KOSOVO: Perché la corte speciale per i crimini di guerra dell'Uçk potrebbe non essere una buona idea

La comunità internazionale ha largamente fallito nei suoi obiettivi in Kosovo, tra le altre cose perché ha tralasciato il principio democratico, come sostengo in un libro in via di pubblicazione. Sembra ora commettere un errore simile, con l’istituzione di una corte speciale per i crimini di guerra.

La corte specializzata dovrebbe occuparsi delle accuse scaturite dal rapporto del Consiglio d’Europa redatto da Dick Marty e pubblicato nel dicembre 2010, secondo il quale parte dell’élite politica del Kosovo sarebbe colpevole di omicidio, tortura, traffico di droga, intimidazione dei testimoni, e del traffico d’organi espiantati ai prigionieri degli insorti kosovari durante il conflitto con la Serbia nel 1998-99. Nel 2011, la missione UE per lo stato di diritto, EULEX, ha istituito uno speciale ufficio investigativo per indagare in queste materie; dovrebbe presentare i suoi risultati entro fine anno.

Secondo uno scambio epistolare trapelato tra l’Unione europea e il governo del Kosovo, emerso dai ribelli dell’Esercito di liberazione del Kosovo (Uçk), sul tema di questa corte speciale, la corte – formalmente parte del sistema giudiziario del Kosovo – sarebbe composta da giudici internazionali selezionati dall’UE, siederebbe all’estero, sarebbe governata da procedure speciali, e avrebbe il potere di stabilire la costituzionalità di tali procedure e della propria stessa esistenza.

Questa ‘corte specializzata’ è una corte speciale di un tipo che è generalmente considerato antitetico al principio di eguaglianza: non solo la legge ma la sua applicazione dev’essere la stessa per tutti… I crimini devono essere giudicati dalle corti definite in anticipo sulla base di criteri generali – la gravità del crimine, il luogo dove è stato commesso – e non da corti stabilite ex post per certi crimini o certi criminali. Ci sono, ovviamente, tribunali speciali internazionali, come quello per il genocidio in Rwanda o per i crimini commessi durante nel guerre nell’ex Jugoslavia. Ma tali tribunali si occupano solo di crimini con un carattere internazionale e appartengono al sistema giuridico internazionale, che al tempo non disponeva di un tribunale penale generale (l’attuale Tribunale penale internazionale,  è stata istituita nel 2002).

Le corti speciali domestiche sono problematiche, a prescindere dai motivi che giustificano la loro creazione. Precisamente poiché implicano che certi crimini o criminali siano trattati differentemente dagli altri, esse sono in violazione del principio di eguaglianza e danno adito a dubbi sulla loro imparzialità. Le corti speciali mancano intrinsecamente di credibilità ex ante: possono solo diventare credibili se le loro decisioni sono – e vengono viste come – eque.

Il Kosovo e l’UE hanno intenzioni onorevoli. Appaiono aver concluso che nonostante l’assistenza della missione UE sullo stato di diritto [EULEX], il sistema giudiziario del Kosovo non è ancora pronto per giudicare un caso che potrebbe decapitare il governo. Difatti, secondo il rapporto 2012 della Corte dei Conti dell’UE, ‘l’interferenza politica con la magistratura rimane uno dei problemi maggiori per il Kosovo [e] i giudici non sono completamente disponibili a giudicare solo sulla base della legge, ma tendono ad agire con un’obbedienza anticipata alle influenze esterne’. La scelta, in sostanza, è tra violare il principio di uguaglianza, o vedere il caso morire tra le mani dei giudici del Kosovo. E’ difficile decidere quale sia il male minore.

Una considerazione pragmatica potrebbe aiutare: stabilire una corte speciale che potrebbe assolvere su basi discutibili i sospetti principali – incluso il primo ministro Hashim Thaçi, già leader dell’Uçk – potrebbe screditare gli stessi che l’hanno istituita. Se il Kosovo e l’UE optano per violare il principio d’uguaglianza, dovrebbero farlo solo se la corte sarà genuinamente indipendente. Ma dovrebbero prima cambiare la Costituzione del Kosovo: sarebbe altamente problematico per questa corte speciale dover giudicare che il principio di uguaglianza può tollerare eccezioni.

Andrea Lorenzo Capussela è stato a capo della sezione economica dell’International Civilian Office (l’organo di supervisione internazionale in Kosovo) dal 2009 al 2011. E’ autore del libro “State-building in Kosovo:
democracy, EU interests and US influence in the Balkans”, in via di pubblicazione (IB Tauris, 2014).  L’articolo è apparso in lingua inglese su European Voice, e in lingua albanese su Koha Ditore. 

Foto: Yellena_p, Flickr

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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