Il 28 aprile Alexis Tsipras, leader di Syriza e candidato alla Commissione europea, e Pierre Laurent, leader del Partito Comunista Francese e Presidente della Sinistra Europea, sono arrivati a Praga in piena campagna elettorale europea per una serie di eventi organizzati con la collaborazione del locale Partito Comunista della Boemia e della Moravia (KSČM). La scelta di Praga non era casuale, considerato che il KSČM è l’unico partito est-europeo di sinistra ad avere una reale possibilità di portare dei propri eletti nel Parlamento Europeo e che fino ad oggi non aveva mostrato un appoggio attivo per Tsipras. Membro osservatore della Sinistra Europea, il KSČM mantiene buoni rapporti anche con partiti non allineati a Tsipras, come i comunisti ortodossi del KKE, che in Grecia attaccano duramente Syriza.
Il dato interessante è che la Sinistra Europea sembra voler guardare ad Est per allargare i propri consensi e tessere nuove alleanze, dopo anni di disinteresse per tutto quello che succedeva nell’Europa centro-orientale, con la modesta eccezione della Linke tedesca che ha sempre avuto un occhio più attento per ciò che accade ad est di Berlino.
Un esempio della confusione della Sinistra Europea nei rapporti con l’Est è il sostegno acritico dato in passato al Partito dei Comunisti di Moldavia (PCRM), un forte partito “comunista” che ha perfino governato il paese per otto anni (unico caso dopo la caduta del Muro di Berlino)… peccato che non abbia mai attuato la benché minima politica di sinistra.
Le ragioni delle difficoltà della Sinistra Europea a relazionarsi con l’est hanno un’origine oggettiva che risale ai primi anni successivi al 1989, quando i partiti della sinistra, eredi diretti dei vecchi partiti comunisti al potere, erano in fase di ridefinizione del loro profilo politico e di adattamento al nuovo sistema pluripartitico.
Il Partito della Sinistra Europea non era ancora nato e il Partito del Socialismo Europeo e l’Internazionale Socialista riuscirono a stabilire stretti legami con gli ex partiti comunisti, svolgendo un ruolo importante nel de-radicalizzarli, fornendo loro un’identità e una legittimità nuova. Una volta tornati al potere tramite libere elezioni, gli ex partiti comunisti continuarono con decisione la trasformazione capitalista del paese iniziata dai loro avversari, implementando riforme economiche liberiste fatte di privatizzazioni e tagli alla spesa pubblica, in linea con la tendenza maggioritaria nella socialdemocrazia europea. Fu così che la “sinistra” dell’Europa orientale lasciò ingloriosamente ad altri soggetti politici il ruolo di rappresentanza dei gruppi sociali più deboli, usciti perdenti dalle riforme post ‘89. L’opportunismo politico e il liberismo economico aprirono la strada in gran parte dell’Europa orientale ad una destra nazionalista e conservatrice capace di catalizzare il malcontento sociale. Lo si è visto chiaramente in Ungheria, dove il liberismo del partito socialista è stato determinante nella crescita di preoccupanti forze nazionaliste sostenitrici dello stato sociale e ostili al neoliberismo.
In queste condizioni di polarizzazione risulta oggi molto complesso aprire uno spazio per l’emergere di una sinistra antiliberista. Riaprire la partita nel “deserto orientale” – per usare una espressione de il manifesto – potrebbe quindi rivelarsi per la Sinistra Europea molto più complesso di quanto possa apparire. E’ vero che oggi quasi ogni paese est-europeo ha un partito politico affiliato o vicino alla Sinistra Europea, ma si tratta di micro-partiti senza alcuna reale capacità di mobilitazione. L’esempio chiave è la Sinistra Bulgara, che è stata eletta nella direzione centrale della Sinistra Europea all’ultimo congresso, ma che alle elezioni bulgare del 2013 ha preso lo 0,17%. Risultato ancora più grave se si considera che le elezioni erano il risultato dell’esplosione delle proteste studentesche, che avevano costretto il precedente governo alle dimissioni.
Alle elezioni europee di maggio solo la Repubblica Ceca e forse la Slovenia e la Croazia eleggeranno dei deputati nel GUE (Gauche Unitaire Européenne, il gruppo di sinistra al parlamento europeo).
