di Luca Bistolfi
Arriva in questi giorni in libreria il romanzo della scrittrice romena Ingrid Beatrice Coman, Per chi crescono le rose, pubblicato dal neonato editore Uroboros.
È una storia d’amore, composta in stile minimalista ma dipinto a tinte forti, ambientata nella Romania di Nicolae Ceausescu. Come vivere un amore “proibito” sotto un regime totalitario: la solita storia? Niente affatto. Innanzitutto perché non sono mai bastanti le testimonianze storiche, ancorché viste con l’occhio del romanziere. Poi perché la Coman ha la singolare capacità di farci entrare in una dimensione sconosciuta a noi occidentali nel modo più diretto e delicato. E infine perché in questo romanzo ci sono una serie di domande a cui non è facile rispondere. Ad esempio, per i nostri tempi zeppi di scritti, conferenze, incontri, dibattiti e anche, ahinoi, partiti che chiacchierano di futuro e libertà, potrà essere utile un dialogo tra i due protagonisti, Magda e Catalin: «Il futuro… Che cos’è il futuro, Catalin?» disse lei, alzandosi a sua volta in piedi. «Non so… Tante cose. È una vita che puoi ancora vivere». «Per me è solo una favola. Il grande inganno. Il futuro non esiste. È qualcosa che ti annebbia la vista come una nuvola colorata per non farti vedere il presente. È una promessa spiccia di un domani migliore che si sovrappone al tuo misero oggi e non ti lascia respirare». «È una speranza…». «È una bugia! La mia amica Corina aveva un futuro. I suoi erano attori di teatro e lei voleva fare la ballerina. Ora suo padre è ai lavori forzati e sua madre lava i pavimenti del municipio per sfamare lei e il suo fratellino. Dov’è andato il loro futuro? Chi se l’è preso? Mio padre faceva il professore di filosofia prima di essere confinato in un manicomio a tempo indeterminato. Dovevamo fare tanti viaggi, vedere il mondo. Dove si è nascosto il mio futuro? Mia madre ha cercato per mesi un lavoro, trovando solo porte chiuse in faccia, lei, l’ostetrica più esperta della città. Alla fine le hanno concesso un posto da infermiera, ma solo dopo aver firmato le carte del divorzio. Fa sempre i turni di notte. È dimagrita e invecchiata, quasi non somiglia più a se stessa. E anche così, ringraziamo il cielo, perché potrebbe essere molto peggio. Io conosco solo questo, Catalin: questo giorno, questo istante, e sono grata per ogni cosa che Dio mi concede e non la mando indietro in cambio di una favola di terza mano. Non lo voglio il loro futuro!».
Quanto il futuro fosse incerto sotto il regime di Ceausescu è facile immaginarlo. Tuttavia questa domanda potrebbe essere rivolta anche al presente, ben più eloquente di un passato che non c’è più e di un futuro che, come la primavera di Battiato in Povera patria, «tarda ad arrivare». Ed è questo che, alla nostra volta, dobbiamo chiederci: quale speranza ha oggi la Romania, a oltre vent’anni dalla fine del regime comunista?
È uno dei temi sviluppati nella postfazione a questo romanzo. E se può sembrare sconcio fare pubblicità a se stessi, in questo caso può esser utile alla comprensione dell’opera che è infatti accompagnata da un (mio) saggio in due versioni: la prima, ridotta, la si può leggere nella versione cartacea; la seconda, quella completa, è stata pubblicata nella versione informatica del romanzo, scaricabile dal sito dell’editore a metà prezzo: un editore coraggioso, che ha messo in piedi, in tempi non certo favorevoli alla cultura e che stentano ad accettare l’integrazione, una casa editrice con una collana (Bookarest) dedicata agli scrittori dell’est europeo. Insomma, per molti motivi vale la pena acquistare e leggere Per chi crescono le rose.
Con gli occhi del giornalista e del ricercatore di storia, nonché dell’indragostit de Romania (innamorato della Romania) ho voluto leggere il romanzo della Coman. Ho ritenuto fosse il solo modo per rendergli omaggio, per quanto indegnamente.
Un commento
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