Cala definitivamente il sipario sulle Olimpiadi di Sochi, con la cerimonia di chiusura che domenica pomeriggio ha posto ufficialmente la parola fine alla discussa manifestazione olimpica. Nonostante tutte le critiche ricevute, la figura di Putin sembra uscirne rafforzata. La manifestazione da lui fortemente voluta e organizzata alla fine si è svolta senza intoppi, grazie anche all’organizzazione scrupolosa che stava dietro all’evento e all’ingente cifra stanziata per la sua buona riuscita. Il boicottaggio internazionale alla fine si è rivelato disordinato e probabilmente inefficace, e l’evento è riuscito a far passare in secondo piano i problemi sociali tanto denunciati prima della manifestazione, come la criticata legge anti-gay. Infine dal punto di vista della sicurezza non si sono registrati inconvenienti, grazie alle tante misure attuate e all’enorme numero di militari inviati a presidiare la zona di Sochi.
Boicottaggio internazionale?
Le Olimpiadi di Mosca del 1980 passarono alla storia come “le Olimpiadi del boicottaggio”, a causa della protesta contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan portata avanti dagli Stati Uniti. Alla fine presero parte alla manifestazione solo 80 nazioni, mentre molte altre gareggiarono sotto la bandiera olimpica. Definire “boicottaggio internazionale” l’assenza di alcuni leader politici alla cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di Sochi potrebbe apparire quindi eccessivo. Tra le varie assenze, quella di Obama è da ricollegare soprattutto ai numerosi attriti tra i due paesi, intensificatisi negli ultimi anni a causa di vari scontri diplomatici (come per il caso Snowden o per la guerra civile siriana). In un clima da guerra fredda come quello che stiamo vivendo in questi ultimi anni, l’assenza del presidente americano, che comunque ha mandato a Sochi una propria delegazione, non stupisce più di tanto.
L’Europa invece ha dato prova ancora una volta di non avere una vera e propria politica estera comune, con alcuni leader che hanno preferito non presenziare alla cerimonia d’apertura (Merkel, Hollande e Cameron su tutti) e altri che invece erano regolarmente presenti allo stadio Fišt di Sochi (tra cui Letta e Rutte). Alcuni leader hanno inoltre dichiarato di non essere favorevoli al boicottaggio, preferendo la via del dialogo. Guardando meglio, ci si può inoltre accorgere di come le assenze dei principali leader europei non siano poi così strane: la Merkel, ad esempio, in 8 anni di governo non ha mai partecipato ai Giochi Olimpici, mentre la Francia non manda un presidente ad assistere alla cerimonia d’apertura di un’Olimpiade dal 1992, ai tempi di Mitterrand.
Le polemiche pro-gay e i diritti umani
Il principale bersaglio degli attacchi di manifestanti e attivisti, ma anche di molti leader politici, è stato il problema dei diritti umani, in particolare è stata presa di mira la famosa legge che vieta la “propaganda gay” in presenza di minori. Putin ha cercato così di “riscattarsi” concedendo l’amnistia alle Pussy Riot e agli attivisti di Greenpeace, così come la grazia a Khodorkovski, ma senza troppo successo. Quello che il presidente russo temeva era che eventuali proteste potessero rovinare la “calma olimpica”, compromettendo ulteriormente l’immagine del paese. Putin è riuscito però nel corso della manifestazione a far passare in secondo piano il problema, dedicando alle proteste un’unica area in un parco lontano dalla città, “espellendo” di fatto i manifestanti da Sochi, allontanandoli in questo modo dagli occhi indiscreti delle telecamere.
Alla vigilia della cerimonia d’apertura c’è stata qualche provocazione, come la scelta della delegazione americana di presentare a Sochi due icone gay come l’ex tennista Billie Jean King o la giocatrice di hockey su ghiaccio Caitlin Cahow, o l’annunciata partecipazione alla cerimonia d’apertura delle Paralimpiadi del ministro norvegese Bent Høie, con tanto di marito al seguito. È sembrato però che al momento dell’accensione della fiamma olimpica all’interno dello stadio di Sochi, si sia contemporaneamente spenta l’attenzione nei confronti dei problemi sociali che colpiscono il paese. Le grandi proteste temute da Putin non si sono verificate, e le poche singole azioni di disturbo, come la provocazione di Vladimir Luxuria, sono passate in secondo piano, se non quasi del tutto inosservate, agli occhi della comunità internazionale.
Il problema della sicurezza
Le Olimpiadi di Sochi, oltre ad essere state le più costose della storia, con una spesa complessiva che si aggira intorno ai 50 miliardi di dollari, sono state anche le più “blindate” di sempre: l’incognita della sicurezza era infatti il problema numero uno alla vigilia delle Olimpiadi, e per far fronte ad ogni possibile minaccia Putin non ha voluto badare a spese, attuando un gran numero di misure. Per non ripetere tragedie come i recenti attentati di Volgograd, intorno a Sochi sono stati stanziati tra i 40 e i 50 mila agenti e soldati dell’esercito, con la creazione di alcune zone off-limits e aree a circolazione limitata. Inoltre è stato messo in piedi un imponente sistema di sicurezza coordinato dall’FSB (i servizi segreti russi), ed è stata chiesta la registrazione di ogni partecipante all’evento. Alla fine le minacce del capo dei combattenti islamici Doku Umarov si sono rivelate vane, dimostrando i limiti del terrorismo di matrice islamica, fortemente indebolitosi negli ultimi anni a causa della sempre più attenta lotta al terrorismo e della presa di potere di Kadyrov in Cecenia.
Appena prima della cerimonia di chiusura, il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Thomas Bach ha voluto elogiare le Olimpiadi e la Russia, “per avere mantenuto le promesse e organizzato un avvenimento all’altezza delle aspettative”, sottolineando come non ci sia stata neanche una lamentela da parte degli atleti, ricordando che i riscontri di tutti i partecipanti sono stati positivi. “Avete mostrato al mondo il volto nuovo della Russia: sorridente, patriottico e aperto. Il messaggio che è stato dato è quello di pace, tolleranza e rispetto” ha concluso il presidente del CIO. Al di là dell’effettiva veridicità o meno delle parole di Bach, l’immagine di Putin esce da Sochi rafforzata, non tanto per le 33 medaglie vinte dalla Russia (primo posto nel medagliere, migliore prestazione di sempre nelle Olimpiadi invernali) quanto per l’abilità con cui il paese ha saputo superare – o laddove non era possibile, nascondere – tutti i problemi della vigilia.
Foto: ALEKSEY NIKOLSKYI/AFP/Getty Images
Un commento
Pingback: Olimpiadi di Sochi, la scommessa vinta di Putin | BUONGIORNO SLOVACCHIA