La Repubblica Ceca ha vissuto dopo il 1989 un’evoluzione diversa rispetto agli altri paesi europei post-comunisti e ha oggi un forte partito comunista (KSČM) che oscilla tra il 10 e il 15% e che si colloca a metà tra un partito moderno di sinistra e un partito comunista ortodosso e nostalgico. Con la fine del socialismo reale sembrò muoversi verso il socialismo democratico, con alcuni membri che sostenevano la continuità con il “socialismo dal volto umano” del 1968, ma scontava l’assenza di leader capaci appartenenti a questa corrente. I protagonisti della Primavera di Praga o avevano abbandonato definitivamente il socialismo, o erano stati dimenticati, o ancora screditati per la loro iniziale collaborazione col nuovo regime filo-sovietico dopo l’invasione del 1968. Inoltre l’assenza di una chiara rottura con il precedente partito di regime facilitò l’entrata di molti esponenti del passato regime, rendendo ancora più difficile questa evoluzione. Il KSČM resta oggi un movimento diviso ed eterogeneo in cui sono riscontrabili tre differenti fazioni all’interno del partito: quella nostalgica del regime comunista, anche definita “stalinista”; quella pragmatica, meno ideologica e più interessata a occupare posizioni di potere e incline ad accordi coi socialdemocratici; quella neo-comunista legata al socialismo democratico, che preme per la nascita di una sinistra del XXI secolo e più vicina alla Sinistra Europea.
Nelle ex repubbliche jugoslave invece la sinistra resta ancora una forza debole ma la crescita di nuove formazioni politiche, così come le recenti proteste in Bosnia, mostrano l’esistere di condizioni favorevoli per un suo potenziale sviluppo.
A febbraio 2014 in Slovenia tre piccoli partiti di sinistra hanno dato luce a Sinistra Unita, una nuova formazione che ha già aderito alla Sinistra Europea e che ha visto la presenza di Tsipras alla sua fondazione. E’ però ancora difficile capire il reale peso di questa nuova organizzazione, considerando che nei sondaggi oscilla tra lo 0,7 % e il 5.6% (in Slovenia la soglia di sbarramento è del 4%). In Croazia il Partito del Lavoro – Laburisti Croati, che siede nel GUE, è in crescita e i sondaggi lo danno intorno al 10% dei voti. E’ stato fondato nel 2010 da un ex sindacalista ed è un partito dal profilo meno chiaramente orientato a sinistra, più populista ed eterogeneo al suo interno. A livello europeo sembra guardare con interesse a Tsipras, ma allo stesso tempo strizza l’occhio a Martin Schulz.
In ex Jugoslavia esiste una maggiore nostalgia per il regime socialista, dovuto sia alla figura di Tito sia al ricordo doloroso della guerra civile associato alla fine del socialismo. Inoltre esiste una subcultura giovanile di sinistra attenta a “nuovi” valori come l’ecologismo, il femminismo e il pacifismo. Questi valori non sono affatto comuni nei paesi che hanno vissuto il socialismo reale, basti pensare all’attuale Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF), principale forza di opposizione nel paese e in crescita nei sondaggi (è di poche settimane fa la vittoria nelle elezioni comunali della terza città più grande della Russia, Novosibirsk). E’ un partito ostile al Gay Pride di Mosca e all’omosessualità in generale, che, in nome di un patriottismo russo riabilita Stalin e stringe rapporti con alti esponenti della Chiesa Ortodossa e con ricchi oligarchi russi in competizione con il capitale straniero.
L’influenza del Partito Comunista della Federazione Russa nei paesi europei post-comunisti è comunque minimale e vi è una comprensibile diffidenza della popolazione nei confronti dei russi; un’ostilità che va frequentemente di pari passo con il diffuso anticomunismo ma che coinvolge anche settori della sinistra (il KSČM , ad esempio, ha criticato il ruolo della Russia nella crisi ucraina).
Per concludere, se il GUE diventerà davvero la terza forza politica al Parlamento Europeo, come i sondaggi più ottimisti pronosticano, non sarà per il contributo dell’Europa orientale ma per la crescita della sinistra nel sud Europa (Grecia, Portogallo, Spagna). Il rafforzamento del GUE potrà forse avere una influenza nello sviluppo di una nuova sinistra anche in est Europa, sempre che i conflitti interni al gruppo parlamentare non esplodano indebolendolo. Il GUE ha infatti al suo interno sia formazioni europeiste favorevoli all’euro (Tsipras e la maggioranza della Sinistra Europea, anche se con gradazioni diverse), sia movimenti più critici verso l’UE e la moneta comune (il Partito Comunista Portoghese), fino a organizzazioni che la attaccano frontalmente quali il Movimento Popolare contro l’UE danese e il KKE greco. I risultati delle elezioni di maggio permetteranno di capire meglio i rapporti di forza di queste diverse correnti.
Questo articolo riprende il lavoro della tesi di laurea di Jacopo Custodi “La sinistra nelle società post-comuniste”; per le fonti utilizzate e per una analisi più dettagliata si rimanda al testo originale, scaricabile qui: http://www.scribd.com/doc/192356061/La-sinistra-nelle-societa-post-comuniste