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UCRAINA: La storia degli armeni di Crimea

Il recente riconoscimento armeno dell’annessione della Crimea alla Russia ha scatenato una guerra diplomatica tra l’Ucraina e il paese caucasico, incrinando i legami che da tempo uniscono i due paesi. Infatti, nonostante le due nazioni siano di recente costituzione, ucraini e armeni hanno da sempre intrattenuto ottimi rapporti, e lo stesso territorio ucraino ha ospitato per secoli numerose comunità armene, il cui numero è raddoppiato al momento della dissoluzione dell’Unione Sovietica. Tutt’ora si stima che in Ucraina risieda una comunità di circa 100.000 armeni, concentrati per la maggior parte nelle regioni russofone del paese, ovvero l’Ucraina orientale e meridionale e la Crimea. Secoli fa, fu proprio la Crimea una delle terre ad avere accolto una delle prime comunità diasporiche armene, la quale diede vita a una colonia che contribuì a caratterizzare la regione nel corso dei secoli, resistendo – in numero seppur limitato – fino ai giorni nostri.

I primi insediamenti armeni in Crimea risalgono al XIII secolo, quando venne fondata una colonia denominata “Armenia Marittima”, per la sua strategica posizione sul Mar Nero. Seppur consistente, la presenza armena, va detto, non è mai stata numericamente costante (nel periodo tra il XIV e il XV si arriverà a circa 140-150mila perone), a causa dei frequenti e numerosi spostamenti In questo periodo infatti, la Crimea era governata, a partire dal 1236, dai tatari. I componenti della diaspora armena, appartenevano alla popolazione proveniente dall’Armenia storica e più precisamente dall’antica capitale Ani. Altre comunità provenivano dal Regno di Cilicia, unico esempio al mondo di regno in diaspora, che nonostante la sua breve vita, ha dato vita ad uno dei periodi più alti dell’arte e della letteratura armena.

La presenza delle comunità diasporiche armene in Crimea ha dato vita a una fitta rete di relazioni economiche e commerciali, sia con i paesi bagnati dal Mar Nero, sia con paesi quali la Polonia e paesi del Mediterraneo. Tra questi ultimi sicuramente  Genova ha ricoperto un ruolo di primo piano nelle relazioni con gli armeni di Crimea, tanto da divenirne protettrice. Comunità genovesi erano presenti in Crimea a partire dal 1275 e vi rimasero sino al 1475, quando la penisola di Crimea non venne occupata dai turchi.

La presenza armena in Crimea si delinea come una presenza dal carattere più marcatamente commerciale, ed incarnando quella che B. L. Zekiyan ha definito come “identità polivalente”, ossia una fortissima capacità di adattamento e di sapersi reinventare. “Integrazione differenziata”, è forse il termine che più si adatta alla situazione delle comunità diasporiche in Crimea. L’essere immersi in un contesto altro (tipico delle comunità in diaspora), non ha impedito relazioni e contatti, senza per questo dover necessariamente perdere la propria identità. Termini come discriminazione o isolamento, quindi sono termini non ricollegabili all’esperienza diasporica armena in Crimea. Le comunità armene di Crimea si dimostrarono comunità molto attive e presenti nella regione, pur non riuscendo a ripetere per intensità politica, letteraria, artistica, l’esperienza ciliciana. Nonostante questo, la loro presenza resta ugualmente importante, in particolare per la fondazione di villaggi e distretti e per l’edificazione di monasteri e di chiese.

Le maggiori comunità armene erano presenti nella città di Teodosia (Caffa), Kazarat e Shurkat. Il nome di quest’ultima antica capitale tatara, chiamata Krym (da cui Crimea), potrebbe derivare dall’antico monastero armeno della Santa Croce (in armeno “Surb k’ach’“). I due terzi della popolazione di Caffa, alle soglie della conquista turca, erano composti da armeni. Scrive A. Ferrari: “Sembra che questi disponessero di un vasto quartiere che dava sul mare, un porto fortificato, al cui interno sorgevano numerose chiese. Una delle porte di Caffa era chiamata con il loro nome”. Va ricordato come la presenza di comunità armene nell’attuale Ucraina non fosse limitata solo alla penisola di Crimea, ma sin dall’VIII-X secolo si potevano trovare altre comunità in particolare a Kiev, Luc’k e Kamenec-Podilskij. In Ucraina, gli armeni riuscirono ad ottenere un’autonomia giuridica e amministrativa, garantita da privilegi regali o privati e fondata sull’antico codice di Mkhitar Gosh.

