di Matteo Zola
C’era una volta la Russia che forniva missili all’Iran, poi la comunità internazionale ha fatto pressioni su Mosca che -per pura convenienza, era il tempo dello Start II- ha interroto il florido commercio con gli Ayatollah.
O no? Pare infatti che la compravendita di missili sia continuata attraverso la Bielorussia la quale, mettendo un bollino made in Minsk, inoltrava poi il pacco a Teheran.
Il 12 ottobre scorso, nella base iraniana di Khorramabad, i pasdaran si esercitavano con missili anti-aerei quando si verifica un’esplosione. A Teheran ammettono che l’incidente ha ucciso “molti pasdaran” ma non fanno menzione dei sei membri dell’ Hezbollah libanese che, secondo fonti non ufficiali, si trovavano in Iran come addestratori.
Hezbollah avrebbe infatti il know how su come utilizzare missili terra aria S300, Strela 2, e sistemi SA 15, SA 16 ed SA 18. Tutti gingilli che gli iraniani possiedono e che vengono dalla (Bielo)Russia. Teheran infatti sostiene che la ragione dell’incidente di Khorramabad non sia di natura umana ma vada imputata a difetti tecnici degli armamenti. Così gli Ayatollah avanzano le proprie rimostranze al fornitore, la Bielorussia di Lukashenko, che si vede recapitare un bell’elenco degli armamenti a rischio di malfunzionamento corredato da richiesta di sostituzione e risarcimento.
Intanto a Washington sale la preoccupazione: quella tra gli Ayatollah, Lukashenko ed Hezbollah è una liason dangereuse che rischia di mettere alla prova i già fragili nervi dell’attuale amministrazione americana. Un triangolo che non avevano considerato.
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