RUSSIA: Mosca batte Washington, nasce in Siria il multipolarismo?

Bando all’inutile retorica, quella della “guerra umanitaria“, che a Mosca proprio non piace. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha inchiodato così gli Stati Uniti a una soluzione diplomatica per la crisi siriana dopo tre giorni di colloqui avuti a Ginevra con il segretario di Stato americano John Kerry. La sostanza è che Assad deve consegnare entro una settimana l’elenco completo dei siti che conservano armi chimiche. Anche la Cina ha accolto favorevolmente l’accordo. E in serata il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha annunciato che Damasco aderirà alla Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche il 14 ottobre.

E’ evidente che delle armi chimiche non interessa nulla né a Lavrov né a Kerry. Esse sono il pretesto per l’intervento militare americano. Ma sono diventate la moneta di scambio in questa tornata diplomatica tra Mosca e Washington. L’accordo raggiunto sulle armi chimiche è in realtà una soluzione temporanea con cui i due paesi hanno preso le misure del futuro multipolarismo globale. Un mondo dove molte potenze, tra cui Russia e Stati Uniti, ma anche Cina, India, forse Brasile e (chissà) l’Unione Europea, si dovranno bilanciare restituendo (sarebbe bello) all’ormai logoro Onu un ruolo centrale per dirimere le controversie internazionali. Crisi economica permettendo.

In questa fase è chiaro che Mosca è in vantaggio. Da quanto tempo non accadeva? Ha costretto la titubante e incerta diplomazia americana a scendere a patti proponendo una soluzione intermedia che potrebbe aprire a futuri accordi per una soluzione congiunta del conflitto. In ballo c’è il controllo del Medio Oriente e delle sue risorse, e Mosca vuole la sua parte. Ha giocato bene le sue carte mettendo Washington all’angolo. Se non fosse che la Russia di Putin è un paese autoritario e violento ci sarebbe da rallegrarsi. E molti se ne rallegrano, tifando per al-Assad (come in passato per Gheddafi) per puro spirito di contraddizione, per becero anti-americanismo (forse ereditato dal Novecento delle ideologie) o per simpatia verso l’autoritarismo (tendenza diffusa nell’Europa della crisi).

La Russia, la Siria, ma anche l’Iran e la Cina, sono un blocco di “nemici” delle democrazie occidentali. O della democrazia in sé. Può essere. Ma che dire degli Stati Uniti che la democrazia la “esportano” a suon di bombe e poi spiano illecitamente i propri (e non solo) cittadini? Dietro il paravento della retorica democratica si assiste a una deriva autoritaria da parte dei paesi che fino a ieri ne erano i difensori. Un discorso che vale per molti stati europei.

Ecco, se in Siria è nato il multipolarismo, la speranza è che i futuri titani della diplomazia (o della guerra) non siano un consiglio di tiranni: potrebbero forse giungere alla pace ma, come dicevano gli antichi, sarebbe un deserto. A quel punto allora, e solo a quel punto, meglio il conflitto.

 

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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5 commenti

  1. L’articolo secondo me mette in luce una questione importante, che è la direzione di marcia dei poteri statuali e finanziari. Non c’è stata alcuna democratizzazione, come molti raccontavano e dichiaravano, dopo il 1991, ma pare che ci siano dei regressi nei rapporti interni agli Stati, con una maggiore stretta su informazioni e proteste. Dico questo perché quando leggevo su Repubblica delle condanne contro l’autoritarismo e la repressione in Russia, alla pagina successiva leggevo anche di come è “terrorista” Erri De Luca.
    Hai ragione, il “doppio standard” continua, da ambo i lati, ma ieri come tragedia e oggi come farsa.

  2. articolo perfettamente equilibrato e che condivido completamente

  3. Cito: ”..la Russia di Putin è un paese autoritario e violento..”: non si è sbagliato per caso confondendo la Russia con gli Usa ? Lei è mai stato in Russia ? E cosa vuol significare ”..meglio il conflitto..” ? OGGI chi ha difeso la pace nel mondo è stata la Russia. E basta. E i conflitti futuri saranno ideati e eseguiti da chi appunto pensa ” meglio il conflitto”: e cioè da uno solo, quello che lei non cita.

  4. 1) Ma non eravamo tutti contro la guerra senza ‘se’ e senza ‘ma’?
    2) Non è eccessivo mettere sullo stesso piano Russia da una parte e Iran e Siria dall’altra?

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