 Questo ci mostra come all’arrivo dei turchi, seppur presente da poco più di due secoli, la comunità armena in Crimea non sia da considerare una comunità rimasta ai margini della società, ma piuttosto una comunità ponte, che ha saputo reinventarsi, dimostrandosi viva e partecipe (praticando attività quali commercio, agricoltura, copiatura di manoscritti e attività bancarie). L’apporto dato all’economia e alla cultura in Crimea, specie nella città di Caffa, risulta essere di un certo rilievo sino all’arrivo dei turchi (successivamente la presenza armena sarà formata da coloro che fuggivano da un’Armenia devastata da guerre e conflitti), quando la maggior parte degli armeni residenti furono costretti ad emigrare verso Polonia e Moldavia, dando vita a loro volta ad altre comunità diasporiche. Anche in seguito alla conquista russa, l’arte armena rimase importante. È infatti in questo periodo che il percorso culturale di Ivan Ajvazovskij, pittore armeno, nato e vissuto a Teodosia (l’antica Caffa), trova il massimo splendore.

Della fiorente comunità armena in Crimea, attualmente sono rimaste solo 20.000 persone circa, secondo le stime di “The Armenia Diaspora Encyclopedia“, superstiti che rappresentano la testimonianza di una secolare storia che ha visto arrivare nella penisola crimeana migliaia di persone prima dall’Anatolia e dalla Cilicia e poi dal Caucaso, che con la loro cultura e con le loro tradizioni hanno contribuito a sviluppare quella particolare identità multietnica, ancor più forte che nella stessa Ucraina, che ha sempre contraddistinto la regione.

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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Un commento

  1. Bello e dotto articolo. L’unico punto oscuro rimane, dato proprio la lunga e feconda vicinanza tra ucraini e armeni, la ragione di questo strappo. (Quello con l’Ungheria è poco più che una rissa da osteria tra un armeno e un azero).
    Non è che gli armeni, al momento buono, passeranno all’incasso sulla questione del Nagorno Karabakh: visto che i russi di Krimea con un “libero” referendum possono ricongiungersi con la Madre Patria, perchè gli armeni (in assoluta maggioranza in loco) non possono fare altrettanto?
    Di relinqui etnici sono costellati i Balcani e, sempre più a est, il Caucaso o gli stati ex.sovietici dell’Asia centrale, in situazioni storiche arrivate comunque tardi ad una coscienza nazionale (e magari ristretta ad una etnia maggioritaria) oppure parti di un impero russo (poi Unione Sovietica) retto da una ideologia più nazionalistica che nazionale, connotata da mentalità imperialistica e coloniale.
    Fino al 1939 a Odessa, porto cosmopolita e ideologicamente non troppo “allineato”, malvisto dalle autorità russo/comuniste, la comunità ebraica era probabilmente la componente etnica più numerosa, nonostante gli sforzi staliniani di una normalizzazione non solo ideologica, ma anche etnica.
    Auguriamoci che gli armeni di Crimea non vengano invitati a fare i bagagli ( il vice presidente del “Parlamento” della Crimea ha dichiarato che i Tartari, se non sono contenti della nuova situazione, erano “liberi” di andarsene….)
    Ultima annotazione: fino a poco più di un mese fa i russi etnici e/o russofoni dell’Ukraina (il 20% della popolazione complessiva) avevano uno di loro come presidente dello stato a Kiev e questo non mi sembra compatibile con atteggiamento repressivo e ostile nei loro confronti. Poi sono arrivati le bande paramilitari armate di “attivisti” e molti si sono scoperti vessati e desiderosi di riunirsi alla Madre Patria…..

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