L’eco del conflitto siriano rimbomba nuovamente a Beirut, in Libano, dove il 19 novembre due attacchi suicidi hanno colpito l’ambasciata iraniana, uccidendo 23 persone e ferendone oltre un centinaio. Tra i morti anche Ebrahim Ansari, responsabile culturale della rappresentanza della Repubblica islamica. L’attentato è stato rivendicato dalla Brigata Abdullah Azam, gruppo sunnita legato ad al-Qaeda, che ha minacciato altri attacchi contro obiettivi iraniani se Teheran continuerà ad appoggiare le forze di Bashar al-Assad in Siria.
L’Iran, a maggioranza sciita, è un alleato chiave del presidente Assad, la cui famiglia appartiene alla minoranza sciita degli alawiti ed è impegnata da marzo 2011 in un sanguinoso conflitto contro un variegato fronte di gruppi ribelli, principalmente sunnita. L’ambasciata iraniana si trova nel sud di Beirut, una zona in cui è forte la presenza di Hezbollah, un gruppo sciita nato in risposta all’invasione israeliana del Libano nel 1982, che nel conflitto in Siria è schierato con l’alleato iraniano di fianco ad Assad. Hezbollah riceve tuttora la maggior parte dei suoi finanziamenti e del suo addestramento militare dall’Iran, ma ha raccolto anche un autentico sostegno politico nel sud del Libano, grazie al suo impegno in campo sociale. Nonostante sia oggi un attore a pieno titolo del panorama politico libanese – con anche rappresentanti in parlamento – gli Stati Uniti, ma anche l’UE, continuano a inserire Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche.
Le vicende storiche della Siria sono da sempre profondamente legate a quelle del vicino libanese. A lungo Damasco ha considerato il Libano come una sua provincia ed è riuscita a ritagliarsi un ruolo sempre più importante nel Paese durante la guerra civile libanese del 1975-1990, mantenendo un contingente sul suo territorio anche finite le ostilità. L’esercito siriano ha abbandonato il Libano solo dopo le manifestazioni, note come “Rivoluzione dei cedri”, che seguirono l’omicidio dell’ex primo ministro Rafiq Hariri nel 2005, dietro cui molti hanno ipotizzato la mano siriana. I destini dei due Paesi continuano ad essere interdipendenti, anche considerando il fatto che il Libano oggi ospita più di 800 mila rifugiati siriani.
Non sorprende, quindi, che Beirut stenti a contenere la violenza che si riversa sul suo territorio dal confine orientale con la Siria, ormai diventato il teatro di una guerra per procura che coinvolge la maggior parte degli attori regionali. Se il presidente Assad si regge soprattutto sulla stampella dell’Iran e di Hezbollah, i ribelli siriani godono principalmente del sostegno dei regimi sunniti del Golfo, in particolar modo dell’Arabia Saudita – concorrente regionale di Teheran – e del Qatar. In questo contesto di ostilità regionali prolifera un sottobosco di gruppi di opposizione armata legati ad al-Qaeda, come la Brigata di Abdullah Azam, che deve il suo nome al jihadista di origine palestinese che è stato mentore di Osama bin Laden. L’attacco all’ambasciata iraniana finisce quindi non solo per erodere la già fragile stabilità politica libanese, rinforzando anche la convinzione della crescente natura settaria del conflitto siriano, ma potrebbe anche portare a un ulteriore coinvolgimento militare dell’Iran, e di conseguenza di Hezbollah, nell’arena siriana.
Al momento in Siria le forze di Assad, affiancate dalle milizie sciite irachene e da Hezbollah, stanno lanciando un’offensiva al confine con il Libano, nella zona di Qalamoun, e stanno riconquistando anche alcune zone vicino ad Aleppo e alla periferia di Damasco. Soprattutto, l’attentato all’ambasciata iraniana arriva in un momento particolarmente delicato, alla vigilia del nuovo incontro tra la comunità internazionale e l’Iran, previsto per il 20 novembre a Ginevra. L’ultimo round dei negoziati, volti a risolvere la controversia legata al programma nucleare iraniano – civile secondo Teheran, con pericolosi risvolti militari secondo le Nazioni Unite – si era concluso l’11 novembre e, nonostante le aspettative, era naufragato all’ultimo momento soprattutto per la posizione intransigente della Francia. Intanto Israele non nasconde la sua opposizione a una apertura di qualsiasi tipo nei confronti dell’Iran e sembra essere pronto a far deragliare ogni sforzo qualora i negoziati dovessero impantanarsi nella diffidenza tra le parti. L’attentato contro obiettivi iraniani potrebbe avere, quindi, un effetto pericolosamente destabilizzante, strappando un filo sensibile nel groviglio delle dinamiche regionali e rischiando di restringere ulteriormente la già stretta finestra della diplomazia per risolvere la controversia sul nucleare iraniano.
Senza cadere nel complottismo, quante possibilita’ potrebbero esserci che Israele abbia interessi a trascinare l’Iran nel conflitto siriano, via Libano?
Direi che Israele non ha bisogno di trascinare l’Iran nel conflitto siriano semplicemente perché Teheran è già coinvolta -neanche troppo indirettamente- attraverso Hezbollah. In questo caso in particolare, prima che l’attentato venisse rivendicato dalla Brigata Abdullah Azam l’Iran aveva già puntato il dito contro Israele, ma questa è “normale amministrazione” nella retorica tra i due Paesi, che si incolpano reciprocamente di qualsiasi cosa avvenga in Medio Oriente. Sicuramente però l’interesse di Israele è quello di approfittare politicamente di eventi come questo per convincere la comunità internazionale a non far partecipare l’Iran alla conferenza di Ginevra II sulla situazione siriana (cosa su cui invece insiste la Russia, ad esempio).
Ottima risposta, aggiungerei che cho semina vento raccoglie tempeste.
Grazie Giada, io pensavo ad un “salto di qualita’” nel rapporto tra Iran ed Israele, con quest’ultimo che andrebbe a sfruttare i rapporti tra Teheran ed Hezbollah non piu’ idilliaci come un tempo. Insomma irritare a tal punto l’Iran da scoprirsi in prima persona e militarmente.
Ma non voglio arrivere alla fantageopolitica, grazie ancora della risposta
Ma di quali rapporti parliamo? E’ di questi giorni il messaggio lanciato dall’ayatollah Khamenei a 50.000 Guardiani della pace col quale afferma che sul nucleare la politica non cambierà, che Israele scomparirà dalla faccia della terra e che l’Iran combatterà Israele e appoggerà i movimenti armati che lo combattono.