BOSNIA: Bijeljina, il censimento visto dal basso. Una testimonianza

Il 15 ottobre si è concluso il censimento in Bosnia-Erzegovina, il primo dal 1991 (ne avevamo parlato qui). East Journal ha raccolto una preziosa testimonianza di chi, in queste settimane, ha assistito in prima persona ai lavori del censimento. Poiché il racconto contiene informazioni sensibili, ne manterremo l’anonimato. Si osservano le reazioni degli intervistati, tra indifferenza e rassegnazione, e le strategie degli addetti al censimento per aggirare le difficoltà della ricerca. Emergono anche elementi meno noti e mediatici del censimento bosniaco, che non registra solo l’identità nazionale e religiosa, ma anche informazioni sensibili come le proprietà e il domicilio, suscitando diffidenze e ostilità soprattutto tra i veterani di guerra. Qui di seguito la testimonianza.

Nei villaggi tra la Drina e la Sava della regione di Bijeljina, nell’angolo a nord-est della Bosnia dove vivono per lo più serbi, per i più giovani e disoccupati lavorare per il censimento è una buona opportunità per mettersi qualche soldo in tasca. Ciò non significa che ne siano entusiasti. Molte delle case dei villaggi vedono il censimento come un disturbo della loro routine quotidiana. Tagliare la legna, cucinare, e mantenere al caldo la casa in questo umido ottobre resta la priorità. Coloro che hanno tempo di parlare di politica mostrano facilmente il loro malcontento verso un progetto le cui conseguenze non sono chiare.

Identità

In primo luogo ci sono quelli hanno paura per la loro identità. Un’uomo sui sessant’anni si chiede che cosa il censimento significherà per la Republika Srpska, per tutti coloro che hanno pagato un caro prezzo perchè l’entità politica serbo-bosniaca esistesse. Né è molto più positivo il loro parere sull’UE , il cui simbolo è ben visibile sulla busta degli addetti al censimento. “Il compagno Tito ci disse che è nel nostro interesse non aderire ad eventuali blocchi, quindi sono contro l’UE o qualsiasi altra alleanza”, ha commentato.

Gli addetti al censimento sono fin troppo consapevoli dell’opinione pubblica nella loro località. Nel villaggio di M., nei pressi di T. che ha visto pesanti combattimenti durante la guerra, la ragazza ventenne addetta a compilare i questionari ha dichiarato di aver paura a porre domande circa l’identità delle persone. “C’è ancora un sacco di paura e confusione, alcune persone potrebbero mentire”, anche se sa bene che è suo dovere riportare ciò che le viene detto, non ciò che lei pensa essere la verità. Ciononostante, ha deciso di compilare la sezione sulla nazionalità senza nemmeno chiedere.

Un altro addetto al censimento ha trovato un modo ancora più semplice per affrontare le questioni più delicate. Invece di porre una domanda aperta sull’identità dei rispondenti, ha deciso di fare domande chiuse, sì o no: “parli serbo?”. In questo modo, non ci sarebbe stata alcuna confusione.

Personalmente, quando è venuto il mio turno, nessuno mi ha fatto domande su lingua e nazionalità, anche se avrei ben voluto fare la prova di dichiarare la mia famiglia come “alieni”, E.T., per vedere se sarebbe apparso nel rapporto finale.

Informazioni sensibili

In secondo luogo, le persone sono preoccupate di rivelare informazioni sensibili. Le tasse devono essere pagate su diversi tipi di proprietà che si possiede, e una cosa che accomuna ricchi e poveri è che non vogliono certo pagare più tasse.

La questione della proprietà della terra, per esempio, è molto importante. Un uomo ha venduto un pezzo di terra al suo vicino, tuttavia anche se il vicino di casa già lavora la terra la proprietà non è stata legalmente ceduta, così l’uomo deve continuare a pagarci le tasse. Questa disputa impedisce loro di parlarsi. Anche per i beni sequestrati sarà difficile dare spiegazioni per chi ha rubato e saccheggiato, e non era così raro durante la guerra vedersi portar via le proprie cose da uomini armati.

Un altro tipo di informazioni che la gente non vuole condividere è il proprio domicilio. Si tratta di informazioni particolarmente sensibili per i veterani di guerra, che vivono nella paura di venire rintracciati e arrestati, in particolare se la Bosnia entrerà nell’UE. Anche veterani apparentemente rispettabili temono di poter essere rintracciati per un motivo o per l’altro. Uno degli addetti al censimento ha dovuto mettere le mani avanti: “ci hanno detto che la raccolta dati è solo per fini statistici, ma non posso garantire che non ci facciano qualcos’altro”.

Emigranti e smemorati

In terzo luogo, il censimento non poteva fare a meno di scontrarsi con alcune situazioni peculiari. In un quartiere vive una donna originaria della Croazia, malata e ormai senza memoria. La ragazza che ha fatto il censimento nel suo condominio ha dichiarato: “Ho dovuto riempire i moduli in base a ciò che sapevo di lei e a quello che gli altri mi hanno detto”.

Un’altra famiglia, che ha una proprietà ragguardevole in paese – e una bella casa – vive in Germania, ma torna a casa per i ponti e le feste. Hanno rifiutato di prendere parte al censimento. La loro risposta, secondo la ragazza che cercava di intervistarli, è stata: “Guarda, noi viviamo in Germania e non vogliamo avere niente a che fare con questo censimento.”

Non sono stati gli unici. Anche il proprietario di un supermercato si è opposto fortemente alla raccolta dati: “Non mi importa di questo censimento o di che cosa significhi per la Republika Srpska e la Bosnia. Se lo volete sapere, penso che saremmo tutti in condizioni migliori se questa fosse tutta Croazia“. Purtroppo non è stato possibile chiedergli se volesse dichiararsi nel censimento come “alieno”.

In definitiva, forse il censimento ci permetterà di avere un quadro approssimativo della Bosnia contemporanea, ma la misura di quanto poco i bosniaci si fidino delle persone al potere rivela che ci potrebbero essere un sacco di informazioni mancanti.

Foto: Mmilanovic, Flickr

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East Journal nasce il 15 marzo 2010, dal 2011 è testata registrata. La redazione è composta da giovani ricercatori e giornalisti, coadiuvati da reporter d'esperienza, storici e accademici. Gli articoli a firma di "redazione" sono pubblicati e curati dalla redazione, scritti a più mani o da collaboratori esterni (in tal caso il nome dell'autore è indicato nel corpo del testo), oppure da autori che hanno scelto l'anonimato.

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