Riassunto delle puntate precedenti. Dopo il voto presidenziale un vero e proprio terremoto politico ha investito l’Ucraina. In prima battuta la Corte suprema amministrativa ucraina ha sospeso il risultato del ballottaggio per le presidenziali. La decisione è stata presa per esaminare il ricorso presentato dalla candidata sconfitta, Iulia Timoshenko, che ha chiesto l’annullamento della vittoria di Viktor Ianukovich per presunte irregolarità. Nel ballottaggio del 7 febbraio, la Commissione ha ufficialmente accreditato al leader filorusso Ianukovich il 48,95% dei voti, contro il 45,47% della rivale.
Dopo due giorni la Corte ha espresso le proprie valutazioni che, malgrado l’ex pasionaria della rivoluzione arancione si sia presentata con otto faldoni di documenti su presunte irregolarità, respingono le istanze per ricalcolare i voti di numerosi seggi. Timoshenko aveva denunciato di avere le prove di brogli diffusi: «Yanukovich non è il nostro presidente. Qualsiasi cosa succeda in futuro non sarà mai il presidente legittimamente eletto dell’Ucraina» ha dichiarato. La tensione è salita alle stelle ma da Bruxelles non ci sono state reazioni, segno che l’auto-definitasi paladina dell’europismo di Kiev non è ritenuta credibile dall’Unione Europea. Il filo-russismo di ritorno della Timoshenko e i suoi interessi privati da “principessa del gas” non hanno deposto a suo favore.
Senza appoggi e senza armi legali da impugnare, la Timoshenko ha dovuto mollare. Dapprima si è sciolta la coalizione parlamentare che ha sostenuto il suo governo: la coalizione che comprendeva il blocco di Iulia Timoshenko, il blocco Nostra Ucraina e il partito di Luivtin. Il Parlamento ucraino così ” ha cessato di esistere”, come dichiarato il presidente del parlamento Vladimir Latvin, per quattro giorni. Il voto di sfiducia di ieri ha ratificato la fine del governo Timoshenko. Ora entro trenta giorni deve essere formata una nuova coalizione, altrimenti il presidente ha il diritto di sciogliere il parlamento e di convocare nuove elezioni. Per la formazione del nuovo governo, invece, sono previste altri 60 giorni.
Durante questa fase di transizione la Timoshenko ha lasciato le redini del governo al suo vice Oleksandr Turchkov per prendersi “un periodo di ferie”, come reso noto l’agenzia Interfax. Il governo della Timoshenko e’ stato sfiduciato dalla Rada, il Parlamento, con 243 voti a favore. Il quorum richiesto per l’approvazione era di 226 voti. Prima del voto la premier aveva annunciato che se fosse passata la mozione si sarebbe subito dimessa, passando all’opposizione.
In sostanza, il terremoto che ha colpito il Governo Timoshenko all’indomani delle elezioni presidenziali che l’hanno vista sconfitta, è un regolamento di conti all’interno della sua maggioranza parlamentare che, dopo la sconfitta, ha voluto estrometterla. In parte ciò si spiega con l’insuccesso elettorale, ma senz’altro la sua coalizione ha voluto scrollarsi di dosso un leader scomodo, troppo legato a interessi lobbistici, in radicale crisi di consensi. La rivoluzione arancione è andata in pezzi, come si è visto dal risultato elettorale presidenziale, e chi rompe paga. I cocci sono tutti della bella Julia.