La Polonia e la Repubblica Ceca tornano protagoniste delle strategie missilistiche americane. Dopo Bucarest, anche Varsavia sta trattando con Washington per l’installazione di missili Patriot. Sembrano tutti d’accordo, l’opinione pubblica plaude, i giornali appoggiano questa scelta. Tutto bene insomma, peccato che Mosca ha ribadito l’intenzione di installare i missili Iskander a Kaliningrad, in caso di minacce supplementari alla sicurezza della Russia. “Se in Europa dovessero spuntare delle minacce supplementari, allora i sistemi Iskander saranno dislocati nella regione di Kaliningrad”, ha dichiarato da Helsinki il ministro della Difesa russo Serdiukov.
Come si sa, Kaliningrad è un’enclave russa ai confini con la Polonia ma fu capitale dello Stato di Prussia dell’Ordine Teutonico, della Prussia ducale ed infine della provincia tedesca della Prussia Orientale, dal XV° al XVIII° secolo, col nome di Konisberg. Una città in tutto tedesca, che diede i natali (nel 1724) al filosofo Immanuel Kant. Dopo il 1945 la città passò sotto il controllo sovietico. I tedeschi che ci vivevano furono cacciati e la città fu ripopolata da russi, in seno al più grande movimento di popoli che seguì la seconda guerra mondiale. Dopo la caduta del Muro di Berlino, Kaliningrad divenne un’enclave russa separata dal resto del Paese. Una separazione che si accentuò quando, nel 2004, Polonia e Lituania divennero membri Nato. Dal 2007 è tornata al centro delle questioni internazionali quando George Bush dichiarò di voler installare uno “scudo spaziale” in Polonia. Il braccio di ferro da allora continua.
L’area di Kalingrad è già la più militarizzata d’Europa, e le dichiarazioni del ministro Anatoly Serdyukov -durante la sua visita in Finlandia- non stupisce più nessuno.
Il luogo non è scelto a caso. Kaliningrad, sotto la sovranità russa, si trova sul Baltico, ai confini con Lituania e Polonia. Proprio la Polonia, aderente alla NATO, ha in progetto di dislocare sul suo territorio i missili americani Patriot, vicino Morag, cittadina non lontana da Kaliningrad. A ciò si aggiungono i timori del Cremlino per le voci di nuove basi statunitensi in Bulgaria e Romania.
Da qui il ritorno di “avvertimenti” in stile guerra fredda, che erano sembrati tramontare con l’elezione di Barack Obama. Il nuovo presidente sembrava aver abbandonato il costoso progetto di scudo missilistico in Europa su cui aveva puntato la precedente amministrazione americana di George W. Bush e dei suoi “falchi” in tema di politica estera. La visita di Obama a Mosca, nel luglio scorso, aveva rasserenato il clima tanto che al passo indietro degli americani aveva fatto seguito il ritiro del progetto degli Iskander a Kaliningrad. Ma Obama, Premio Nobel per la Pace, non rinuncia a giocare la partita. Ora la Russia teme l’accerchiamento di Washington attraverso l’ampliamento delle basi NATO in Europa e il parallelo sviluppo di relazioni con i Paesi dell’ex blocco sovietico, non tutti pieni di buoni sentimenti verso la Russia.
C’è però la questione Iran, che in tutta la vicenda prende prepotentemente la scena. Infatti lo scudo spaziale, dei 2007, e i Patriot di oggi sono uffialmente rivolti a contenere l’Iran. Eppure Mosca, che partecipa con Washington a questa politica di contenimento, non è intenzionata ad accettare missili ai suoi confini, ritenendoli una minaccia per la propria sicurezzza. E come dargli torto.I nfine, se l’amministrazione Obama vuole il fondamentale appoggio della Russia per fermare il progetto atomico iraniano, non dovrà fare passi falsi in Europa, né farli fare ai suoi alleati.
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