“Non è un caso che sia stato proprio un russo, ancora Dostoevskij, a caratterizzare già più di una generazione e mezzo fa, l’antitesi fra l’Europa occidentale e la Germania, questo «popolo grande… e singolare»”.
La Germania è in guerra con la Russia e mentre Thomas Mann conclude le sue Considerazioni di un impolitico (il volume viene pubblicato per la prima volta a Berlino nel 1918 da Fischer Verlag) “si annuncia l’armistizio” tra le due nazioni. Eppure in tutti questi anni di conflitto bellico Mann vede nella Russia il suo vero alleato nella guerra, che non è una guerra per la conquista di territori e ricchezze, per l’affermazione di interessi nazionali, ma una guerra di principi. Questa guerra “rappresenta in sostanza una nuova esplosione, la più grandiosa forse e alcuni credono l’ultima, dell’antichissima lotta dei tedeschi contro lo spirito dell’Occidente”, contro quelle che vennero definite le idee dell’Ottantanove [1789, ndr] e più indietro contro la tradizione latina.
Certo la Russia è alleata con le potenze occidentali — la Francia, l’Inghilterra —, ma la sua vera natura è quella di rappresentare per l’Oriente ciò che la Germania rappresenta per l’Occidente: il rifiuto del prevalere dell’individuo e dell’economia, della superiorità della società sulla comunità. Mann vedeva nella grande tradizione russa e nel panslavismo incarnati da Dostoevskij un alleato in questa guerra spirituale contro l’Occidente. E Dostoevskij con il suo Diario di uno scrittore è uno dei numi tutelari del saggio manniano. Del resto i due libri presentano analoghi caratteri: entrambe non sono un’opera omogenea, almeno secondo il corrente canone letterario, ma una raccolta di testi che registrano riflessioni e umori diversi.
Le idee di Mann, anche se durante la Repubblica di Weimar lo scrittore diventa un paladino della democrazia e del liberalismo, non smettono di lavorare sottotraccia e le sue Considerazioni influenzeranno quella galassia di movimenti che va sotto il nome di Rivoluzione conservatrice. Elementi centrali sono il rifiuto del regime liberal-democratico e borghese della Repubblica di Weimar, la critica al parlamentarismo e alla democrazia, definiti “la tirannia del denaro”, la nostalgia per i valori tradizionali della vecchia Germania.
Ad essa aderiscono personaggi noti come Carl Schmitt, i fratelli Jünger, Erich von Salomon, o i meno noti Moeller van den Bruck (curatore della prima edizione tedesca di Dostoevskij), August Winnig, Ernst Niekisch e i fratelli Strasser. Tutti costoro videro nella Russia sovietica la macchina distruttiva che, finalmente, avrebbe contribuito a eliminare dalla scena il liberalismo e il mondo borghese, cui si doveva la decadenza della civiltà e l’avvento del dominio del mercantilismo economicista. Formularono scenari in cui una Germania socialista e nazionalista avrebbe potuto affiancare l’URSS in un finale regolamento di conti contro l’Occidente capitalista.
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Questi temi sono affrontati nell’incontro-dibattito Germania e Russia: una insospettabile fratellanza spirituale che si terrà oggi a Trento, alle ore 17,30, nella Sala degli affreschi della Biblioteca comunale (Via Roma 55). L’incontro è organizzato dal Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale. Interviene Massimo Libardi. Con questo incontro prende inizio il ciclo Gli spiriti della rivoluzione. La Russia e l’Europa. Appuntamento successivo il 12 febbraio con L’avanguardia russa fra Occidente e Oriente (interviene Floarea Virban).
È difficile immaginare un paese che più della Russia sia stato, in positivo o in negativo, un punto di riferimento per gli intellettuali e gli stessi popoli europei. Prima dello scoppio della rivoluzione, una parte della cultura tedesca guardava alla Russia e in particolare alla corrente slavofila come a un alleato contro le idee dell’Ottantanove, le idee della democrazia liberale, cui contrapponevano una comune visione organicista della società.
La rivoluzione del 1917 rappresenta una frattura intono a cui si coagulano tutte le ribellioni, le insofferenze, le rabbie del vecchio continente. Inizialmente appare come un momento aurorale dello spirito, un nuovo inizio, un polo magnetico che attrae a sé tutte le avanguardie. Ma quando il fervore rivoluzionario cede il passo alla costruzione dello stato totalitario, questo diventa un modello (nascosto e negato) del totalitarismo che si affermerà nella parte occidentale del continente.
C’è poi il grande enigma della Russia. Questa nazione sterminata, grande come un continente, a cavallo tra Europa e Asia, la cui parte orientale — dimenticata per decenni — viene riscoperta proprio a cavallo del Novecento. Un processo al quale parteciparono pensatori, come Solov’ev, scrittori famosi quali Dostoevskij, Tolstoj e Belyj.
Vedo rispetto ad altri articoli un significativo mutamento: non più fratellanza spirituale tra nazionalsocialismo e comunismo sovietico, ma tra Germania e Russia tout court. Bah!