatta persino qualche carica. L’intento era di rendere visibile l’indignazione anche a quel gran galà istituzionale che era l’inaugurazione, dove erano presenti tutti i rappresentanti di quella classe politica che il movimento ritiene responsabile della paralisi del paese. La giornata si conclude con la celebrazione della Vijećnica su una sponda del fiume Miljacka, e con i manifestanti bloccati dall’altra sponda che continuano a scandire slogan fino a sera. La polizia, in mezzo, presidia l’accesso del Ponte Nuovo. Come a ricordare che, anche in un giorno come questo, restano ancora molti ponti da ricostruire. Ma anche che un paese così diviso e lacerato può ritrovare, tanto nelle splendide pareti della Vijecnića come nei tentativi di “risveglio” espressi dai Plenum, la forza di cambiare.
Foto: Alfredo Sasso