Per la prima volta dopo tanto tempo cade un muro di silenzio sulla guerra russo-cecena che durava ormai da più di una decina di anni.
Secondo quanto affermato dalla Corte di Strasburgo nella sentenza di condanna emessa recentemente nei confronti della Russia per il bombardamento del villaggio di Aslanbek-Sheripovo del 17 febbraio 2000, le stesse autorità russe avrebbero infatti confessato di aver commesso violazioni ai diritti umani durante le operazioni militari attuate in Cecenia.
Mosca ha riconosciuto di aver fatto un uso ingiustificato della forza e di non essere stata in grado di portare avanti un’inchiesta adeguata in merito. La sentenza ha un valore storico: si tratta della prima volta che la Russia effettua un riconoscimento ufficiale di propri crimini di guerra perpetrati nel corso della Seconda guerra cecena. I ricorrenti, in totale 18 abitanti del villaggio che durante i bombardamenti rimasero feriti o persero dei parenti, dovranno essere risarciti per un totale di 160mila euro.
Le vittime di queste violazioni, che fino a questo momento non erano riuscite a far valere la propria posizione a livello nazionale, si erano così rivolte da tempo alla Corte di Strasburgo per avere giustizia. La prima sentenza emessa sulla questione della Cecenia risale al marzo del 2005, espressa in un verdetto che accusava le autorità russe di violazioni del diritto alla vita. Da allora ci sono state numerose accese discussioni in merito, che solo però dopo 8 anni dalla prima sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno portato la Russia ad assumersi le proprie colpe.
La storica sentenza della Corte di Strasburgo è destinata a diventare un precedente fondamentale nel dibattito che da anni vede opporsi autorità russe e ribelli ceceni, i quali proprio negli ultimi anni si sono scambiati spesso accuse reciproche in tema di violazioni dei diritti umani. Tra i crimini di guerra che entrambe le parti accusano di aver subito ci sono rapimenti, omicidi, saccheggi e stupri, oltre a varie violazioni delle leggi di guerra.
Secondo il rapporto condotto da Amnesty International nel 2001, “C’erano frequenti resoconti in cui le forze russe hanno bombardato indiscriminatamente zone civili. Civili ceceni, incluso il personale medico, ha continuato a essere bersaglio da attacchi militari da parte delle forze russe. Centinaia di civili ceceni e di prigionieri di guerra furono giustiziati. A giornalisti e controllori indipendenti è continuamente rifiutato l’accesso alla Cecenia. Secondo i rapporti, i combattenti ceceni spesso minacciarono e talvolta uccisero membri russi dell’amministrazione civile e giustiziarono i soldati russi catturati”.
Il complicato dibattito sulle violazioni dei diritti umani nel corso della Seconda guerra cecena non è quindi destinato ad esaurirsi con questo capitolo. Se il recente mea culpa della Russia può essere considerato un decisivo passo in avanti verso la verità sui crimini di guerra compiuti durante la guerra russo-cecena, ancora molte ombre gravano sulla dinamica del sanguinoso conflitto, nel corso del quale entrambe le parti si sono macchiate di gravi atrocità che ancora oggi faticano ad avere giustizia.
… D’accordissimo quando dici “ancora molte ombre gravano sulla dinamica del sanguinoso conflitto, nel corso del quale entrambe le parti si sono macchiate di gravi atrocità che ancora oggi faticano ad avere giustizia.”
“Mosca ha riconosciuto di aver fatto un uso ingiustificato della forza e di non essere stata in grado di portare avanti un’inchiesta adeguata in merito. La sentenza ha un valore storico: si tratta della prima volta che la Russia effettua un riconoscimento ufficiale di propri crimini di guerra perpetrati nel corso della Seconda guerra cecena.”
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Bene, adesso aspettiamo un analogo passo da parte di USA e NATO, che hanno ammazzato decine di volte più civile che la Russia.
Non esiste una guerra tra un esercito regolare e formazioni irregolari nella quale non vengano commessi crimini da entrambe le parti.