di Emanuela Pergolizzi
Con lo stesso passo cadenzato della natura, anche il processo turco-curdo ha sembrato seguire, negli ultimi mesi, il ciclico susseguirsi delle stagioni. Dalle speranze di una primavera nascente, con il cessate-il-fuoco annunciato il 21 marzo scorso, alle tensioni del ritiro dei militanti del Pkk durante le proteste di Taksim in maggio, al lento spegnersi dei negoziati alle porte dell’autunno.
In un copione che spesso ripete ma sempre sorprende, la Turchia dell’AKP dà l’ennesima dimostrazione di ripresa. Puntualmente, quando il seminato sembra ormai perso, Erdogan non solo riapre il gioco ma è pronto a rilanciare. Così proprio nel punto più basso dei negoziati turco-curdi, il primo ministro ha annunciato, per lunedì 30 settembre, la presentazione del tanto atteso pacchetto di riforme democratiche richiesto ormai da mesi dalla controparte curda. Fino a che punto il governo riuscirà a rispondere alle domande della minoranza, tuttavia, è tutto ancora da scoprire.
Il ritiro sospeso
Risale all’inizio del mese (il 9 settembre) il tragico annuncio del Pkk, tramite l’Agenzia di stampa Firat, della sospensione del ritiro dei militanti verso le montagne del Nord Iraq.
La smobilitazione dei gruppi armati nelle province della Turchia meridionale, primo passo concordato per la pace con il governo turco, aveva avuto inizio l’8 maggio, pochi giorni prima il violento scoppio delle proteste di Gezi Park. Mentre le manifestazioni infuriavano nelle principali piazze del paese, il ritiro dei militanti era continuato – lento, ma senza esitazioni.
Si attendeva a questo punto che fosse il governo dell’AKP a fare la sua mossa venendo incontro alle richieste curde: l’abbassamento della soglia elettorale del 10%, la revisione della legge anti-terrorismo, l’insegnamento libero del curdo nelle scuole.
Trascorsi mesi, di fronte al blocco della commissione per la revisione costituzionale, l’irritazione degli esponenti del Pkk e dei parlamentari del partito curdo del Bdp erano sfociate in numerose manifestazioni. “Ukumet, adim at!” : “governo, fai un passo avanti”, incitavano gli striscioni curdi nelle piazze.
Di fronte all’ennesimo protratto silenzio, questa volta, si è risposto con lo stallo.
A nulla sono servite le rassicurazioni del vice-primo ministro Bozdag – “stiamo preparando un pacchetto di riforme”; per i curdi il processo non ripartirà senza dei chiari segni – delle prove tangibili.
Il rilancio di Erdogan
Ai toni minacciosi di comandanti del Pkk che, come Cemil Bayik, avevano annunciato l’inesorabile “collasso” dei negoziati, il primo ministro turco aveva risposto placidamente richiamando alla fiducia, alla calma. Al 9 settembre aveva seguito il silenzio. Poi, improvviso, l’annuncio: “Il pacchetto è pronto; I contenuti potranno essere una sorpresa per molti segmenti della società”. Il primo ministro sa bene come preparare il terreno alla suspence, arricchendo di simbolismo la data della dichiarazione: il primo giorno della settimana e l’ultimo del mese, le sorti del processo turco-curdo potranno finalmente risollevarsi.
“Questo pacchetto è il risultato di un processo decennale”, ha continuato Erdogan.
Le riforme, tuttavia, non riguarderanno solo la minoranza curda e si prevedono novità anche sul fronte della legge sul finanziamento ai partiti, l’utilizzo del velo nei pubblici uffici, modifiche alla legge contro il terrorismo e persino al codice penale turco.
La posta in gioco
Mentre il paese trattiene il fiato in attesa dell’annuncio, non ci si può evitare di chiedere fino a che punto, il governo, sarà disposto a rischiare. Il 2014, ormai quasi alle porte, racchiude due date fondamentali: le elezioni municipali, previste per marzo, e le attesissime presidenziali a cui lo stesso primo ministro si dovrebbe candidare. Con il rilancio del processo curdo e la revisione costituzionale Erdogan apre il terreno di gioco – lunedì 30 settembre, ricomincia la gara.
L’inverno 2013, per la Turchia, si prospetta molto più caldo di quanto le previsioni possano annunciare.
FOTO: Arabpress